Il loro nome istituzionale è Vigili del fuoco, ma per tutti sono i pompieri: sondaggi alla mano, sono i più amati dagli italiani.
In situazione difficile come un’alluvione, la ricerca di persone, incendi, calamità o per il banale gatto sul tetto che non vuole scendere, sia giorno o notte, sia Natale, Pasqua o Ferragosto, si richiedono soccorsi e interventi, ed arrivano loro i Vigili del fuoco, con il pesante mezzo rosso, con lampeggianti e sirene in azione, sempre pronti a mettere a rischio la loro vita per gli altri.
La loro notevole sicurezza e freddezza nell’agire, la complicità d’intesa tra colleghi, fa sì che niente e nessuna avversità rallenti la loro missione; pur non sapendo cosa può capitare. Salvare vite è il lavoro quotidiano, apprezzati non solo per la loro efficienza, ma anche per come si prendono cura di chi è in difficoltà, spesso oltrepassano ciò che dovere e ragione imporrebbero.
La storia dei Vigili del Fuoco è una storia antica, perché antichi sono l’uomo ed il fuoco, antiche sono le calamità naturali, antico, di conseguenza, è il bisogno di difesa contro la minaccia degli elementi avversi.
Il senso della protezione è nato con l’uomo ed è stata questa necessità una delle prime manifestazioni della società umana, sin dalle origini della sua primordiale organizzazione.
Tacito negli “Annalis” riporta che l‘istituzione delle prime milizie organizzate per lo spegnimento degli incendi risale al 289 prima della nascita di Cristo.
L’imperatore Augusto istituì un vero e proprio corpo, composto di 600 schiavi, preposti alla vigilanza notturna e all’estinzione degli incendi, sotto il comando di un “Prefectus Vigilum”, con criteri organizzativi e funzionali di notevole interesse tecnico. Con la caduta dell’Impero il servizio dei Vigilum seguì le sorti di Roma, degradandosi nel tempo fino a scomparire definitivamente.
La situazione in materia di servizio antincendio, anche dopo l’unità d’Italia, era disastrosa i dispositivi di prevenzione incendi erano rudimentali e la difesa contro il fuoco, su gran parte del territorio nazionale, era completamente disorganizzata. I pochi Corpi pompieristici locali, a carattere volontario, erano organizzati con concezioni e ordinamenti antiquati e tutto il complesso antincendio italiano era insufficiente. Solo le grandi città come Roma, Torino, Milano e Napoli, potevano rispondere alle esigenze di un’efficace difesa antincendio.
È con il Regio Decreto del 27 febbraio 1939 che, il Corpo dei pompieri assume la denominazione di Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco. La vecchia parola “pompieri”, troppo simile a quella usata dagli odiati francesi, è abolita.
Vengono edificate tra il 1940 ed il 1941 le Scuole Centrali Antincendi, struttura destinata a formare il personale del nascente Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, nella convinzione che proprio la formazione fosse il primo aspetto da curare con attenzione, per garantire la realizzazione di un’organizzazione finalmente uniforme e moderna, al passo con lo sviluppo del Paese.
Da allora, e per decenni, le Scuole Centrali Antincendi hanno formato intere generazioni di Vigili del Fuoco neo assunti che, prima di prima di essere inviati presso i Comandi Provinciali, svolgono un corso di formazione professionale della durata di 1 anno.
Durante questo periodo di formazione i futuri Vigili del fuoco, oltre alle nozioni teoriche di base di fisica e chimica, imparano a conoscere e ad utilizzare correttamente attrezzature e dispositivi di protezione individuale, effettuano esercitazioni pratiche e simulazioni di interventi, combinando l’utilizzo di mezzi ed attrezzature per imparare ad operare in sicurezza.
Alla cerimonia di giuramento degli allievi Vigili del Fuoco che, con grande impegno e determinazione hanno superato il corso di formazione, l’emozione e l’entusiasmo di chi ha rincorso quel sogno divenuto realtà è contagioso. Un sogno di bambino realizzato prima con la scelta del servizio militare nei Vigili del Fuoco e poi coltivato con i richiami in servizio da discontinuo, nella speranza di una stabilizzazione che spesso tarda ad arrivare.
Il video messaggio, divenuto testamento, per i tragici eventi che hanno coinvolto Marco Triches, il vigile del fuoco trentottenne, morto con altri due colleghi nell’esplosione di una cascina disabitata a Quargnento in provincia di Alessandria, spiega meglio di qualsiasi discorso di circostanza quanto è viva la passione dei nostri Vigili del Fuoco. Il filmato, registrato per gli allievi della Scuola di Formazione Operativa dei Vigili del Fuoco di Montelibretti, è stato reso pubblico dagli stessi Vigili del Fuoco che hanno così voluto onorare la memoria del collega scomparso, mentre adempiva il suo dovere.
Marco racconta quel sogno di bambino, il desiderio di diventare vigile del fuoco, di aiutare la gente in difficoltà, di indossare la divisa con orgoglio e di ottenere quel distintivo: “Non mi sento un eroe, mi sento una persona che spera di avere l’opportunità di salvare altra gente” – Marco era consapevole dei grandi rischi della sua professione, tanto che il suo messaggio termina con una frase che sembra una dedica a chi è rimasto –“Se un giorno non dovessi più tornare, racconta a tutti del mio amore esagerato per questa divisa. Racconta a tutti che ero riuscito a diventare ciò che sognavo da bambino. Racconta di quanto ero felice ad avere fratelli al posto di semplici colleghi. Racconta a tutti che ero e sarò per sempre… semplicemente… un Vigile del Fuoco”.
Tanti i Vigili del Fuoco che hanno pagato con la loro vita il loro impegno “altruista”, soprattutto in una società che non riesce a pagarli il giusto, hanno salutato i propri cari, mogli e figli, per andare in “servizio” e non sono più tornati. Un Vigile del fuoco, infatti, non va a lavoro, va in servizio a disposizione dei cittadini: guai ad augurare loro “buon lavoro”.
“All’interno della squadra preposta alla partenza si condividono spesso emozioni e gioie, ansia e rabbia, tutto come in una famiglia. Spesso nell’attesa, si discute del più e del meno, dallo sport alla politica, a volte con discussioni accese, ma quando suona il campanello e si sale sul mezzo di soccorso hai già dimenticato tutto, c’è la squadra: l’uno per l’altro” – dice un caposquadra anziano. Annuiscono i più giovani e non solo in segno di rispetto per il “capofamiglia”.
Sono “vigili” di tutto ciò che può mettere a rischio la sicurezza della collettività. Sono i nostri Angeli con gli stivali: vi auguriamo buon servizio.
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