Difendersi dalle truffe
Conoscenze indispensabili
Da quelle tradizionali a quelle on-line
Alcuni semplici consigli per difenderci.
Lo scorso anno, prima che l’emergenza sanitaria imponesse una rimodulazione delle nostre vite, la Caritas Romana, nell’ambito del progetto Quartieri Solidali, aveva organizzato nelle parrocchie e nei centri sociali per anziani una serie di incontri dal titolo: “Truffe, istruzioni contro l’uso!”. Non certo lezioni in stile accademico, ma piuttosto incontri formativi e dibattiti sul tema, partendo dalla consapevolezza di quanto sia difficile ammettere di essere stati truffati, vivendo poi un imbarazzo che porta difficilmente le vittime a sporgere denuncia. L’obiettivo, non certo secondario, era soprattutto quello di fornire alcune indicazioni e strumenti per cercare di difendersi da questa odiosa pratica che colpisce, soprattutto ma non solo, persone in età avanzata. Lo studio teorico, affinato poi con i risultati emersi durante gli incontri, ha permesso di concentrare l’attenzione su tre aspetti, le cosiddette “tre F”: firma, fretta e fiducia. Vediamo perché.
1) La firma
La firma è, in termini tecnici e giuridici, la sottoscrizione del nostro nome e cognome in corsivo che apponiamo su un documento; con la firma assumiamo la paternità del documento stesso, manifestiamo la nostra volontà ed esprimiamo il nostro consenso o dissenso. In poche parole, la firma è il nostro punto di contatto con la società, è il modo con cui ci identifichiamo e ci rapportiamo con le istituzioni. Troppo spesso sottovalutiamo questo aspetto. Quante volte, soprattutto negli anni ’90, siamo stati invitati ad avvicinarci a un banchetto per apporre la nostra firma contro la droga? O contro le armi nucleari o per la pace del mondo? Per carità, senza voler minimizzare l’ispirazione e inclinazione filantropica di nessuno, ma ci siamo mai chiesti a cosa servissero veramente e dove andassero a finire quelle firme? Credo di no. Allo stesso modo e con la stessa leggerezza, una “semplice” firma per un sondaggio di gradimento diventa poi un contratto con un nuovo gestore telefonico, un semplice scarabocchio per partecipare a un’estrazione a premi ci fa ritrovare sommersi di servizi, inutili quanto costosi, che in realtà non avremmo voluto mai acquistare. Una volta fatto il danno, difficile e complicato riassorbirne gli effetti: succede solo nelle favole che con un bacio della principessa il ranocchio torni ad essere principe e tutti felice e contenti. In realtà i malcapitati si imbattono nei meandri della burocrazia spesso matrigna, riuscendo a fatica (e neanche sempre) a far valere i propri diritti, intaccati da quella che ritenevamo…una semplice firma.
2) La fretta
Appurata quindi la sacralità della nostra firma, c’è poi un secondo aspetto: quello della fretta. Potremmo dire che la fretta sta alla truffa come il piede di porco sta al furto. Per non lasciarci il tempo e la serenità di riflettere, il truffatore deve metterci ansia e fretta. Vi è un pericolo imminente che non permette di tergiversare, un’occasione limitata nel tempo e qualcuno potrebbe approfittarne al posto nostro: in poche parole non c’è tempo da perdere. Se queste situazioni di affanno vengono collegate a esigenze dei nostri cari, il cortocircuito è quasi inevitabile. Le querele presentate alle forze dell’ordine sono piene di racconti di genitori o nonni che hanno elargito somme a finti avvocati o assicuratori per venire incontro e aiutare figli finiti nei guai o per pagare debiti dei propri congiunti, in realtà mai contratti. La cosa che più desta sorpresa, è che le vittime siano spesso convinte di aver parlato al telefono con i loro cari, di aver avuto da loro ampie rassicurazioni e per questo di essersi fidati. In realtà è lo stato di ansia che si genera che non permette neanche di riconoscere le voci dei propri cari. Entriamo così nel terzo aspetto, quello della fiducia.
