Afghanistan e dollaro
Il recente ritiro della coalizione occidentale dall’Afghanistan, voluto dalle ultime Amministrazioni americane e i successivi fatti all’insediamento dei Talebani, ha posto diversi quesiti ed interrogativi. Ricorderei la modalità con cui è stato orchestrato sia sulle modalità organizzative e temporali, sia sul’opportunità etica. E’ apparso come una sorta di tradimento dell’occidente ad una popolazione che, almeno nei perimetri delle principali città, avevano iniziato ad affacciarsi ad una vita “altra” rispetto a quella precedente.
Altra questione se questa occupazione o liberazione – a seconda dei punti di vista – abbia avuto un senso. Inoltre dalle notizie che sono state diffuse, sono state abbandonati armamenti e mezzi militari, dichiarati inservibili e non sembra sia proprio così . Sono stati inoltre ritrovati grandi quantità di dollari, accumulati nei depositi che erano destinati a – non meglio identificati – fini di risarcimenti o mezzo di ricerca di consenso e forse anche corruzione.
Che valore hanno quei dollari?
Questi dollari massicciamente presenti e abbandonati rendono al mondo l’impressione di come il tentativo di esportare i valori della democrazia ed imporlo con la moneta frusciante restituisca agli stessi un valore nullo, se non quello della carta in cui sono stampati. Gli USA sono la nazione che garantiva la pace al mondo e il benessere economico agli stati che ne condividevano i loro valori, rappresentati e veicolati proprio dal dollaro come simbolo di libertà. Denaro riconosciuto da tutti, anzi in alcuni paesi veniva scambiato nei mercati paralleli, per non dire cambio in nero anche ad un valore piuttosto superiore del cambio ufficiale, in particolare proprio in quelle nazioni dove la libertà non esisteva, ad esempio nei paesi del blocco comunista o anche nella stessa Cina di qualche anno fa. Ad oggi il dollaro come simbolo dei valori e i diritti che portava con sé non è più efficace. Questo perché in nome di altri interessi, riassunti in “America first”, l’ Amministrazione e il sistema Americano ha ripudiato proprio quei valori, per il quale è ovunque accettato scambiato. Come i fatti hanno dimostrato è diventato simbolo del tradimento perpetrato verso una popolazione che è stata lasciata sola di fronte ad un esercito di fondamentalisti e terroristi che l’amministrazione americana ha elevato allo status di “argine” al terrorismo stesso, i cui risultati però non si vedono. Venti anni di occupazione hanno solo timidamente tentato di costruire una stato moderno, ma ne sarebbero stati necessari altrettanti per consentire un reale cambiamento da una rappresentazione fondamentalista talebana, in una moderna, aspettando il ricambio della seconda generazione, ovvero dei figli degli attuali ventenni, nati in concomitanza della occupazione occidentale che hanno vissuto – almeno nelle principali città – un inizio di modernità e avrebbero quindi trasmesso la rappresentazione di una modernità vissuta ai loro figli consolidandone gli effetti. Modernità ispirata da quei valori come la libertà, l’uguaglianza, la democrazia ed il benessere che gli americani hanno esportato proprio con la forza simbolica del dollaro e la garanzia di pace data del più forte esercito del mondo, al quale anche l’Europa ha dato una delega quasi in bianco. I valori residui e il senso rappresentativo del dollaro nel mondo la libertà a “stelle strisce” di quel “wind of change” che sfondò il muro di Berlino, si fermano a Kabul.
Cui prodest?
I processi di rappresentazione e significazione sono diventati la emanazione della cultura prevalente che si è determinata con la globalizzazione, ma anche dei giochi di potere abbastanza conclamati e oramai espliciti. In altri termini se il dollaro “moneta fiat” – stampata dal nulla, come un qualsiasi foglio di carta filigrana colorato – non significa più il valore della libertà e della democrazia, perché le persone del mondo dovrebbero accettarlo? Per sottomettersi a quale logica? Probabilmente – immagino – alla logica di chi ne detiene il conio che – ricordo – non è il governo americano e il suo popolo. Quando la moneta non salvaguarda più i valori e la opportunità, di carattere pratico, ovvero la funzione di facilitatore degli scambi e delle relazioni tra gli individui a livello anche internazionale, ma solamente uno strumento ingannevole in forme ben dissimulate per corrompere comprare silenzi, risarcire danni collaterali di cittadini uccisi che assistono ad un ritorno della banalità del male, attraverso la diffusione delle ingiustizie sociali e dell’accumulo di ricchezza di una esigua minoranza della popolazione mondiale.
