Quei minuscoli bambini che si ponevano al servizio dei nostri nonni per liberare comignoli e canne fumarie dalla fuliggine, sono ormai solo un romantico ricordo: il progresso sociale e la moderna tecnologia li hanno liberati da quella pesante schiavitù che per secoli è stata emblematica sullo sfruttamento del lavoro minorile
L'architetto Vincenzo Scamozzi, grande esponente del classicismo cinquecentesco, già nel 1615 nel suo Trattato de architectura universale dedica molte parole alla corretta costruzione del camino: cosciente del fatto che non sia un dettaglio trascurabile,spiega precisamente come dovrebbe essere costruito un buon camino, di quali parti si componga, come sia auspicabile posizionarlo rispetto alle porte e alle finestre per garantire un buon tiraggio. Come sistema di riscaldamento il camino ha origini davvero antiche, già nella Roma Imperiale esisteva l'ipocausto, che però non prevedendo ancora la presenza di torrini e comignoli, era spesso causa di incendio. Autori come Orazio, Aristofane, Virgilio, descrivono una sorta di “camino”, e la storia è piena di terribili incendi causati dalla dispersione delle scintille. Nella Venezia dei Dogi si diffusero i comignoli, che non soltanto risolsero il problema della fuoriuscita di scintille, ma divennero una peculiarità del paesaggio veneziano; mentre nella città lagunare e in Veneto i comignoli si diffusero già nel 1200, nella Capitale, che certo non aveva la medesima impellenza di riscaldamento della città lagunare, si dovette attendere il 1368 quando, si dice, un padovano trasferitosi a Roma iniziò a far costruire impianti di riscaldamento simili a quelli della sua città. Il fatto che oggi si disponga di moderne tecnologie di costruzione, e l’esistenza di una rigida normativa riguardante la costruzione dei camini (non sempre rispettata), non deve però trarre in inganno: è condizione necessaria ma non sufficiente quella di avere in casa un camino “a norma”, ma altrettanto fondamentale, come da sempre sostiene l'associazione Nazionale Fumisti Spazzacamini, è la manutenzione corretta effettuata da personale specializzato. Nella tradizione popolare è risaputo che gli spazzacamini portino fortuna. Chiaramente una casa sicura è una casa fortunata, e soltanto l'odierno vigile del fumo può garantire tranquille e felici serate davanti al caminetto. Eppure, la figura dello spazzacamino, cui oggi davvero si possono attribuire solo valenze assolutamente positive, è storicamente legata ad uno dei peggiori e più ingiusti crimini della società: lo sfruttamento dei bambini. Le Valli di Cannobina e Vigezzo, in provincia di Novara, erano poverissime, battute dal vento, costituite di terra arida, impossibilitate da un'agricoltura ingenerosa e dalla difficoltà dei trasporti; per questo già nel 1300 conobbero l'emigrazione verso luoghi in cui ci si potesse onestamente guadagnare il pane come compenso del lavoro. Il mestiere che più di ogni altro si diffuse, fu quello dello spazzacamino: nel 1837 la Valle Vigezzo su 964 emigrati conta ben 500 spazzacamini. Di questo fenomeno, già triste in sè, viene però sottolineata la percentuale di bambini: le famiglie erano costrette a cedere i più piccini, di soli 6 o 7 anni, “affittandoli” ai padroni che se ne servivano alla stregua di piccoli schiavi. La corporatura esile, dovuta all'età e alla fame, garantiva una pulizia accurata delle strette gole del camino attraverso il quale i bambini, spesso terrorizzati dal buio e dagli spietati padroni, si avvitavano con agilità. Il padrone dietro compenso strappa dunque i bambini alla famiglia e li porta giù in pianura, a imparare il mestiere, dove la vita è meno grama e nessuno pensa neanche lontanamente di iniziare un proprio figlio a quel futuro nero di fuliggine. Una famiglia che avesse più bambini “in età da spazzacamino” spesso li cedeva tutti, e subito il padrone li divideva affinchè capissero come dovevano andare le cose. Nella stagione calda gli uomini emigravano in cerca di lavoro, ma durante i lunghi e gelidi inverni il sostentamento della famiglia era affidato ai bambini, non c'era altra possibilità, se non quella di morire d'inedia.I piccoli spazzacamini, poco nutriti perchè non ingrassassero, picchiati quando, timorosi del buio com'è frequente a quell'età, esitavano a salire nella gola, magari attraverso una strettoia, una strozzatura che sembrava impossibile superare, trascorrevano i mesi freddi lontano da casa, e il fatto che questa fosse diventata la norma, non significa certo che le madri fossero felici di veder partire i propri piccoli, sapendo a che vita andavano incontro, nelle mani di uomini crudeli, induriti dall'infanzia terribile vissuta a loro volta come bambini spazzacamino. Semplicemente, non c'era nessun'altra possibilità: Giulio Branca, scultore di Cannobio, ha dedicato al distacco del bambino dalla madre una statua, dal titolo “l'addio dello spazzacamino” in cui coglie tutta la drammaticità di una innaturale consuetudine, di un mondo in cui non si possono operare scelte, in cui le uniche alternative sono la fame o l’affitto dei propri figli. Al Museo dello Spazzacamino di Santa Maria Maggiore (Verbano, Cusio, Ossola) esiste un'ampia documentazione fotografica in cui si vedono bambini-spazzacamino dallo sguardo stanco, con gli arnesi del mestiere, in divisa come piccoli adulti infelici. è un mestiere che merita rispetto, non soltanto per la sua storia, per le testimonianze dei bambini che, cresciuti, raccontano di padroni che per farli salire in fretta nei caminetti, accendevano loro la paglia sotto ai piedi, ma anche perchè ancora oggi, i professionisti di questo settore, sono gli unici a potere garantire inverni sereni nel tepore della famiglia. Così, certi di potersi godere il crepitio delle fiamme, in attesa che diventi obbligatoria la manutenzione degli impianti di combustione come da sempre auspica l'Anfus, si potrebbe pensare anche di fare una visita in Valle Vigezzo, dove ogni settembre si tiene la festa degli spazzacamini: vi prendono parte centinaia di loro, provenienti da tutta Europa in divisa tradizionale per esibirsi in spettacoli e sfilate. Qui è possibile anche gustare una fetta di “torta dello spazzacamino”: nera sì, ma per via del cioccolato, fatta con farina, burro e rum, un dolce che certamente sarebbe piaciuto tanto anche a quei bimbi che avevano paura del buio.
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