3) La fiducia
I proverbi sono la saggezza dei popoli, il sillabario della vita. Quante volte abbiamo sentito questa frase? Tra i più famosi e inossidabili c’è questo: fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. Questo perché, nel nostro contesto di analisi, proprio una fasulla predisposizione alla fiducia potrebbe essere la chiave che apre tutte le porte, non solo in senso figurato al truffatore. Non è infrequente che il truffatore prenda di mira la vittima fingendosi un suo conoscente: l’imbarazzo nell’ammettere di non ricordarsi della persona o di fare una brutta figura se questa si finge conoscente di un nostro familiare, oppure l’educazione nel non voler rifiutare un aiuto, sia solo per portare la spesa a casa, generano poi conseguenze nefaste. Va sicuramente ridimensionata, almeno nei numeri, la modalità di azione della pillola messa nel caffè che fa addormentare la vittima per poi derubarla di ogni cosa. Tale modus operandi, raramente utilizzato seppur consolidato nell’immaginario collettivo, ci fa capire però quanta vergogna provano le vittime a confessare di essersi fidate così ciecamente dei loro aguzzini. Per carità, ogni vittima vive un’esperienza più o meno dolorosa, indifferentemente dal danno patito, e per questo che l’aiuto e la comprensione sono elementi che mai devono venir meno. Al contrario però, è spesso la supponenza di essere immuni a tale problematica che ci fa cadere in errore. Di fronte a dati che destano allarme, non bisogna di certo abbassare la guardia: minacce e pericoli tendono a divenire sempre più subdole e irriconoscibili.
Le nuove frontiere della truffa
L’avvento di internet, dei social network e in generale dell’era digitale, hanno incrementato a dismisura le occasioni di pericolo. Termini come phishing (dall’inglese pescare), con le sue varianti di spear phishing, clone phishing, vishing e whaling, sono entrati ormai nel gergo comune. In questo caso si tratta di attività illegali su internet che sfruttano le tecniche di cosiddetta ingegneria sociale: un invio massiccio di messaggi che copiano, in tutto e per tutto, messaggi di mittenti fornitori di servizi (di solito banche), manipolando link o costruendo siti finti ma simili a quelli ufficiali, chiedendo al destinatario di fornire dati sensibili (password, numero di carte di pagamento e codici di accesso). Una volta acquisiti questi dati, per gli hacker non sarà difficile svuotare conti o effettuare spese con carte di credito altrui. Una recente ricerca, ha dimostrato che meno del 18% del campione selezionato è stato in grado di riconoscere un messaggio genuino da un altro potenzialmente pericoloso. Per dimostrare quanto sia diffusa questa pratica, basti pensare che si è passati dai 173.063 casi di attacchi unici nel 2005, ai 475.369 del 2019, con un incremento che supera il 35%. Altra tecnica è quella del Cryptolocker: attraverso l’installazione fraudolente di un file nel nostro computer, i nostri dati vengono criptati e quindi diventano irricevibili. Per ottenere la chiave per decriptare i file, viene chiesto un vero e proprio riscatto che spesso le grandi aziende, di fronte all’ingente danno di aver perso file indispensabili per procedere nella loro attività, tendono a pagare.
Un campo di azione sicuramente molto variegato, un ventaglio davvero fantasioso di tecniche di raggiro: truffe on line camuffate da offerte di lavoro, lotterie con premi da sogno, appuntamenti su siti di incontri, raccolta fondi di beneficienza, acquisto di bitcoin.
La creatività dei truffatori riesce a mettere a dura prova le nostre difese, soprattutto se persiste una scarsa consapevolezza e percezione del pericolo. Recentemente si è diffusa un’altra pratica alquanto bizzarra: la tattica consiste nel creare sui social profili falsi di personaggi famosi dello spettacolo, carpendo i dati personali degli ignari fan, allettati dalla promessa di una vincita oppure di partecipare a degli eventi con loro o di scaricare in anteprima l’ultimo capolavoro. Chi non lo farebbe per il proprio beniamino? Si chiama in gergo “celebrity giveaway scam”, uno degli effetti, stavolta perversi, della giungla della rete e dei social in particolare, una forma di sostituzione e furto di identità.
Da non dimenticare
La truffa, almeno nella sua forma semplice, è un reato punibile a querela da parte di tutte le persone che ne hanno ricevuto un danno. Non serve avere un avvocato né bisogna sostenere alcuna spesa. Denunciare e parlare con qualcuno, può essere utile per identificare i responsabili di questo odioso reato. Nascondere la propria esperienza negativa, per paura di essere giudicati, è sicuramente la cosa meno indicata da fare. La consapevolezza dell’importanza dei nostri dati sensibili, l’attenzione massima nell’affrontare ogni cosa magari confrontandosi con gli altri meno emotivamente coinvolti e per questo più lucidi, sono indubbiamente strumenti semplici ma efficaci di contrasto alle truffe.
di Danilo Ilari