Rappresentazione della realtà: moneta fiat
La comunicazione diventa un sistema per canalizzare l’attenzione dei cittadini, distogliendoli da ciò che dovrebbe veramente interessarli cioè la loro pacifica e fruttuosa convivenza e suscitare decisioni politiche responsabili e conseguenti. E’ da questo filo che si svela, come in una simulazione ipocrita, dove sia la custodia del segreto del reale funzionamento dello strumento di rappresentazione della ricchezza e dei suoi commutatori cartacei o digitali, ovvero la moneta, che creata dal nulla, imbriglia e imbroglia milioni di individui che vengono manipolati e obbligati a restare sotto il giogo di chi attraverso artifizi e finzioni sia comunicativi che contabili decide il futuro degli Stati e dei suoi inconsapevoli cittadini, rendendoli al pari di schiavi della emissione della “moneta fiat” sottoponendoli a tassi da usura che, in questo momento si sono calmati per via del covid, ma non tarderanno a riproporsi. La vicenda dell’Afghanistan è la cartina al tornasole di come in questa società si sia sottomessa a questa logica non è un problema lasciare un popolo in balia di assassini o delinquenti, cioè alla “banalità di quel male” di cui si erano fatti nemici ai tempi della seconda guerra mondiale, ora, per una sorta di contrappasso, ne sono diventati complici e la leggerezza con cui sono stati abbandonati metri cubi di dollari, è la stessa noncuranza con cui vengono considerati da quella elite i cittadini del mondo, assimilati a quella moneta che stampano, cioè nulla. L’importante è che nessuno lo sappia e tutti proseguano a crederci. La scarsità della moneta a disposizione dei cittadini ne determina il loro controllo attraverso gli interessi imposti agli Stati e orientano le politiche con rappresentazioni di crisi per far digerire qualsiasi decisione, riduzione dei diritti e controllo in nome di una società sicura: la securidade che assume contorni sempre più panottici. Terrorismo, crac finanziari ed altri eventi, suscitano incertezza instabilità ed insicurezza ed è proprio dalla insicurezza della choc economy che gli individui mettono in atto difese di omeostasi per adattarsi alle condizioni date, accettando, alla ricerca di nuovi equilibri, condizioni vitali dei diritti, sempre più a ribasso senza che nessuno se ne accorga.
L’Afghanistan degli altri
Diventa pertanto naturale, che non si debba avere un lavoro stabile che le pensioni siano valutate sui contributi versati, benché le prospettive dei giovani che si immettono nel mondo del lavoro, siano sempre più precarie e discontinue per garantire una vera e reale pensione dignitosa: lo impongono i mercati. Per affermare i diritti dei cittadini, sanità e previdenza, invece, la moneta non esiste, non si stampa. Se è il sistema bancario a tremare viene rifinanziato senza problemi con un clic di computer, così come non è un problema trovare i soldi per la giusta transizione ecologica che economicamente, però favorirà solo le corporation prescelte che fanno riferimento a questa élite che non si cura dei reali bisogni dei cittadini, ma dei margini di profitti che ne deriveranno. Del resto la grande forza del potere sta nel far sembrare naturale le decisioni che servono a mantenere lo status quo, non si creano problemi di usare il pettegolezzo e il discredito per stigmatizzare chi non si adegua al pensiero unico o rappresenta una minaccia. L’Alternativa è quindi svelare queste dinamiche e meccanismi, bisogna essere particolarmente attenti a questi apparenti sfilacci da tirare come fece Arianna e ci accorgeremo che sono intrecciati a doppio filo con trame e ordito che condizionano, orientano e costruiscono il tessuto sociale. Solo una politica rivolta all’individuo, ai più deboli e alle necessità dei cittadini può invertire, ma è rimasto solo il Papa a dirlo. Se i nostri politici hanno curriculum con su riportate carriere provenienti da grandi istituzioni finanziari mondiali, manager di grossi gruppi industriali o anche peggio vengono lautamente finanziati come consulenti o conferenzieri da questi grandi soggetti economici, industriali, think thank internazionali o direttamente da Stati esteri, sorge – legittimamente – il dubbio che non agiranno per conto dei cittadini e nel rispetto delle prerogative costituzionali. A noi resta la responsabilità di cogliere questi sfilacci per ricostruire a ritroso le narrazioni e le rappresentazioni a cui siamo assoggettati che inevitabilmente andranno a ricostruire, riprogettare anche le nostre realtà future e cercare di cambiarne le direzioni e i destini esercitando il nostro diritto di voto e di pressione.
di Marco Ricciotti