Società in numeri
Sanità
Un divario in crescita. Lo scorso 28 novembre l’Agenzia del ministero della Salute (Agenas) ha pubblicato i dati, aggiornati al 2023, del “modello di valutazione multidimensionale della performance manageriale riguardo le aziende sanitarie pubbliche, ospedaliere e territoriali”, effettuato su un campione di 110 aziende territoriali e 51 aziende ospedaliere. Ne è inevitabilmente emerso il grande divario tra un nord all’avanguardia e un sud sempre più privo di risorse. Nella valutazione complessiva, 27 sarebbero le strutture “promosse”, 53 sono quelle che raggiungono gli standard minimi mentre ammontano a 30 quelle “bocciate”. Il quadro si fa più chiaro a livello macro-regionale: nella top-five stilata da Agenas, infatti, tre aziende sono venete, una è lombarda, la quinta emiliana. Nella classifica delle asl territoriali, tra le peggiori figurano Napoli, Crotone, Matera, Enna e Vibo Valentia. Tra le 5 migliori aziende ospedaliere e universitarie spiccano le due strutture romane del Policlinico di Tor Vergata e dell’ospedale Sant’Andrea. Il trend che rende gli abitanti del Meridione “clienti” delle aziende del nord è già una realtà da diversi anni: «Gli ospedali delle regioni settentrionali ospitano 12.401 pazienti oncologici provenienti dal Mezzogiorno, il 15 percento dalla Campania e il 41 percento dalla Calabria. Nel 2022 la mobilità sanitaria ha interessato 629.000 pazienti (…)» ha commentato sul Manifesto Enrica Muraglie. Sono questi, forse, i primi segnali di una definitiva spaccatura, oppure il sistema sanitario pubblico continuerà a resistere?
Società
Opinione pubblica “errante”. Continua l’ormai decennale ricerca condotta dall’istituto francese Ipsos “I Pericoli della Percezione, 2024”, rapporto che offre una preziosa panoramica delle percezioni errate dell’opinione pubblica e del loro impatto sulla società, dalla sovrastima delle preoccupazioni al ruolo dei social media e delle fonti d’informazione. Interessanti i dati riguardanti l’Italia. Un esempio su tutti, la percezione del flusso migratorio, come riporta l’Ipsos: «Gli italiani tendono anche a sovrastimare la percentuale di immigrati presenti nella popolazione (…). In media, pensano che il 21% della popolazione sia composta da immigrati, mentre la cifra reale è intorno all’11%». Altra percezione sbandierata dalle destre di mezza Europa è la presunta invasione “musulmana”; riprendendo il rapporto: «In Francia e in Belgio, gli intervistati pensano che il 28% della popolazione sia musulmana, mentre la realtà è di circa l’8%. Anche in Italia la percezione media è che il 19% della popolazione sia musulmana, mentre la cifra reale è molto più bassa, circa il 5%». Curioso il dato emerso sul ruolo dei social e dei tradizionali mezzi di comunicazione in Italia; interrogati sull’origine di queste percezioni sbagliate, è emerso che: «il 34% ritiene che i social media ingannino le persone, mentre il 33% crede che siano i media tradizionali a fuorviare e una percentuale più alta, pari al 38%, crede invece che siano i politici i principali responsabili. Ma il 43% sostiene che le persone hanno una visione distorta del mondo». Una ricerca sempre preziosa quella condotta dall’Ipsos, che mette a nudo gravi pregiudizi sociali, nonché il ruolo ormai distorto dei media. Una società solo apparentemente informata, ma sempre più disorientata.
Unione Europea
Cosa pensano gli europei? La rivista francese di geopolitica Il Grand Continent ha pubblicato una ricerca realizzata da Cluster17, “Cosa pensano gli europei?”, interrogando i cittadini di Belgio, Francia, Germania, Italia e Spagna su temi politici di attualità. I risultati del sondaggio restituiscono l’immagine di un’Europa fratturata dove, come si legge sulla stessa rivista: «lo sguardo dei cittadini europei sull’Unione europea è ancora molto influenzato dall’interpretazione bipolare dell’opinione pubblica, riproducendo sempre implicitamente la grande domanda esistenziale: essere o non essere europei, rimanere nell’Unione o lasciarla?». Per quanto riguarda quest’ultimo quesito, gli Stati più “europeisti” risultano essere la Germania (l’84% dei tedeschi interpellati vuole rimanere nell’Unione) e la Spagna (80%). L’Italia si colloca al terzo posto insieme al Belgio (73%) ma con una significativa quota di cittadini che vuole invece separarsi dall’Ue (23%). Al quesito se tale appartenenza all’Unione rafforzi o meno il proprio paese, si ripropone grosso modo la stessa tendenza, con il 58% degli italiani favorevoli e un buon 25% convinto dell’indebolimento del Paese nello scacchiere internazionale. Un “euroscetticismo” intramontabile ma meno incisivo se rivolto al futuro. Se la soddisfazione sulle politiche europee, attualmente, è ai minimi storici in tutti e cinque i Paesi, in media più del 60% dei cittadini comunitari (il dato italiano è pari al 64%) si è detto: “favorevole all’Unione, ma vorrebbe vedere grandi cambiamenti nel suo funzionamento”. L’ostilità anti europea e il desiderio di uscire dall’Ue si è espressa con percentuali significative solo in Francia (18%) e Italia (16%).
A cura della Redazione