Attualmente le PSC (Private Security Company), così come le PMC (Private Military Company), sono in maggioranza Americane, Russe, Inglesi, Tedesche, Francesi, Sudafricane e Israeliane. Agenzie che incassano parcelle milionarie per proteggere obiettivi marittimi e terrestri, con i propri security contractors.
In Italia, ad oggi, non esistono agenzie di questo tipo, perché non c’è una legge ad hoc che in qualche modo le autorizza e nonostante non vi sia alcun espresso divieto, i pochi professionisti italiani, in grado di costituire una PMS’C Contractor, hanno preferito farlo in nazioni dove esistono delle vere e proprie regolamentazioni. Questo, per l’Italia è un grande limite, rispetto a tutti gli altri Paesi che tra loro ripartiscono il ricchissimo mercato dei security contractors. Un mercato che potrebbe offrire tantissimi posti di lavoro e garantire introiti non indifferenti, soprattutto in un quadro geopolitico come quello attuale, in cui il terrorismo internazionale sembra aumentare, mettendo a serio rischio le nostre imprese che operano all’estero.
È pacifico che a lasciare l’Italia fuori, da questo florido mercato mondiale, non è una incapacità imprenditoriale ma un vuoto normativo e nessuno investe in un’azienda senza la certezza che questa possa fare il lavoro per la quale è stata creata.
Considerando che personaggi senza scrupoli se non addirittura governi (non ultimo quello turco) forniscono mercenari al soldo di “signori della guerra”, le PSC “legali” forniscono perlopiù: servizi di protezione personale,-piantonamenti di siti privati, sicurezza marittima ed aerea, consulenza per le forze di Polizia. Cose ben diverse dal mercenariato. Inoltre, le Private Security Company (ma anche le PMC) attraverso società satellite o in joint venture, forniscono anche: trasporto aereo, vigili del fuoco medicina d’emergenza servizi di caserma, trasporti traduzioni ed interpreti, edilizia supporto tecnico per le riparazioni meccaniche, elettriche e termoidrauliche. È palese che, dal momento in cui anche in Italia ci fosse una legge tale da rendere fattibile l’implementazione di tali agenzie di sicurezza, ne scaturirebbero non pochi posti di lavoro oltre a corposi guadagni per i diversi settori dell’imprenditoria nazionale.
Il mercato della sicurezza arriva per primo ma poi si allarga alla ricostruzione, dando ai paesi in guerra o di giovane pacificazione, la possibilità concreta di ritornare, finalmente, alla normalità.
Senza alcun dubbio, alla base delle difficoltà nel creare PSC in Italia c’è non solo una mancanza di regolamentazione giuridica ma anche e soprattutto, una confusione socio-culturale. I security contractors non sono mercenari, non combattono, non ammazzano innocenti, non rovesciano paesi. I security contractors difendono strutture e persone, difendono il diritto alla sicurezza e di fare impresa che, in alcuni paesi del mondo, non riescono ad essere garantiti. Al massimo addestrano la polizia secondo standard occidentali e non secondo le regole disumane dell’ultimo signore della guerra.
Uno degli orientamenti del legislatore, invero, è quello di far accedere al mondo dei security contractors soltanto i militari in congedo, senza fare alcuna distinzione tra coloro che hanno svolto alcune attività (scorte, pattuglie), che potrebbero rientrare tra le centinaia di competenza di un security contractor e coloro che, nonostante missioni all’estero, si sono limitati a svolgere mansioni comuni (mensa, logistico). Senza considerare che un “civile”, correttamente formato da enti di formazione già esistenti in tutto il mondo, può ricevere eguale competenza nel settore dei contractors, rispetto ad un ex militare.
In molti pensano che i militari sono i più indicati per questo lavoro perché fedeli alla patria, per aver prestato giuramento. La debolezza di tale assunto la si rinviene nella pacifica circostanza che ogni cittadino italiano è, per il solo fatto di essere cittadino dell’Italia, fedele alla sua patria e pronto a difenderla cosi come prevede la Costituzione.
