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Del seguente articolo:

Aprile - Giugno/2020 -
Speciale Covid 19 - a cura di Leandro Abeille
Disaster managers in prima linea

Intervista ad Antonio Malagutti

L’emergenza CoViD 19, rispetto alle rassicurazioni politiche, non ci ha trovato pronti. Non esisteva alcun piano nazionale per le epidemie, il sistema sanitario non era pronto, molti amministratori locali sono rimasti spiazzati da norme e problemi piovuti dal cielo e si sono dovuti rimboccare le maniche.
Tanta responsabilità è ricaduta, su una figura per niente conosciuta, i disaster manager. Abbiamo intervistato un disaster manager lombardo, la regione che più di tutte ha sopportato il peso dell’emergenza: Antonio Malagutti è un disaster manager dal 2004, è il responsabile del Servizio Tecnico Comune di Cavriana e del Servizio Associato Intercomunale di Protezione Civile Colli Morenici che coordina: 9 paesi tra le province di Brescia e Mantova (Cavriana, Guidizzolo, Castiglione delle Stiviere, Ceresara, Medole, Solferino, Ponti sul Mincio, Volta Mantovana e Monzambano) con un’utenza complessiva di 57562 abitanti. Pochi gli infettati Covid, circa 500, forse anche per merito suo.

Il giorno in cui a Codogno è stato individuato il paziente 1 a Codogno, avevate un piano d’emergenza per affrontare un’epidemia?

Nei nostri piani di emergenza non sono inseriti “scenari per epidemia” e pertanto non eravamo formati per questo evento.

Quali sono stati i primi, immediati, problemi che avete dovuto affrontare?

Il primo problema affrontato è stato in una riunione dei sindaci facenti parte del servizio, in data 8 Marzo quando i primi casi iniziavano ad essere segnalati. La prima decisione è stata di istituire un COI (Centro Operativo Intercomunale) anziché nove COC (Centro Operativo Comunale), questo per snellire e portare tutte le decisioni in un unico centro decisionale. La prima decisione del COI è stata l’acquisto di mascherine e l’approvvigionamento di guanti e gel.

Avevate sufficienti DPI?

Per poter affrontare tutte le esigenze ci servivano circa 60.000 mascherine. Impresa molto ardua poiché di forniture immediate non c’era neanche l’ombra. La “task force” dei Sindaci, attraverso il COI, ha fatto in maniera che, nell’arco di qualche giorno, migliaia di mascherine (di sola protezione personale) potessero essere già distribuite. Tutto questo, grazie alla collaborazione di calzifici della zona che, riconvertendosi, hanno potuto confezionarle in pochi giorni.

Cosa ha fatto il vostro servizio di protezione civile per i cittadini dei nove comuni?

Come servizio intercomunale ci si è organizzati, da subito, con un call-center per informazioni generali e per fornire, tutti i recapiti telefonici di ogni comune come: i servizi sociali, farmacie, negozi per spese a domicilio e della croce rossa. Successivamente si è proceduto con l’organizzazione di trasporto persone, materiale e farmaci per le case di riposo, assistenza alla popolazione per mantenimento distanze presso farmacie e poste, consegna mascherine alla cittadinanza, raccolta beni di prima necessità provenienti da donazioni, trasporto personale sanitario, ricerca alloggi per personale medico e infermieri, controlli giornalieri sul territorio.
Da non tralasciare l’organizzazione giornaliera di coordinamento di circa 70 volontari e fra i sindaci dei nove comuni.

I volontari di protezione civile erano preparati dal punto di vista della formazione e della logistica ad affrontare un’epidemia?

I nostri gruppi di volontariato sono specializzati in soccorso idrogeologico, logistica e per prime emergenze sul territorio, per temporali e forti nubifragi. Pertanto tali emergenze erano state viste solo nei film.
In prima battuta diversi volontari (giustamente) non se la sono sentita di dare il loro contributo, visto il propagarsi del virus in maniera molto forte. Poi, nei giorni successivi, si è iniziato a far fronte a questa novità con le diverse necessità che venivano dai comuni e dalle richieste dei cittadini.
Si è dovuto da subito fare una divisione nel “chi fa che cosa”, questo fra i volontari di protezione civile e la parte sanitaria come le croce rossa, poiché iniziavano i primi accavallamenti nella foga dell’emergenza.
Stabilite queste prime regole, anche con i sindaci, si è iniziata la vera fase di operatività dei volontari e ad ora, è gestita senza ansie, con la coscienza che ogni volontario efficacemente esegue le corrette procedure e mansioni. Ad esempio, il rispetto delle regole igieniche è stato legge da subito dove ogni squadra che smontava provvedeva all’igienizzazione degli automezzi e per le consegne l’obbligo era di consegnare sul posto (davanti al civico) senza che nessuno entrasse in nessuna abitazione o toccasse altre persone.

