La meravigliosa figura intellettuale di Bauman ha lasciato un’eredità di scritti e testimonianze che costituiscono un grande patrimonio di pensiero e di lungimirante sguardo verso il mondo e il futuro dell'uomo. Tante possono essere le persone che tengono acceso il lumicino della Ragione e indicano il ‘sentiero’. Peccato, però, che non le si sappiano ascoltare e non si voglia intraprendere quel sentiero. Ma chi ce lo fa fare quando esistono comode ferrovie con treni superveloci, aerei supersonici, smartphone e reti che, perennemente, e in tempo reale tengono connessi tutti con tutti o tutti con nessuno?
Basterebbe percorrere questo sentiero per un certo tratto, pochi metri, ogni giorno, senza grande sforzo e, al ritorno, tutto sembrerebbe diverso. L’uomo di oggi pare si sia dimenticato della felicità. Alla sua costruzione, ricerca, speranza è stato sostituito il desiderio. E il desiderio del desiderio: un castello di carta che, generando iperconsumo di massa, ha dissolto legami, relazioni, forme del fare e del convivere.
L'ultima lezione del sociologo polacco indica e la felicità come apertura all'altro. “La felicità è risolvere problemi, non anestetizzarsi”. Come sopravvivere dunque alla ‘liquidità’ che caratterizza i tempi di oggi, i ritmi, le relazioni, anche le più vitali? C'è un modo per superare quella tendenza ipermoderna alla rarefazione di ogni legame, struttura, senso del luogo, della comunità e del coappartenere che Bauman ha denominato ‘modernità liquida’? Per il grande sociologo si deve prendere atto della situazione in cui si vive, rendersi conto, in altri termini, che si vive in una società liquida che per essere capita richiede, nuovi strumenti e antichi fini.
“Possiamo immaginare la modernità - dice Bauman in uno dei suoi tanti libri intervista - come una spada con la sua lama affilata che preme continuamente sulle realtà esistenti”. Ma il guaio è che la politica e in gran parte l’intellighenzia europee e globali (rifacendoci a una delle tante riflessioni che Umberto Eco fece sul pensiero del sociologo), non tutti hanno ancora compreso la portata del fenomeno e chi dovrebbe guidarci dall'altra parte del fiume se ne sta fermo in attesa della corrente.
Eco definisce questa situazione come il terreno di coltura dell' "Ur- Fascismo", Bauman come una condizione di doppio legame, ossia una situazione di incoerenza emotiva e incongruenza di decisioni: “i governi che si presumono ancora sovrani del loro territorio soffrono in realtà di un doppio legame, con alcuni poteri globali e con i loro elettori, locali, e ritenuti anch’essi sovrani. Nessuna meraviglia che siano ondivaghi e precari nelle decisioni. Avidamente ma invano, cercano di avere il piede in due scarpe, ma le richieste dei due campi non si conciliano. Al massimo possono essere ascoltate e, a intermittenza, realizzate. Tuttavia, quasi mai soddisfacendo fino in fondo una delle due parti, per non parlare di entrambi contemporaneamente”.
Riguardo alla mappa e al territorio in cui si vive oggi, sembra che si stiano percorrendo mappe che non corrispondono più al territorio che, d'altronde, è un territorio mobile. Usiamo scarpe pesanti dove servirebbe correre e, nel fango, ci muoviamo come su una spiaggia di Capalbio. “Una società - scriveva Bauman - può essere definita "liquido-moderna" se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo”.
Il problema è che, in questa modernità rarefatta, si assiste a una dissoluzione, ma anche a una progressiva involuzione e chiusura dei rapporti e dei legami, fragili eppure cruenti che strutturano le nostre società.
“Una società può essere definita "liquido-moderna" se le situazioni in cui agiscono gli uomini si modificano prima che i loro modi di agire riescano a consolidarsi in abitudini e procedure. La vita liquida, come la società liquida, non è in grado di conservare la propria forma o di tenersi in rotta a lungo”
Gli stati-nazione indipendenti sono ormai incapaci di affrontare i problemi derivanti dall’interdipendenza globale. Con la globalizzazione del potere che lascia indietro la politica locale, spiegava Bauman, “gli strumenti disponibili di azioni collettive efficaci non corrispondono alla misura dei problemi generati dalla nostra condizione globalizzata (...), stiamo già in una situazione cosmopolita ma ci manca drammaticamente una consapevolezza cosmopolitica. Abbiamo fallito nella capacità di costruire con serietà istituzioni destinate a gettare le fondamenta di tale consapevolezza”.
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