Gli incidenti fra le mura domestiche sono la prima causa di incidentalità per gli italiani, il numero complessivo è da brivido: oltre 4 milioni ll’anno, contro il milione di incidenti sul lavoro e i 300 mila che si registrano sulle strade. Nelle case è una strage continua: 18 mila morti all’anno.
“Quello che colpisce nella ricerca che abbiamo fatto sugli incidenti domestici, è proprio la mancanza di micro-responsabilità - ha detto il segretario generale del Censis, Giuseppe De Rita, presentando lo studio realizzato dall’Istituto che dirige - e la sfera comportamentale è infatti uno dei campi di intervento per migliorare gli standard qualitativi della sicurezza. Gli altri due fattori di rischio, oltre al comportamento, sono la qualità delle strutture in cui si vive e si lavora e la qualità degli apparecchi del vivere quotidiano, dalle automobili ai piccoli elettrodomestici, dai giocattoli dei bambini agli utensili utilizzati in casa ogni giorno da casalinghe e studenti".
I risultati della ricerca del Censis, condotta su un campione di 1.000 soggetti in età attiva (18-65 anni) e integrata da alcune interviste di approfondimento, dipingono un quadro desolante. Colpisce prima di tutto la dimensione del fenomeno: le statistiche ufficiali fino a ieri note affermano che ogni anno il 7,6% degli italiani (comprendendo anche bambini e anziani) incorre in incidenti domestici. Ma i dati del Censis offrono ben altri numeri: senza considerare bambini e anziani, la percentuale dei cittadini coinvolti è addirittura del 27,8%, con punte superiori al 30% fra le casalinghe, in particolare nelle regioni del Centrosud, dove il disagio sociale ed economico delle famiglie è più accentuato.
La ricerca, denominata "II valore della sicurezza in Italia. Primo rapporto annuale", è stata realizzata dal Censis in collaborazione con il Consiglio nazionale dei periti industriali e dei periti industriali laureati. L’appuntamento sarà ripetuto ogni anno.
Lo studio dell’Istituto delinea anche la geografia dei luoghi domestici più pericolosi: al primo posto c’è la cucina ed è qui che nel comune sentire c’è la maggiore paura di farsi male armeggiando con coltelli, pentole ed elettrodomestici; gli italiani considerano a rischio anche il soggiorno e le altre camere, mentre sono sottovalutati, stranamente, i pericoli del bagno.
Secondo Maria Pia Camusi, responsabile del settore lavoro e rappresentanza del Censis e coordinatrice della ricerca, gli infortuni domestici dipendono essenzialmente da tre fattori: dalla qualità del sistema abitativo, particolarmente precaria e pericolosa nel Centrosud, dalle caratteristiche dei prodotti che entrano in casa (e dei quali spesso non si conosce il corretto uso), dai comportamenti individuali. E proprio su quest’ultimo punto il Censis ha stilato la classifica delle abitudini rischiose più diffuse: al primo posto fra i comportamenti a rischio ci sono le pentole lasciate accese sul fuoco (12,2%), i rubinetti aperti (11,9%), l’utilizzo di apparecchi elettrici con le mani o i piedi bagnati (11,2%), la tendenza a spegnere gli elettrodomestici tirando il filo dalla presa (10,9%), il gas lasciato aperto. Insomma, piccole dimenticanze che possono avere conseguenze drammatiche, spesso mortali.
