La trappola della “deterrenza armata”

A qualcuno venne da sorridere quando, dieci anni fa, Papa Francesco parlò per la prima volta di Terza Guerra Mondiale “a pezzi”. Detta da un Pontefice, poi, poteva sembrare una dichiarazione azzardata, quasi ingenua. Negli ultimi mesi, tuttavia, lo scenario del Nord Europa è cambiato parecchio e la parola “guerra” ha smesso di avere quel connotato così astratto e distante come (per fortuna) lo è ancora nel “nostro” tranquillo versante occidentale Ci sono seri venti di guerra nel Vecchio Continente e c’era da aspettarselo. L’adesione al Patto Atlantico di Finlandia (aprile 2023) e Svezia (marzo 2024) ha rappresentato una svolta epocale per gli equilibri internazionali e, soprattutto, per le sorti dell’intera area del Mar Baltico, le cui coste sono passate quasi totalmente sotto il controllo della Nato. Su quello che i romani chiamavano il Mare Sarmaticum, oggi si fronteggiano le due grandi potenze militari, in una nuova e “restaurata” Guerra Fredda che, in realtà, non è mai terminata. In seguito all’invasione russa dell’Ucraina si è dunque affermato il binomio (di novecentesca memoria) “più insicurezza – più armi”. Lo scorso febbraio Ursula von der Leyen, al Parlamento Europeo, aveva parlato apertamente di un «mondo pericoloso» e di come sia «un’illusione pensare che la pace sia permanente». La risposta del mondo occidentale a questo rischio di escalation sul suolo europeo è stata infatti una corsa al riarmo, con conseguenti spese militari record per diversi Paesi UE e un giro d’affari miliardario per i principali protagonisti dell’industria bellica, esercitazioni militari lungo i confini della Russia (da ambo le parti), reclutamenti di massa, soprattutto in Polonia. Il tutto mentre la diplomazia internazionale sta toccando inesorabilmente il fondo. “Sicurezza globale” a rischio A distanza di oltre due anni dallo scoppio del conflitto russo-ucraino, anche all’interno dell’opinione pubblica occidentale si è cominciato a sollevare qualche dubbio circa le scelte e le politiche fin qui adottate dai Paesi aderenti alla Nato. Numerosi sono infatti gli istituti di ricerca, nonché studiosi, opinionisti e giornalisti, a porsi in maniera più critica in merito all’evoluzione e alla (non) gestione dei conflitti che stanno insanguinando l’Ucraina e la Palestina. Appare sempre più evidente, infatti, che…

di Mattia Picchi

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