Nelle guerre in Medio Oriente, in Afganistan, come nelle ricorrenti fasi del conflitto israelo-palestinese, succede che vengano colpiti, oltre ad obiettivi civili, anche ospedali ed altre strutture umanitarie, sia per errore – con la giustificazione del “fuoco amico”- sia deliberatamente, nella supposizione che siano centrali attrezzate per la guerriglia. In ambedue i casi vengono violate le Convenzioni umanitarie internazionali, quella fondamentale di Ginevra e gli altri numerosi Trattati sui crimini di guerra. Lo denuncia la Croce Rossa Italiana in questa intervista esclusiva di Marco Valerio Verni, ufficiale del Corpo Militare della Cri, avvocato di diritto penale civile, militare e internazionale umanitario. delegato a questi rapporti dal proprio Ordine professionale. “Il caso più drammatico – rileva Verni – è quello dell’ospedale di Kunduz, in Afganistan, distrutto nel corso di un raid aereo americano. Rimasero uccise più di 20 persone tra il personale sanitario e civili e purtroppo anche i bambini. L’episodio ha suscitato sdegno e orrore al punto che lo stesse presidente Barack Obama ha voluto una Commissione d’inchiesta, attivata dal Pentagono”.
Avvocato Verni, come è possibile che si bombardi un ospedale, in violazione delle Convenzioni internazionali?
R. - Siamo in presenza di un “crimine di guerra”. Le Convenzioni di Ginevra e altri Trattati di diritto internazionale umanitario, senza chiedersi se il conflitto sia giusto o giustificato, pongono dei “limiti” per tutte le parti in causa. Uno di questi, il più delicato e importante, è il divieto di bombardare ospedali. L’articolo 18 recita: Gli ospedali civili organizzati per prestare cure ai feriti, ai malati, agli infermi e alle puerpere non potranno, in nessuna circostanza, essere fatti segno ad attacchi; essi saranno, in qualsiasi tempo, rispettati e protetti dalle Parti belligeranti”.
A Kunduz non è avvenuto. E’ solo un caso?
R.- In una precedente fase del conflitto israelo-palestinese sono stati effettuati intensi bombardamenti da parte di Israele sulla scuola “Abu Hussein” delle Nazioni Unite (poco fuori della città di Gaza), sull’ospedale al-Aqsa a Deir el-Balah e sull’unica centrale elettrica di Gaza. Di contro, gli Israeliani accusarono Hamas di nascondere lanciamissili proprio presso moschee, ospedali e campi da gioco di bambini nella Striscia di Gaza, diffondendo, a sostegno delle proprie accuse, foto aeree di determinati siti.
Quindi, il divieto di colpire gli ospedali è relativo? Ma con quali eccezioni?
R.-Eccezioni sono previste dall’articolo 19 della Convenzione, secondo cui la protezione dovuta agli ospedali civili, potrà cessare soltanto qualora ne fosse fatto uso per commettere, all’infuori dei doveri umanitari, atti dannosi al nemico. Non è raro, infatti che un bene civile, quali una scuola, o un ospedale per l’appunto, vengano usati per il ricovero di armi, per nascondere truppe, o usati come vero e proprio “punto di fuoco”. Così finiscono per essere considerati obiettivi militari a tutti gli effetti e, conseguentemente, bombardati.
C’è di più?
R.- Le norme vanno oltre. Si sostiene che se in un ospedale sono curati militari feriti o malati, o che vi siano armi portatili e munizioni ritirate a questi stessi militari e non ancora consegnate al servizio competente, l’attacco non può considerarsi “fatto dannoso”.
Come stabilirlo?
R.- Occorre un’intensa e approfondita attività di intelligence per documentare che l’attacco è fondato e non è “indiscriminato”. Ma può succedere che durante il conflitto lo scenario cambi rapidamente e quello che rappresentava un obiettivo militare lecito non lo rappresenti più. E viceversa.
E’ accaduto?
R.-In Kosovo il 21 maggio 1999 un aereo NATO contro una caserma uccise 7 persone e ne ferì 25, malgrado la caserma non fosse più in mano all’esercito jugoslavo da alcuni giorni. Un ospedale, ripeto, può all’improvviso essere usato per nascondere truppe o per posizionare contraeree.
L’ospedale come può dunque garantirsi?
R.- La Convenzione stabilisce che “Gli Stati partecipanti ad un conflitto dovranno rilasciare a tutti gli ospedali civili un documento che attesti il loro carattere di ospedale civile e precisi che gli edifici da essi occupati non sono utilizzati a scopi che potessero privarli della protezione” Sono previste apposite segnalazioni, visibili al nemico”.
Quali possibili le conseguenze dalla mancata osservanza delle regole?
R:- La responsabilità internazionale è addossata agli Stati per tutti gli atti commessi dagli appartenenti alle proprie Forze armate. Non c’e obbligo di riparazione, bensì di indennizzo, secondo la prassi di regolare i danni di guerra in base all’esito del conflitto. Solo in anni recenti si sono verificati casi di risarcimento. Così per l’invasione e l’occupazione del Kuwait da parte dell’Iraq e per la guerra Eritrea-Etiopia.
Nessuna responsabilità personale?
R.-I membri delle forze armate che abbiano compiuto violazioni non sono esentati dal rispondere personalmente, davanti ai tribunali del proprio Paese o a quelli dello Stato che li ha in detenzione. La normativa di Ginevra ha rafforzato ed esteso questo principio, obbligando gli Stati di ricercare, perseguire o estradare le persone accusate di avere commesso, o dato ordine di commettere le violazioni denominate “infrazioni gravi”, nominativamente elencate dalle Convenzioni e dai Protocolli secondo il criterio della giurisdizione penale universale. La commissione d’inchiesta istituita dovrà valutare questi aspetti.
E’ garantista la Commissione?
R.-Deve in ogni caso essere “terza”: Onu o Croce Rossa. Non già affidata, come vuole il Presidente Usa, al solo Ministero della Difesa americano. Sono morti dei civili ed è stato distrutto un ospedale: se ci sono stati errori è giusto che il colpevole (a qualunque parte appartenga) sia individuato e punito».
Gabriella Sassone
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