Cibo ed etica

Mangiamo per come vogliamo apparire

Fino a qualche tempo fa il cibo era semplicemente ciò di cui ci si nutre, oggi il cibo è un’ideologia, un modo di essere, una religione. Prima eravamo ciò che mangiavamo, adesso siamo diventati quello che non mangiamo. Dalla dieta del gruppo sanguigno, ai fanatici del crudo, dai cultori della paleo-dieta, ai seguaci del veganesimo, passando attraverso i vegetariani e i fruttariani. Seguire questa o quella dieta, in un mondo in cui il problema non è più la fame ma l’opulenza, è per taluni anche un modo di essere “trendy” e, per essere tali, spesso si rischia di sviluppare patologie. Attualmente è il momento del mangiar sano e soprattutto del mangiare “eticamente corretto”, un mangiare però che diventa una vera e propria ossessione e soprattutto un terreno di scontri, di contrasti, di conflitti e di tante eresie pseudoscientifiche a supporto di questa o quella teoria alimentare, oltre che di atteggiamenti di disprezzo verso chi non abbraccia la stessa fede. Un’attenzione abnorme alle regole alimentari e allo stile di vita che le rappresentano, tanto da rendere necessaria l’invenzione di un apposito termine: “ortoressia”.

Non ancora una patologia ma…

Queste smisurate attenzioni nei confronti del cibo, come tutti gli estremismi, pur non potendo essere definite patologie, visto che non sono ancora inserite nel DSM V (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali), all’interno del quale troviamo sia la bulimia che l’anoressia quali disturbi alimentari, possono essere però considerate alla stessa stregua e quindi rientrare  nei disturbi alimentari che nascondono motivazioni psicologiche più profonde. C’è una connessione tra alimentazione ed emotività, il cibo cioè è condito da diversi aspetti psicologici. Può servire a riempire un vuoto affettivo, un vuoto colmato attraverso la percezione di appartenere ad un gruppo, o può avere una valenza repressiva nei confronti di cose spiacevoli, così che tapparsi la bocca verso determinati alimenti potrebbe essere un tapparsi la bocca verso cose indicibili o addirittura avere una valenza liberatoria, laddove lo spazio circostante sia vissuto come troppo conformista e pieno di obblighi. L’ortoressico può esserlo a vari livelli, da quello blando, passeggero a quello più ossessivo e maniacale. Le motivazioni possono andare dalla eccessiva attenzione delle calorie alla scelta di consumare solo determinati cibi e determinati alimenti ritenuti corretti rispetto ad altri che invece generano sensi di colpa e devianza dal proprio credo. Ci sono infatti tutta una serie di motivazioni che riguardano principalmente cause di ordine etico ed è proprio su queste cause che poggiano le basi le nuove “correnti alimentari” di cui fanno parte i vegani, i crudisti e i fruttariani.

La nazi-alimentazione

Va posta particolare attenzione sul fatto che, non è patologico decidere di mangiare sano o di abbandonare l’onnivorismo come scelta personale ma, quello che talvolta rende questa decisione tale, è il modo di dichiararlo e di renderla e presentarla come una scelta superiore a tutte le altre. Le persone amano appartenere e sentirsi speciali, essere una tessera associativa di un gruppo di persone per cui sentono un senso di appartenenza, dei gruppi che inconsciamente vengono percepiti come migliori o più adatti rispetto ad altri, con cui condividere idee, convinzioni e conoscenze.

Gruppi come quello dei vegani, dei fruttariani, crudisti  ecc., rappresentano non solo un modo di appartenenza con cui condividere scelte alimentari ma arrivano anche a rappresentare una filosofia di vita e possono fondersi con il concetto di sé: la propria morale, il modo di percepire le altre specie, il pianeta. Le scelte alimentari cioè influenzano le visioni di vita più ampie. Contrariamente all’anoressia e alla bulimia in cui il problema è rappresentato dalla quantità del cibo, legata alla propria immagine e ai sensi di colpa, l’ortoressia è legata al tipo di cibo e alla qualità, alla ricerca di una tipicità che diventa una vera e propria ossessione e che il più delle volte si accompagna a comportamenti di esaltazione. Sempre più spesso si assiste a diatribe su cosa sia più salutare per l’uomo e quanto poco rispetto, l’uomo moderno, abbia per la specie animale e (nel caso dei fruttariani) anche per quella vegetale, specie che nella maggior parte di queste correnti alimentari risultano essere alla stessa stregua degli umani. A tal proposito, forse, vale la pena chiedersi come è possibile considerarsi tanto amorevoli e rispettosi nei confronti degli animali o della vita delle piante, se per prima cosa non si ama la propria specie e si condannano così aspramente le scelte diverse dalle proprie. E’ a questo punto che, quella che potrebbe essere solo una scelta personale, lascia il posto all’esaltazione, non più semplicemente una dieta o un modo di alimentarsi ma un cammino spirituale, quasi una religione per non parlare di setta. Tra le prime necessità quella di difendere a spada tratta la propria scelta di vita presentandola come l’unica in grado di collocare nella parte del giusto e, spesso, per giustificare e supportare il proprio convincimento si fa riscorso a ricerche scientifiche che, in realtà, di scientifico non hanno nessun fondamento. Come per esempio quando fanno il loro ingresso teorie che vantano ricerche di cui raramente compare “ad opera di chi” o “su quale pubblicazione scientifica” è possibile effettuare un approfondimento, sui benefici che una determinata dieta, povera di alcuni principi finora ritenuti basilari per il benessere fisico come ad esempio proteine o alcune vitamine,  riescono a generare. Dove non arrivano le “ricerche” arriva il sempre più frequente ricorso a pubblicazioni – nei blog o nei social – di immagini che avrebbero lo scopo di “far riflettere l’onnivoro sui cadaveri che porta sulla sua tavola”. Un modo di relazionarsi quindi che diventa fanatismo evidenziando un complesso di superiorità. Un autoconvincimento di aver effettuato una libera scelta di vita, una scelta che non può essere condivisa con chi non ha le stesse abitudini, dando origine spesso ad un isolamento sociale oltre che affettivo. E’ un circolo vizioso in cui questo fanatismo alimentare porta a disprezzare chi non ha fatto la stessa scelta fino addirittura a riconoscerlo scarsamente intelligente e poco degno di considerazione precludendosi quel benessere che invece deriva dallo scambio e dalla condivisione delle differenze tipiche delle relazioni sociali.

