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Del seguente articolo:

Novembre-Dicembre/2004 -
Editoriale
Fumo, forse non fumo
Andrea Nemiz

Non è certo un gioco di parole ma, dal 10 gennaio del 2005, il professor Umberto Veronesi avrà vinto la sua battaglia iniziata anni fa contro il fumo in qualsiasi locale frequentato dal pubblico, bar ristoranti, pizzerie, pub e anche negli uffici.
Al momento in cui uscirà il nostro giornale che ha scelto una strada in difesa del cittadino, lo sapremo ma, ciò che si legge sui giornali non lascia affatto tranquilli sulla dead line che scandirà l’applicazione completa della legge.
Il forse è un obbligo di prudenza perché le polemiche sull’applicazione non sono affatto spente. Il Ministro della Salute Girolamo Sirchia è molto deciso a non consentire proroghe alla scadenza del periodo di transizione ma il suo collega di Governo - e di partito - Altero Matteoli, Ministro per l’Ambiente (e altrettanto pare abbia fatto il Ministro della Difesa Martino) nella guerra di comunicati che si stanno intrecciando sempre più vistosamente - avrebbero fatto sapere a sorpresa di non essere affatto d’accordo con Sirchia sull’obbligo per i gestori di segnalare alle forze dell’ordine eventuali trasgressioni nei loro ambienti. Anche il Presidente della Confcommercio Sergio Billè è ovviamente sceso in campo in difesa di gestori di bar e ristoranti chiedendo sia una proroga al Governo che una circolare interpretativa al Ministro.
I Nas dell’Arma, nel frattempo, intensificano le ispezioni a sorpresa laddove la legge è già operante, ospedali e scuole, stazioni ferroviarie, aeroporti, uffici postali ecc. Le sanzioni fioccano, senza distinzione fra posizioni professionali e pubblico. Le sanzioni andranno dai 27,5 Euro ai 275, raddoppiabili se si fuma in presenza di bimbi o di donne in stato di gravidanza. Le Associazioni dei consumatori minacciano - giustamente - ricorsi ai Tar nel caso di ulteriori dilazioni.
Non entriamo certamente nel merito della correttezza della campagna antifumo - sacrosanta ormai in ogni paese civile - nè nelle pieghe della legge, peraltro molto chiara. Nella sua interpretazione serve solo del buon senso.
Ci domandiamo però quanto sia mai possibile che in un Paese come il nostro nel quale di problemi vitali ne abbiamo a iosa ci si debba perdere in disquisizioni interpretative create ad arte per difendere interessi corporativi? Pochi sono stati infatti i commercianti che hanno deciso di applicare serenamente, e anche in anticipo, le norme contestate, a fronte della sciocca e mai dimostrata paura di perdere clienti. E quelli che lo hanno fatto, si sono mossi più per intima convinzione che per ossequio alla legge.
Dove vogliamo arrivare? La ragione dovrebbero sempre prevalere eppure, ancora troppe sono le persone che non digeriscono il fatto che il loro ipotetico diritto a fumare in pubblico, finisce esattamente dove inizia quello di colui che il fumo non lo ama.
La disputa applicativa della legge -ma guarda un po’ - non risparmia neppure il Transatlantico, il luogo deputato per vivere la Camera dei Deputati senza dover essere incollati allo scranno. Ebbene, cosa è successo, una parte degli ‘onorevoli’ sarebbe intransigente nella non applicazione della legge in in quanto, quel maestoso ‘corridoio’, a loro giudizio, forse non sarebbe uno spazio di lavoro (!). Altri, invece, pur con tutte le garanzie previste per gli spazi riservati ai fumatori, la pensano proprio all’opposto sostenendo che si tratta di un luogo di lavoro e aperto a tutti, deputati, personale tecnico, visitatori e quindi soggetto alle norme della legge. Il Regolamento della Camera dovrebbe risolvere la disputa. Non fosse altro, aggiungono i fautori della legge, per dare il primo esempio ai cittadini tutti. Come finirà?


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