Sottostimata, quasi derisa, mistificata. Nel giro di poco tempo ha colpito indisturbata gli oliveti pugliesi, lasciando un segno indelebile, una perdita incolmabile ed un senso di impotenza dilagante.
Non è il CoViD 19 ma la Xylella fastidiosa, un batterio che attacca il sistema vascolare (i vasi xilematici per l’esattezza) di molti vegetali, occludendo ed impedendo ad essi di nutrirsi. Individuata più di un secolo fa in California, è artefice di numerose fitopatie infettive.
Numerose le piante ospite che il batterio predilige. Si parla di 563 specie, alcune di importante interesse economico come: vite, pesco, mandorlo, agrumi di vario tipo, caffè. Attualmente la tassonomia riconosce quattro sub specie, ognuna delle quali specializzata in ceppi: con la “malattia di Pierce”, danneggiò ettari ed ettari di vigneti, con la “clorosi variegata degli agrumi” andarono persi interi agrumeti brasiliani. Tuttavia, nessuna di queste patologie venne equiparata per entità e gravità al “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo” (abbreviato con la sigla CoDiRO), che secondo Joseph-Marie Bové (Académie d’agriculture de France), ha determinato “la peggiore emergenza fitosanitaria del mondo”.
Nel 2019, a seguito di una scrupolosa valutazione del rischio fitosanitario effettuata dall’EFSA (European Food Safety Authority), la Xylella fastidiosa è stato definita l’organismo nocivo con il maggiore impatto sulle colture agricole, rientrando così nella “lista nera” dei 20 organismi nocivi da quarantena presenti nel territorio europeo. L’organo dell’UE afferma: “il batterio Xylella fastidiosa […] potrebbe causare perdite di produzione annuali pari a 5,5 miliardi di euro, andando a colpire il 70% del valore della produzione UE degli olivi più vecchi e il 35 % del valore di produzione delle piante più giovani nel caso in cui il batterio si diffondesse in tutta l’Unione Europea”.
Il ceppo responsabile del Complesso del disseccamento rapido dell’olivo, appartiene alla sub specie pauca. Nel territorio europeo, fù individuato per la prima volta in Puglia, con il Salento “zona rossa” per eccellenza, nell’ottobre 2013. Dopo l’Italia, anche la Spagna, la Francia ed il Portogallo (zone a clima mite) hanno rilevato casi di disseccamento dell’olivo.
Il temuto microrganismo sfrutta insetti alati, vettori in gran movimento ed il suo preferito è il Philaenus spumarius che si nutre di linfa vegetale per mezzo di un apparato boccale acuminato come una siringa tale da iniettare la Xylella fastidiosa direttamente nelle “vene” della pianta. Fortunatamente l’insetto è di facile individuazione grazie all’emissione di una schiuma sulle foglie delle piante colpite, da qui il nome comune “Sputacchina”.
Il periodo di incubazione della patologia vegetale è lungo e può variare da alcuni mesi ad un anno o più. La malattia, quando manifesta, provoca una bruciatura e disseccamento fogliare, che interessano da prima singoli rami per poi espandersi nell’interezza della chioma e provocare nei casi più gravi, la morte della pianta. La popolazione più suscettibile è rappresentata dagli oliveti secolari. Individui prediletti per una produzione olivicola di qualità che hanno visto il susseguirsi di innumerevoli fioriture. Bene prezioso coltivato e custodito da generazioni di agricoltori.
Oggi l’area infetta interessa le province di Lecce, Brindisi, e parte di Taranto, il 40% circa del territorio pugliese, con 20 milioni di piante irreversibilmente compromesse. I danni economici complessivi ammontano 1,6 miliardi di euro e 5.000 posti di lavoro persi nella filiera olearia pugliese.
Come si combatte
Malgrado i numerosi studi scientifici messi in atto, non è stato ancora individuato un metodo per eliminare il batterio dalle piante malate. Nessuna cura dunque. La prevenzione, il contenimento, e l’eradicazione dei focolai sono gli unici mezzi per la lotta, oggi obbligatoria.
Si procede con il monitoraggio delle aree più a rischio (ovvero territori ove l’ospite è più presente e si denota per importanza economica) e con il campionamento su vegetale sintomatico o asintomatico distante 100 m dal primo, seguendo metodi sierologici e/o molecolari, una sorta di “tamponi” per intenderci. Laddove il campione risulti positivo, si procede con l’eradicazione della pianta infetta e delle piante ospiti presenti nel raggio di 100 m dalla prima, onde evitare la formazione di nuovi focolai. Questo non avviene nelle aree identificate come infette.