Sono davvero superiori?

Queste regole alimentari, seguite con tanta scrupolosità, si fondano il più delle volte su una conoscenza molto superficiale delle nozioni basilari della nutrizione, che mai ha affermato l’utilità di privarsi delle proteine animali. Queste – al dire dei nutrizionisti -più che mai sono necessarie al nostro organismo per ben sviluppare i muscoli i tessuti e il sistema immunitario, specie in tenera età dove le proteine animali rivestono un ruolo fondamentale per lo sviluppo motorio e celebrale (gli alimenti di origine animale infatti hanno un profilo aminoacidico migliore perché hanno tutti gli aminoacidi essenziali in buone quantità) tant’è che diverse ricerche raccomandano, qualora si decidesse di attuare un svezzamento secondo canoni vegani, di integrare tale dieta nel bambino con dei rinforzi vitaminici.

In realtà

Si sfiora poi addirittura il paradosso quando si parla di benessere fisico riconoscendo alcuni disturbi fisici, tipici di una errata alimentazione, come il raggiungimento di un traguardo di benessere. Girovagando su alcuni blog specifici è possibile incontrare chi afferma, per esempio, che la mancanza di mestruazioni è da interpretare alla giusta conseguenza della disintossicazione del corpo, poiché il ciclo mestruale è la spiacevole reazione dell’organismo della donna al carico di tossine, eliminate le quali, non c’è più bisogno della pulizia mensile attraverso fastidiose perdite di sangue. O ancora, parlando questa volta di “dubbi etici” chi si chiede se, durante un rapporto sessuale, l’ingestione di prodotti maschili sia da considerarsi come l’ingestione di proteine animali e quindi se non sia il caso di eliminare dalle proprie preferenze anche “determinati” rapporti o addirittura partner onnivori. Insomma chi abbraccia questi stili di vita non sempre è mosso solo dalla volontà di mangiare sano: in realtà la dieta onnivora consente di coprire i fabbisogni nutrizionali con alimenti che fanno parte della tradizione mediterranea e se equilibrata in nutrienti e rispetto del bilancio energetico non provoca carenze nutrizionali. Le altre diete alimentari invece richiedono una cultura specifica e molta attenzione, non sono semplici da seguire ed è per questo che spesso si riscontrano problemi di malnutrizione con conseguenze a carico di molti organi. La giustificazione di voler essere vegani, vegetariani o seguire un determinato stile di vita dettato da una dieta è spesso, in realtà, la copertura di disturbi alimentari e psicologici più importanti che andrebbero analizzati ed esclusi dalle motivazioni della scelta affinché non ci si trasformi in una persona poco socievole, facilmente irritabile la cui autostima è in stretta relazione con il rispetto ferreo delle proprie regole e convinzioni alimentari. Una dieta vegana, vegetariana o fruttariana quindi non è sempre sinonimo di alimentazione o scelta corretta rispetto ad altre, così come non lo è in alcuni casi la dieta onnivora, la dieta corretta è quella che ognuno sceglie liberamente per se, senza che questa faccia diventare integralisti e razzisti nei confronti di chi pratica scelte diverse dalle nostre. Nel mare magnum delle scelte alimentari, argomento e profilo psicologico a parte è poi la convinzione che determinati regimi alimentari e diete siano risolutivi nella guarigione di alcune malattie come la dieta alcalina per la guarigione del cancro o la miscela acqua limone e bicarbonato sempre per i benefici contro il cancro. Anche in questi casi, pur non essendo collocabile pienamente nella definizione di ortoressia, siamo di fronte ad un atteggiamento di estremismo con cui vengono diffuse  informazioni alimentari fuorvianti e totalmente prive di scientificità come un sapere superiore e se è vero che ognuno è libero di esprimere il proprio parere, i propri dubbi e le proprie convinzioni è altrettanto vero che spacciare per veritiere correlazioni senza alcun costrutto scientifico non solo è pericoloso per chi, preso dalla disperazione può crederci, ma è una vera e propria truffa. Nessuna dieta o regime alimentare è in grado di curare malattie quali il cancro o il tumore, così come più volte scientificamente provato, e seguire una dieta piuttosto che una terapia prevede una sola conseguenza.

di Maria Teresa Lofari

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