La categoria più colpita dagli incidenti domestici è quella delle casalinghe, ma anche i giovani, in particolare gli studenti e i disoccupati, si rendono spesso protagonisti di comportamenti a rischio per se stessi e per gli altri. 1 ricercatori del Censis hanno evidenziato come solamente il 30% circa degli italiani abbia comportamenti ‘pro-attivi’ per la sicurezza, in parte perché previdenti (18%) e i restanti ‘sicuri fai-da-te’, cioè sulla base di scelte empiriche. Fra le categorie censite ci sono anche i ‘sicuri per caso’, protagonisti di abitudini molto rischiose, tanto che “noi stessi ci stupiamo che riescano a sopravvivere, sono fortemente baciati dalla fortuna in rapporto a quello che combinano”, ha osservato la Camusi. Poi c’è l’esercito degli irrecuperabili: rappresentano quasi il 20% degli italiani. “Speriamo che il nostro studio serva come stimolo alle autorità per avviare campagne informative e iniziative per migliorare la qualità della sicurezza e che quindi il prossimo anno il numero degli irrecuperabili possa scendere”, ha detto Mariano Magnabosco, il Presidente del Cnpi, il Consiglio nazionale dei periti industriali.
Il Censis ha anche stilato una classifica dei maggiori fattori di rischio, in generale e non solo fra le mura domestiche, percepiti dagli italiani. Al primo posto, sulla scia ovviamente di quanto avvenuto negli ultimi anni dopo gli attacchi alle Torri gemelle di New York dell’11 settembre del 2001, c’è il terrorismo, seguito al secondo posto dalla mancata applicazione delle norme di prevenzione sulla salute e sulla sicurezza; il terzo fattore di rischio percepito è l’irresponsabilità dei singoli (voce su cui pesa molto la paura per esempio di come guidano la macchina gli altri), poi in ordine ci sono l’assenza di organismi preposti alla sicurezza in generale, l’inefficienza dei servizi di controllo, l’imponderabilità degli eventi naturali (alluvioni in particolare), l’inefficienza dei servizi di prevenzione e la scarsità di risorse destinate agli interventi di manutenzione.
Entrando nel dettaglio, e passando dai fattori alle situazioni di rischio, al primo posto nell’immaginario e nelle paure degli italiani ci sono gli incidenti stradali, al secondo l’inquinamento atmosferico e dell’acqua, i disastri naturali, le fughe di gas, la manipolazione degli aumenti, il cattivo stato degli edifici (in particolare al Centro e al Sud), la difficoltà di smaltire i rifiuti e gli incidenti sul lavoro. Solo in fondo alla classifica troviamo la paura degli incidenti domestici: un dato che testimonia la scarsa coscienza e percezione della gravita del fenomeno. “Il 47% degli italiani", ha aggiunto la Camusi, “vive nella distrazione assoluta, la sicurezza in Italia non è ancora un valore sociale”.
Del resto, secondo i dati emersi dalla ricerca, il 46,1% degli italiani (43,9% degli uomini e 48,1% delle donne) negli ultimi tre mesi ha avuto almeno un comportamento a rischio in casa, in particolare per quanto riguarda studenti’e disoccupati (56,6%), pensionati (47,6%) e casalinghe (44%).
Come fare per porre fine o comunque ridimensionare la strage continua che si consuma fra le mura domestiche, nei luoghi di lavoro e sulle strade? A questa domanda hanno provato a rispondere ospiti che hanno partecipato alla presentazione dello studio. Su una cosa tutti i convenuti sono sembrati d’accordo: prima di tutto, serve l’informazione. Fra gli altri, è intervenuto il direttore generale dell’Inail Maurizio Castro che dopo aver sottolineato quanto il problema fosse innanzitutto culturale, “serve una politica di alleanze - ha detto - per mettere a confronto le esperienze di tutti gli operatori e gli enti che
a vario titolo e con varie competenze si occupano della questione della sicurezza. Per quanto riguarda il mondo del lavoro e delle aziende, non serve una politica repressiva e punitiva. Ma di certo bisogna intervenire, anche perché l’atteggiamento delle aziende nei confronti della sicurezza spesso è sciatto, molti imprenditori pensano che basta assicurare i lavoratori per risolvere i problemi. Non è un caso che oltre il 90% delle aziende, che magari sono in ritardo con
il pagamento di tasse e tributi, sono in regola con i contributi Inail: sanno che l’assicurazione va fatta. Ma poi manca la vera cultura
della sicurezza”.
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