A margine del convegno di presentazione del libro “Mode. modernità, architettura”. il Preside della ‘Ludovico Quaroni’, la Prima facoltà di architettura della ‘Sapienza’, ci parla del nuovo Ateneo delle “Scienze, Arti e Ambiente” e dell’importanza della ricerca interdisciplinare per lo studio del mondo contemporaneo, anche con quello di cultura islamica.
“La pubblicazione di questa ricerca realizzata dal nostro “Laboratorio di Teorie e Critica dell’Architettura Contemporanea”, mette in luce sia il rapporto tra la Facoltà e il mercato che quello fra il Ministero dei Beni Culturali e la cultura in se stessa. Un rapporto non istituzionale, ma di studio e approfondimento. La presentazione del nostro lavoro in questo museo Andersen, una tra le sedi più prestigiose dei Beni Culturali, ne è una dimostrazione. Sia noi come Facoltà, che i Beni Culturali stessi, assolviamo ai nostri rispettivi compiti istituzionali, legati a un processo su cui in questo momento tutti insieme stiamo operando. Facciamo cultura sul campo, ma siamo anche partner in una grande ricerca nazionale per la realizzazione del futuro museo dell’Architettura. Ed è proprio questa una novità in quanto i Beni Culturali si pongono come forte struttura organizzativa che opera sui temi della conservazione e della tutela del patrimonio culturale lasciando a noi operazioni culturali e di ricerca come questa relativa al libro che si sta presentando questa sera”.
Con queste parole il professor Lucio Barbera, Preside della ‘Ludovico Quaroni’ apre una chiacchierata sui progetti per il nuovo Ateneo di Scienze, Arti e Ambiente su cui da tempo si sta lavorando.
Quali sono le linee guida di questo progetto?
“Con il suo nuovo statuto, l’Università di Roma “La Sapienza” ha deciso di organizzarsi in Atenei federati o, in altre parole, di realizzare una Federazione di Atenei. Già con lo studio presentato oggi, siamo sulla nostra nuova struttura denominata “Ateneo delle Scienze, delle Arti e dell’Ambiente”. Una nuova istituzione formata non più da specializzazioni singole, bensì da un insieme di forze culturali diverse che operano all’interno di una stessa comunità scientifica. In essa convergono la nostra facoltà, le “Scienze umanistiche” (con nomi prestigiosi come quello del grande archeologo professor Paolo Matthiae, lo scopritore di Ebla), o con storici dell’arte come la professoressa Simonetta Lux, la facoltà delle “Scienze delle comunicazioni” con i professori Abruzzese, Morcellini e, ultima ma non l’ultima, una facoltà molto particolare e preziosa, quella degli “Studi orientali” che è presieduta da un grande sinologo, il professor Federico Masini”.
“E proprio in questo nuovo Ateneo fondato su un moderno progetto culturale – prosegue Barbera - e non è un caso che nella manifestazione di stasera siano rappresentate tutte queste facoltà – si lavora attorno allo studio della trasformazione della società, sulla sua espressione artistica, e anche la sua autoeducazione attraverso l’architettura, l’arte e gli strumenti della comunicazione ai quali la piccola facoltà di Scienze orientali dà un suo importante contributo”.
“Questo nuovo Ateneo sarà un elemento prezioso in quanto siamo convinti che la sua apertura non debba essere soltanto disciplinare o storica, ma anche geografica; con il progresso il mondo diviene sempre più piccolo e le culture, che emergono in luoghi diversi, tracimano e confluiscono in un unico vaso. In questo particolare momento l’estremo oriente, e l’Oriente in generale, non possono non essere al centro della nostra attenzione in merito alle sue tante aree geografiche dalle quali scaturisce un fiotto di cultura infinita, con la quale noi stessi dobbiamo confrontarci.
Ma cosa pensa di questa ostentata contrapposizione fra il
mondo occidentale e quello islamico?
Sul tema della ipotesi di questa contrapposizione sono convinto che tutte le civiltà siano equivalenti dal punto di vista qualitativo. C’è un insegnamento di Levi Strauss che, con i suoi studi ha dimostrato che la struttura qualitativa delle civiltà, qualunque sia la loro dimensione o i loro modi di vita, sono equivalenti: islamismo e cultura occidentale sono assolutamente grandissime culture e tra l’altro, in particolare, sono le culture che più si sono integrate, che più sono state in competizione l’una con l’altra, sin da quando sono nate. Pensiamo ad esempio agli arabi in Europa o agli europei nei paese arabi: questo confronto è sempre esistito. Ed è stato anche bellicoso. Penso, però, che farsi la guerra e comunque un modo di essere a contatto stretto, molto stretto, forse più stretto che essere in pace, ed è anche questo uno dei modi per assorbire cultura l’un l’altro. Nei due mondi non esistono solo momenti di tensione, ma vi sono anche momenti di grande integrazione, e l’Europa ne è piena. Io stesso ho lavorato per decenni nel mondo arabo e penso di conoscerlo abbastanza, anche se, ovviamente non alla perfezione. Ritengo che sia un mondo dal quale non sia possibile prescindere. e per qualità del sedimento storico di cui quei lontani popoli sono depositari, e per la comunanza della storia che ci ha accompagnato sino ad oggi: è inutile ricordare in continuazione le migrazioni arabe in Sicilia o in Spagna, oppure ricordare la sete di sapere dei viaggiatori europei, la loro curiosità o anche la conservazione della scienza antica portata dagli islamici. Credo invece che il vero confronto avvenga oggi tra i sistemi politici e il problema è appunto questo: quale sia il sistema politico da adottare e su questo tema, a mio giudizio, ciascun popolo ha il diritto dovere di fare la scelta che preferisce, e con grande chiarezza. E questa potestà è propria, sia all’interno del mondo occidentale che in quello islamico. Il problema è quindi politico, e non è culturale: la guerra di oggi non è una guerra di culture, ma è una guerra di potere”.
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