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Del seguente articolo:

Gennaio-Febbraio/2005 -
Dossier - I grandi della cultura
Leonardo e l'arte della guerra Nei disegni del Codice Atlantico all'Accademia dei Lincei
Elisa Ragionieri

Nei circa 1.200 fogli raccolti nella seconda metà del ‘500 da Pompeo Leoni per la conservazione degli appunti del grande ingegnere di quel secolo, innumerevoli i disegni con la progettazione di strutture edilizie militari, di fortificazioni, e anche di vere e proprie armi di attacco, dalla ‘bombarda’ alle catapulte, fionde e balestre


Probabilmente nella memoria di tutti noi il Codice Atlantico è presente come un'importante raccolta di disegni e progetti di Leonardo da Vinci ma sono davvero pochi coloro che, al di fuori dell'ambito degli studiosi del Rinascimento, conoscono la vicenda storica di questo volume, la vastità dei campi di ricerca che documenta, le originali curiosità sulla vita di Leonardo nascoste dentro quei fogli.
Una edizione a stampa del Codice che è considerata la sua più fedele ricostruzione fu realizzata nel decennio tra il 1894 e il 1904 curata dall’Accademia dei Lincei e fu pubblicata nel 1904 in 280 esemplari. Una dozzina dianni di lavoro da parte di una equipe di scientifica della prestiogosa istituzione che era guidata da Giovanni Piumati. Oggi, a distanza di un secolo, una mostra con una settantina di riproduzioni di quella edizione del Codice viene riproposta al grande pubblico nelle sale di Palazzo Corsini, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma. L’esposizione, curata dall’Istituto e Mueso dell Scienza e della Tecnica di Firenze, diretto da Paolo galluzzi, è stata promossa dal Comita-to Nazionale per le celebrazioni del IV centenario della fondazione della Accademia dei Lincei, presieduto dal prof. Edoardo Vesentini.
In mostra i set- tori più significativi dell’attività di ricerca scientifica e tecnica di Leonardo, tratti appunto dalle tavole originali dell’Atlantico dell’edizione Hoepli. In mostra pure diversi modelli di macchine prestate dal Museo Leonardiano di Vinci. Il progetto espositivo ripercorre idealmente i cinque secoli di storia che legano il genio di Leonardo alla tecnologia moderna.
La realizzazione di questa esposizione unica nel suo genere è stata voluta dal professor Marco Guardo, direttore della Biblioteca Nazionale dei Lincei e Corsiniana con la diffusione esterna di Antonella Rotolo. Dopo Roma la mostra andrà a Budapest, Praga, Bratislava, Zagabria, Vienna e negli anni successivi, Barcellona, Madrid e Lisbona.
Alla morte di Leonardo - avvenuta in Francia nel 1519 - il suo discepolo prediletto, Francesco Melzi D'Eril, ne eredita i manoscritti e li custodisce nella sua residenza di Vaprio d'Adda, nella parte orientale del milanese. Dopo la scomparsa di Mel-zi d'Eril i preziosi fogli vengono dispersi e, in parte, anche perduti per sempre.
Riguardo alla successiva nascita del Codice, non fu quindi Leonardo a riunire i suoi manoscritti (oggi se ne conoscono circa 1.300), ma quest’opera venne realizzata da un grande ammiratore di Leonardo, Pompeo Leoni, uno scultore e collezionista della seconda metà del cinquecento, Pompeo Leoni, che ne curò la raccolta con criteri che, visti oggi, appaiono anche discutibili. Innegabilmente, però, questa catalogazione ha il grande merito di aver salvato dalla dispersione – e forse dalla definitiva scomparsa - una preziosa parte degli studi del grande maestro toscano.
A Pompeo Leoni, scultore va quindi il merito di avere riunito nuovamente, nella seconda metà del Cinquecento, oltre 2.500 fogli non rilegati. Dopo aver separato gli studi tecnici e scientifici di Leonardo da quelli artistici e anatomici, Leoni decide di incollarli sulle pagine bianche di due grossi album allo scopo di evitare il pericolo di una nuova dispersione.
Ed è stato così che sono nati i due codici artificiali (non organizzati cioè da Leonardo stesso), che oggi sono conosciuti come Codice Atlantico e Codice Windsor. Mentre il Codice Windsor trovò nel tempo una collocazione definitiva in Inghilterra (oggi è conservato presso la Royal Library), l'Atlantico venne acquistato dal conte Galeazzeo Arconati, che lo conservò in una splendida residenza di Bollate, nei dintorni di Milano, fino al 1637, quando viene poi donato alla Biblioteca Ambro-siana insieme ad altre dieci piccole raccolte di carte di Leonardo. In epoca successiva, la prestigiosa biblioteca milanese è riuscita a recuperare anche altri due taccuini leonardiani.
Il destino dell'Atlantico mutò ancora con l'arrivo a Milano dei francesi di Napoleone e quei fogli preziosi, nel 1796, tornano nuovamente in Francia insieme a quei dodici taccuini che erano conservati all'Ambrosiana.
Dopo la caduta di Napoleone, solo l'Atlantico è rientrato in possesso dell'Ambrosiana mentre gli altri dodici manoscritti trafugati sono rimasti a Parigi, oggi conservati presso l'Institut de France, classificati con lettere dell'alfabeto, dalla A alla M.
Per raccogliere le carte leonardiane Pompeo Leoni adottò un album di grande formato, simile a quello degli atlanti. Proprio questo formato (cm 64,5 x cm 43,5) ha dato il nome definitivo alla preziosa raccolta. Lo scultore e collezionista incollerà sui 402 fogli rilegati circa 1.300 carte vinciane, secondo criteri finalizzati alla loro salvaguardia dai rischi di una nuova dispersione e alla riduzione dell'ingombro finale. Criteri, come detto, a volte discutibili, soprattutto per i tagli apportati, altre invece più apprezzabili, come è il caso della modalità adottata per rendere visibile il fronte e il retro delle carte incollate.
Nel riassumere i criteri adottati dal collezionista per la composizione del volume, abbiamo questa organizzazione: - I fogli di supporto sono stati privati della parte centrale, ritenuta inutile e ingombrante. - Le carte vinciane sono state quindi incollate sui bordi, rendendo possibile la visibilità sia del loro fronte che del retro; - Quando le carte erano prive di contenuto, su una delle due facciate, ne vengono incollate altre due sui due lati del foglio di supporto; - Quando le dimensioni della carta da incollare erano elevate, esse sono state tagliate o ripiegate all'interno dell'album; - Quando i margini delle carte erano logorati o eccessivi, queste sono state ritagliate e ridimensionate, con sagomature spesso molto irregolari; - Se le parti ritagliate erano di piccole dimensioni, i frammenti sono stati raccolti e incollati sullo stesso foglio; - Quando la carta leonardiana conteneva studi legati a temi diversi, sono state ritagliate parti o anche piccoli frammenti che sono poi stati incollati sul secondo album. I fori prodotti o le superfici asportate dal taglio sono stati risistemati con l'incollatura di frammenti di carta.
La mostra esposta ai Lincei racconta quindi la storia di questo codice “artificiale” che, paragonato agli altri codici in cui sono divisi i manoscritti originali di Leonardo, risulta essere il più vasto in quantoraccoglie la maggior parte dei suoi appunti a carattere scientifico e tecnologico. I fogli del Codice sono complessivamente 1119 , grande la grande ricchezza dei contenuti, spesso rilevanti per comprendere gli anni in cui la scienza moderna compiva i primi passi e anche per comprendere, sia pure solo in parte, la quotidianità del lavoro nella bottega del maestro e la sua vita, con i problemi comuni a tutti gli uomini del suo e anche del nostro tempo.
Nel Codice annotazioni e illustrazioni scritte di pugno da Leonardo (caratteristica la sua grafia speculare) dalla Botanica alla Astronomia, la Matematica, Architettura, Fisica e anche le Arti militari. Non mancano inoltre i celeberrimi disegni con gli studi del maestro sul volo degli uccelli e la tessitura delle ali. Ma non solo: nel Codice anche i preziosi e particolareggiati disegni costruttivi delle sue celebri ‘macchine’ dotate di straordinarie intuizioni ingegneristiche con un livello di matematica che risulta sorprendente soprattutto, propriop ancora oggi, la loro sorprendente attualità. I dettagli costruttivi che emergono dai disegni di queste macchine, frutto delle intuizioni scientifiche e tecnologiche di Leonardo, prefigurano elementi costruttivi che, certo per altre strade, hanno poi visto la luce anche a secoli di distanza. Dalle celeberrime macchine volanti, veri precursori dell’elicottero, trivelle, carri armati o comunque semoventi, robot sottomarini e anche, pare, la struttura anticipatrice delle nostre semplici biciclette.
Nell’esposizione ai Lincei una delle più recenti ‘ricostruzioni’ di una di queste macchine: la riproduzione in legno a grandezza naturale del modello di uno splendido ‘carro automotore’ che fu progettato da Leonardo come macchina scenica per le feste di Ludovico il Moro, un veicolo semovente a tre ruote con motore a molla e uno ‘sterzo’ vero e proprio. Il ‘veicolo’ sembrerebbe essere stato ripreso nella progettazioni di uno di quei complessi e sofisticati congegno che, nelle esplorazioni spaziali, sono atterrati sul suolo di Marte per le esplorazioni scientifiche. Il modello è stato è stato progettato dal professor Carlo Perdetti, una delle massime autorità di oggi negli studi leonardeschi, ed è stato realizzato dall’Istituto e Museo di Storia della Scienza a Firenze.
Delle 280 copie del Codice prodotte nell’edizione Hoepli dei primi ‘900, solo poche rimangono a distanza di oltre un secolo, gelosamente custodite negli archivi di alcune importanti istituzioni come l’Accademia Nazionale dei Lincei o il Museo Leonardiano di Vinci.

