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Del seguente articolo:

Settembre-Ottobre/2004 -
Editoriale
Da fiaccola a fiaccola
Andrea Nemiz

Questo giornale cerca di porre quanto più possibile l’accento sui problemi della sicurezza del cittadino. Parlare in questa pagina dell’orrore nella scuola di Beslan in Ossezia, una cittadina di quella Cecenia che, dalla caduta del muro di Berlino cerca con tutti i mezzi la sua indipendenza dal regime sovietico, potrebbe apparire veramente lontano dai nostri assilli quotidiani. L’emozione per quel sangue incolpevole, ci ha però tutti commossi.
Solo qualche giorno dopo qualcosa si è visto, in un atroce e fugace video girato dai terroristi stessi, degli sguardi disperati dei piccoli ostaggi annientati, le braccia incrociate dietro la testa (un tragico riferimento di immagini con quelle delle SS è d’obbligo), sotto le armi puntate o con l’incubo delle bombe innescate dagli assassini. Che non erano certo indipendentisti. Di sicuro, però, uomini, donne, padri e madri infarciti di tritolo e di fanatismo politico-etnico-religioso che hanno forse pensato, nello sfiorire di tanti fanciulli, di innalzare un ideologico - e macabro - risarcimento a tante ingiustizie subite in tempi che vanno ben oltre la caduta del muro, sino a quelli degli zar.
Dell’orrore per quella strage - si era ai primi di settembre - al di là dell’immediata fiaccolata di rito organizzata sul Campidoglio, resta oggi solo un piccolo segno nelle nostre coscienze. Il dramma di tanti genitori che hanno perso i loro piccoli, ci ha toccati solo per poco attraverso paginoni di foto dei piccoli ostaggi nudi e assetati, di bimbi trucidati, di meste cronache. Poi nulla più.
Certo, il comune cittadino poco può fare, se non mostrare apertamente, ma solo a caldo, purtroppo, sgomento e indignazione. Il sangue di tanti innocenti - difficile pure contarli quei corpicini smembrati da bombe e mitragliatrici - si è magicamente sciolto dalle coscienze così velocemente come si sono dissolte le notizie di una strage scomoda per tutti.
Troppo poco il grande pubblico sa di quale portata siano oggi i giganteschi interessi economici che scuotono quella tanto lontana terra ai confini del Caucaso. Interessi miliardari, legati soprattutto al controllo del petrolio di cui quelle lande sono ricche, o a quello degli oleodotti che lo portano nella nostra grande, impassibile, famiglia tardo europea. Chi muove le masse di quel fanatismo demenziale culminato nella strage, non è davvero oggi un uomo che arde di sacro fuoco per la sua gente, bensì un cinico e spietato affarista, Basayew Shamil, che persegue interessi che vanno ben oltre quello dell’indipendenza del paese.
A pochi giorni da quelle fiaccole di sincero dolore per i bimbi trucidati, rapidamente ci riconsoliamo però (ancora sul Campidoglio), con gioiose fiaccole per il “grande successo diplomatico” dispiegato: le due Simona intrepide volontarie, spietatamente rapite a Bagdad da uomini oscuri, vengono liberate con il Corano in dono. Tornate in patria, indicibili i festeggiamenti in un eccitatissimo giubilio bipartisan, con eccitati abbracci e servizi tv nella loro amata (?) terra. Anche sui media, grande è la festa, tutti soddisfatti per la libertà conquistata. Pure il Papa.
Il bene ha trionfato questa volta sul male.


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