Carlo Catassi, nome di prestigio nello studio della celiachia, lavora all’Istituto di Clinica Pediatrica dell’Università Politecnica delle Marche ad Ancona, è ricercatore alla University of Maryland di Baltimora, ed è membro nel Comitato scientifico dell’Aic, ci ha rilasciato questa intervista sull’attuale stato della ricerca e della cura. Una conversazione la sua, volta non a trattare il problema sotto l’aspetto scientifico, bensì alla divulgazione della cultura della dieta priva di glutine che, oggi, rappresenta l’unica cura totale contro questa malattia.
Si legge spesso che i casi di celiachia nel nostro paese sono dell'ordine delle 380.000 unità. è questa una cifra attendibile?
Queste cifre sono realistiche in quanto hanno un preciso riscontro nelle indagini a campione che fino a oggi hanno dimostrato un'incidenza della malattia che si avvicina all'uno per cento della popolazione. Se facciamo dei conti se ne deduce che la valutazione è anche calcolata per difetto. L'unico dato perfettamente aggiornato di cui disponiamo è quello dei circa 35.000 casi già diagnosticati e che sono iscritti alla “Aic”, l'Associazione Italiana Celiachia. Una Associazione forte, questa, che si pone dei traguardi importanti, soprattutto nella prevenzione. Ai casi registrati all’Aic ne dobbiamo aggiungere una percentuale - peraltro non molto bassa - di coloro che hanno avuto una diagnosi positiva ma non sono iscritti all’Aic. Ciò fa pensare che si potrebbero toccare anche le 50.000 persone affette dal problema.
Per la prevenzione si è detto che uno screening di massa potrebbe dare risultati ancora più precisi. Pensa che sia auspicabile?
Forse sarei contrario perché l’applicazione di una tale indagine, pur con tanti suoi lati positivi, potrebbe risultare realmente eccessiva, soprattutto perché dovrebbe essere imposta. Si pensi ad esempio passando a un altro campo di studio - e senza entrare in un discorso scientifico - quale è il peso psicologico delle vaccinazioni obbligatorie. è vero che lo screening preventivo non è assolutamente invasivo però, in caso di positività, è chiaro che questi soggetti andranno senza dubbio incontro a problemi medici di vario genere e in questa ottica, potrebbe risultare appunto molto pesante. Quello che considero invece assolutamente positivo è quell'insieme di accorgimenti individuali che ciascuno di noi può mettere in essere per fare indagini volontarie e personali. A fronte dei dati statistici di cui abbiamo parlato, che impongono alla società la massima attenzione per il problema, occorre una forte sensibilizzazione nell’opinione pubblica è una altrettanto forte preparazione nelle nostre strutture sanitarie. Ciò che trovo confortante è la preparazione di medici di base e pediatri, che è ormai giunta a un livello che mi sembra ottimale. Solo da una ventina di anni il problema viene adeguatamente affrontato e, per vivere una vita soddisfacente si deve semplicemente agire sulla cultura nell’alimentazione. Purtroppo però, soprattutto nelle metropoli, si vive una vita alimentare caotica e l'approccio di chi lavora fuori casa con bar, tavole calde e ristoranti, è ormai esigenza continua. Il settore della ristorazione in Italia non è assolutamente adeguato per chi è portatore di questo problema e la lotta individuale alla ricerca di alimenti privi di glutine è pressoché quotidiana.
La cucina differenziata è una realtà o viene citata solo come qualche lodevole esempio?
In maniera specifica, nel settore della ristorazione non mi pare proprio che quella volta al grande consumo sia all'altezza di chi necessita di risposte facili e precise riguardo ai piatti preparati assolutamente privi di glutine. Tutto per ora è affidato alla cultura - e alla grande buona volontà - di chi si occupa di organizzare questa ristorazione specialistica in quanto, per le leggi del mercato - una cucina differenziata probabilmente non è remunerativa per i gestori. Esiste però una proposta di legge in Parlamento che apre un grande ventaglio di discussione sui diversi aspetti che toccano la vita quotidiana del celiaco. Con queste norme allo studio si arriverà tra l’altro a imporre direttamente alla produzione una 'etichettatura' dei prodotti per dare precise garanzie su alimenti privi di qualsiasi traccia di glutine. Lo Stato, che anche se in misura irrisoria è già operativo, dovrebbe migliorare l'assistenza finanziaria a favore del celiaco.
Quale è la sua opinione per la qualità della vita di chi deve osservare per sempre una alimentazione controllata?
Certo è una bella domanda e la risposta, purtroppo, non può essere da parte mia positiva: oltre a ciò che abbiamo detto sulle esigenza della ristorazione fuori dalle mura domestiche oggi viviamo una società convulsa che purtroppo tende a pubblicizzare un sempre maggiore consumo di prodotti carichi di glutine. Soprattutto nel nostro paese. Si pensi, ad esempio quale è da noi il, valore culturale, oltre che dietetico, dei primi piatti a base di pasta, del pane, o della pizza che, tra l'altro, sono generalmente i meno costosi per la gente, e forse anche i meno costosi anche nei sistemi di produzione. L’offerta di cibi pronti senza glutine non è quindi all'altezza delle necessità e, da questo punto di vista, oserei dire che è una battaglia tutta da fare. Al contrario, la produzione di alimenti privi di glutine - sia che si trovino all'origine oppure che siano utilizzati nella ristorazione - è talmente bassa nella loro percentuale, che sono ormai riconducibili a un business di nicchia le cui vittime economiche sono proprio coloro che soffrono la malattia. Il discorso è dunque sempre il medesimo: occorre da parte di tutti una vasta e approfondita diffusione di questa specifica cultura per problemi che sono certamente riconducibili a una malattia vera e propria ma che, a differenza di tante altre malattie - per vivere una vita psicologicamente sana - non richiede medicine ma solo l'applicazione di quella cura totale, di cui abbiamo detto, legata alla più scrupolosa alimentazione.
C’è qualche ricerca per le cellule staminali contro la celiachia?
Fino ad oggi direi nulla, per lo meno da quanto si sa dalle riviste scientifiche; è naturale, però, come lo è in qualsiasi altro campo della medicina, nulla può essere tassativamente escluso a priori. Le difficoltà di una ipotesi di utilizzazione di cellule staminali sono soprattutto legate al fatto che la situazione genetica di questa malattia è nota solo in parte ed è soprattutto difficile individuare chi potrebbe esserne predisposto e chi no. C’è anche da sottolineare al riguardo che oggi esiste una cura assolutamente totale che è quella della dieta rigorosa e, per qualsiasi nuovo percorso scientifico, proprio con questa cura ci si deve confrontare. Oggi la cura totale legata alla dieta non solo consente una vita sociale comunque accettabile, ma certamente favorisce anche la scomparsa dei fastidiosi sintomi essenzialmente legati alle lesioni intestinali.
Per il futuro - ma lo dico sommamente e con tutte le precauzioni e riserve necessarie - in alcuni istituti di ricerca è allo studio una sorta di comunissima 'pillola' che, forse, potrebbe rivelarsi utile per chi è portatore di questo problema. è comunque ancora troppo presto per suscitare entusiasmi.
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