Quel gruppo di volontariato di livello nazionale era presente e cosa ha fatto?

Abbiamo avuto una grande collaborazione con la Croce Ross Italiana, la quale faceva parte del COI, soprattutto per la parte di assistenza verso le persone più deboli e segregate in casa. Il supporto avuto per le persone affette da contagio e in quarantena è stato veramente importante.

Cosa avrebbe dovuto fare la Regione che non ha fatto?

Non abbiamo avuto rapporti diretti con la Regione ma con l’ANCI Regionale, la quale, ha fatto da tramite anche con l’Ente Provinciale per la logistica e consegna di mascherine e DPI.
Alcuni consiglieri regionali, rappresentanti del territorio, sono stati presenti fin da subito per le nostre richieste. Sicuramente non si è potuto esaudirle tutte quante poiché l’evento è stato veramente devastante e in continua evoluzione.

Cosa avrebbe dovuto fare il governo regionale che non ha fatto?

Sicuramente istituire in tutta la Regione la zona rossa e chiudendo la Lombardia, senza se e senza ma. Il governo regionale ci aveva già allertato per questo evenienza, subito dopo l’evento nella zona di Codogno. In data 8 Marzo eravamo già tutti pronti per chiudere ma poi invece delle zone rosse sono arrivate, istituite dal Governo nazionale, quelle “arancioni” e oggi ne vediamo i “lenti” risultati in termini di calo dei contagiati.

Come avete protetto le RSA?

Le nostre RSA sono tutte in gestione autonoma e hanno avuto anche loro tantissimi problemi. Le RSA non sono degli ospedali ma case di cura, questa è la differenza: sia i medici, sia il resto del personale si è trovato totalmente impreparato e senza strumenti per poter affrontare in maniera adeguata l’emergenza. Il nostro supporto è stato nel metterci a disposizione per quanto a loro fosse stato necessario, soprattutto con la logistica di trasporto farmaci, personale e mascherine. Purtroppo, nonostante i nostri sforzi, ci sono comunque stati casi di infezione nelle RSA di competenza in provincia di Mantova.

Cosa vi diceva la gente?

“Mi raccomando state attenti, copritevi” e molti “grazie di esserci”.

La cosa che ricorda con maggior tenerezza?

Venti meravigliose donne tra cui, tante nonne, che si sono messe a disposizione per cucire 4.000 mascherine.

In considerazione della Fase 2, se dovesse malauguratamente accadere, sareste pronti per una seconda ondata?

Pronti è una parola ambiziosa, ma sicuramente non ci troveranno impreparati al 100%. Da questa prima avventura ho potuto constatare che le previsioni e i calcoli portati ogni giorno dai media e dagli esperti valgono veramente poco.
Bisogna trovare la cura, niente altro.
Per il resto, contenere il virus obbligando le persone a restare a casa è una delle poche cose che ho visto dare risultati. Non nascondo che ci sarà tanto da fare nella post- emergenza che coinvolgerà la parte psico-sociale, soprattutto per i diversi problemi che saranno riscontrati in molte persone.
L’epidemia non è un terremoto o un allagamento che sono visibili, anche in termini di risultati del soccorso, il virus viaggia tra le persone, subdolo ed invisibile, ti fa ammalare e, come Protezione Civile, non sai come affrontarlo.

Chi vorrebbe ringraziare per il lavoro svolto?

In primis i “sindaci in prima linea” che ho avuto. Hanno e stanno passando tuttora, giorni massacranti spesi ad interpretare leggi e ordinanze che nella maggior parte dei casi “subiscono”, per poi confrontarsi con i cittadini su tutte le mille problematiche. A loro và tutta la mia stima.
E poi non posso dimenticare tutti i volontari di protezione civile con cui ho collaborato in questi giorni.

A questi coraggiosi Sindaci e volontari si associa anche il ringraziamento di “Dossier Sicurezza”.


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