Oltre ai militari, pertanto, all’interno di queste compagnie, potrebbe essere inserito anche personale non avente esperienze pregresse con le stellette ma con una buona formazione acquisita tramite corsi specifici. Per l’Italia, valutando quello che potrebbe essere il futuro ruolo delle PSC all’interno del mercato della sicurezza, si pone la necessità di venir fuori, e nel minor tempo possibile, da questo limbo socio-culturale-giuridico e di colmare il vuoto normativo.
Qualche piccolo passo, fortunatamente, è stato mosso al fine di poter allinearci a quelle tante nazioni che della sicurezza hanno fatto un business a 360 gradi. Tra il 2018 e il 2019 sono state presentate alla Camera dei Deputati, due proposte di legge, entrambe recanti “Disposizioni in materia dell’impiego delle guardie giurate all’estero”. Le proposte pongono in evidenza il fenomeno dell’ outsourcing e della privatizzazione della sicurezza utile a garantire la sicurezza dei dipendenti delle imprese sia pubbliche sia private, ONG comprese.
In seguito alle due proposte di legge, la n. 1925/18 e la 1869/19, il 7 Novembre 2019, vi è stato un confronto concettuale tra i componenti della I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati e due nomi noti nel panorama della sicurezza nazionale ed internazionale: Maria Cristina Urbano (presidente dell’ASSIV, Associazione Italiana vigilanza Privata e Servizi Fiduciari) e Gianpiero Spinelli (CEO di STAM Strategic &Partners Group Ltd). Entrambi, durante l’audizione informale, hanno avuto modo di esprimere il loro parere in merito al dettato normativo previsto dalle due proposte di legge. Durante le audizioni non si sono avuti pareri univoci, Gianpiero Spinelli, ad esempio, in un suo scritto ha esposto le criticità del testo ed i motivi per cui le PSC italiane non sarebbero pronte per andare all’estero. “Non esistono PSC Italiane! ” – afferma Spinelli in una recente intervista - “In Italia, gli attuali Istituti di Vigilanza, sono realtà completamente differenti rispetto alle Private Security Company (PSC) appartenenti all’Outsourcing della Sicurezza Internazionale”. In buona sostanza i nostri istituti di Vigilanza privata, così come strutturati, non sarebbero preparati per svolgere servizi di sicurezza in paesi e scenari non permissivi, dove i pericoli sono costanti e le crisi puntuali. Mancano le regole e le strutture aderenti alle operazioni e incarichi richiesti, sia per le risorse umane, sia per la logistica e le strutture di tipo finanziario. Molti sono sprovvisti della giusta capacità imprenditoriale internazionale, essenziale per poter operare in luoghi complessi, in tempi compressi, imposti da proiezioni all’interno di scenari di conflitto o appena pacificati.
Siamo indietro riguardo a strutture anglo-americane e non solo, che si sono evolute a livelli così alti da poter, in molti casi, sostituire forze governative non predisposte. “In merito alla proposta di legge - continua Gianpiero Spinelli - le criticità sono molteplici e sicuramente la più importante è legata al fatto che i politici, qualora volessero creare un disegno di legge stabile tale da rendere competitive e interessanti le future PSC italiane, dovrebbero iniziare a pensare di affidarsi unicamente a specialisti del settore e all’esperienza dei contractors. Nel caso contrario, il rischio di ritrovarsi davanti ad un altro aborto a livello normativo, come quello delle guardie giurate che operano nei servizi di sicurezza marittima contro la pirateria di tipo invasivo, non è da escludersi.”
A sottolineare le criticità del testo, l’Avv. Michael Amoruso, in una sua nota, fa presente che “Entrambi i testi normativi sono in distonia con la regolamentazione internazionale in materia, non potendo conseguentemente, consentire alle grandi aziende italiane e non, di avvalersi di società di sicurezza private italiane per tutti servizi di cui esse necessitano all’estero, segnatamente in paesi ad alto rischio antropico”.
Considerato l’attuale panorama geopolitico, è facile dedurre che il mercato globale della sicurezza andrà continuamente crescendo e valutando anche che il 60% delle imprese italiana è delocalizzato all’estero, prevalentemente nelle aree geografiche ad alto rischio e pertanto, obbligate a servirsi di operatori e consulenti della sicurezza, sarebbe auspicabile avere una buona legge che permetta la costituzione della “Private Security Company Italiane”.
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