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L’arte militare

Nel nostro servizio alcune riproduzioni del lavoro di progettazione di Leonardo nell’Arte Militare. In apertura il progetto di un grande balestra campale montata su ruote di carro. Leonardo ne descrive dimensioni e funzionamento. La larghezza dell'arco è di circa 25 metri ed è di poco inferiore è quella del fusto. Un meccanismo a ingranaggi, disegnato nell'angolo in basso a destra, porta in tensione la corda. Alla sinistra del disegno principale sono illustrate due varianti per il lancio, la prima a percussione e la seconda a leva e quindi più silenziosa (“senza strepito”, scrive Leonardo). La potente balestra è in grado di lanciare pietre del peso di circa 50 chilogrammi ciascuna.
Segue il progetto di una bombarda con proiettili a carica multipla, che esplodono dopo l’urto con il terreno, quello di una mitraglia a tre file di canne e anche una macchina che combina catapulta e fionda: i due ‘proiettili’ possono essere anche lanciati contemporaneamente. Abbiamo poi una grande fionda con il dispositivo di caricamento e una balestra a postazione fissa e una macchina d’assalto capace di favorire l’avvicinamento alle mura nemiche per la protezione delle truppe impegnate nell’attacco. La macchina protegge anche la zona dove operano gli animali impegnati nella trazione. Quattro grandi balestre caricate con dispositivo azionato da 10 uomini sono in grado di mettere in moto una ruota mentre il balestriere in posizione di tiro all’interno della macchina riceve l’arma caricata in successione. Sulla destra appare una sorta di animazione del congegno d’azione.


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