Dal 2014, si procede su tutto il territorio nazionale con numerose ispezioni e relativi campionamenti. Dal piano di monitoraggio 2020 previsto dal Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, si denotano diversi siti a rischio presenti soprattutto in Toscana.
La malattia si può prevenire adottando delle azioni di prevenzione per il diffondersi del batterio “fito-killer”. Dalle lavorazioni meccaniche del terreno, per deprimere le erbe infestanti su cui la giovane Sputacchina cresce, alle potature con relativa disinfezione degli attrezzi impiegati, dagli interventi di lotta fitosanitaria sul vettore (Piretrine naturali e olio di arancio dolce, già consentiti in agricoltura biologica, hanno dimostrato una buona efficacia) e relativa confusione sessuale, all’impiego di materiale di propagazione certificato.
Chi progetta un nuovo impianto olivicolo, scelga cultivar tolleranti o resistenti alla malattia. L’aiuto della genetica può essere sfruttato anche su alberi secolari dove è possibile innestare le varietà selezionate.
Fake news
Il “caso Xylella” ha acceso la fantasia di molti in questi anni e tanti sono ancora i complottisti, gli incerti, gli ignari le cui credenze sono avallate in parte da alcuni organi pubblici grazie ai quali l’Italia ha ricevuto una condanna dalla Corte di Giustizia dell’UE per gli inadempimenti nella gestione della malattia.
“Abbiamo visto che, grazie ad alcune semplici buone pratiche agricole come potatura decisa, irrigazione intensa e pulizia del terreno intorno al tronco, gli alberi danneggiati si sono ripresi e hanno ripreso a vegetare” (Da il Fatto Quotidiano, intervista al Procuratore di Lecce, Luglio 2016). Così il Procuratore commenta la revoca delle ordinanze di abbattimento disposta dall’Unione Europea già dal 2015. Nessun dubbio sulla buonafede di un grande giurista, tuttavia, la lotta alla Xylella richiede competenze agronomiche. Le piante affette da Xylella fastidiosa non possono guarire. Tali pratiche agronomiche sono valide solo in via preventiva. Venne anche aperta un’inchiesta dalla stessa Procura con la quale si accusavano funzionari e ricercatori di essere intervenuti tardivamente sul batterio: archiviata nel 2019.
Un certo giornalismo ha poi continuato ad alimentare negli anni le accuse: “È una gigantesca bufala, fabbricata ad arte dalla destra e dalla sinistra, con il prezioso sostegno delle associazioni di categorie, da scienziati disponibili e multinazionali dell’agricoltura. […] non è mai stata dimostrata scientificamente”.(Così una giornalista tedesca, con un intervento dal titolo “La bufalite della xylella”sul blog di Beppe Grillo Luglio 2018).
Sono ormai innumerevoli gli studi scientifici accreditati (molti dei quali interamente consultabili sul web già dal 2014) che dimostrano la correlazione tra la Xylella fastidiosa (subsp. Pauca) e lo sviluppo della fitopatia del Disseccamento rapido dell’olivo (o CoRiDO). Tutte tesi discusse e dimostrate con evidenze, al fine di portare in luce la verità. Il resto è ignoranza, o peggio mendacia.
Diversi ad oggi gli esposti alla Procura di Bari, dall’Associazione Nazionale dei Vivaisti Esportatori, al Consorzio Nazionale degli Olivicoltori che denunciano la “pubblicazione e diffusione di notizie false ed infondate tali da turbare l’ordine e la sicurezza pubblica”. Il rischio è che le fake news possano bloccare o rallentare gli interventi da parte di privati ed aziende agricole verso il contenimento del batterio.
In tempi di emergenza sanitaria abbiamo visto come le corrette informazioni siano fondamentali per guidarci verso comportamenti idonei, al fine di difenderci e difendere la salute della persone a noi care, anche a costo di rinunce.
Ecco perché è importante seguire le fonti ufficiali (si segnalano a tal proposito i siti web: EFSA, Servizio Fitosanitario Nazionale - Mipaff, Emergenzaxylella.it) al fine di tutelare quel che rimane di un patrimonio inestimabile di cultura e tradizione, mantenere un territorio agricolo attivo e fermare l’inesorabile contagio di una malattia che non conosce cura.
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