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Del seguente articolo:

Gennaio-Febbraio/2005 -
Dossier - Sicurezza sul lavoro
Dai 'cantieri' delle piramidi i primi esempi sulla sicurezza sociale
Giuseppe Gerardi

Oltre quaranta secoli fa, in Egitto, durante la costruzione
del monumento a Cheope,
una serie impensabile di presidi
e attrezzature sociali
tutelava le migliaia di operai
addetti alla costruzione
del colosso in pietra.

Per chi crede ancora che gli ultimi operai addetti alla costruzione delle piramidi egiziane venissero uccisi o chiusi vivi nel loro interno, è bene dire che questo è falso: nella grande piramide del Faraone Cheope era stata prevista e costruita addirittura una sorta di ‘uscita di sicurezza’, proprio per l’evacuazione degli operai impiegati negli ultimi lavori interni.
Vediamo come era stata progettata questa piramide, eretta verso il 2580 a.C. e che venne considerata una delle sette meraviglie del mondo.
Era stato realizzato un ingresso (anche se è un termine improprio, perché di fatto la piramide non era visitabile al suo interno, dopo l’inumazione del Faraone) posto a 37 metri dal suolo; da qui partiva un corridoio discendente lungo 107 metri, che portava ad una camera sotterranea, forse la prima ipotesi di camera sepolcrale, poi abbandonata dagli architetti reali. Essi ricavarono allora, a circa metà di questo corridoio discendente, un altro corridoio detto “ascendente”, perché proseguiva in salita per 39 metri ed arrivava, dopo un tratto in orizzontale di altri 36 metri, ad una seconda camera sepolcrale, che fu chiamata in seguito ed erroneamente “Camera della Regina”.
Anche il completamento di questa camera fu abbandonato, per realizzarne un’altra posta ancora più in alto nel corpo della piramide; gli architetti proseguirono il corridoio ascendente per altri 47 metri: un vero miracolo architettonico che viene oggi denominato “Grande Galleria”, con un’altezza di ben 9 metri e che giungeva nella camera (stavolta definitiva) prevista per la sepoltura del Re.
Gli architetti avevano previsto anche qualcos’altro. Infatti proprio all’inizio della “Grande Galleria” è stato trovato un cunicolo, scavato in maniera piuttosto rozza: si tratta di un corridoio che scende in verticale con andamento tortuoso, per arrivare a quella camera sotterranea che, come detto, era stata scavata e poi abbandonata.
All’inizio si pensò che questo cunicolo fosse una galleria aperta disperatamente dagli ultimi operai addetti alle chiusure interne i quali, essendo condannati a rimanere sepolti vivi, avevano tentato di scavare per la propria salvezza. Questa ipotesi fu però subito scartata per motivi pratici: intanto un tale cunicolo poteva essere scavato tecnicamente solo dal basso verso l’alto e non viceversa, a causa dei detriti prodotti che si sarebbero accumulati dietro di loro; in ogni caso lo scavo non sarebbe andato oltre pochi metri, per l’assoluta mancanza di aria e di luce e senza un orientamento preciso. Gli operai sarebbero morti dopo pochi giorni di inutili fatiche.
Qualche studioso pensò che poteva trattarsi dell’opera di ladri i quali, introdottisi nella piramide attraverso il corridoio discendente, avevano poi scavato un budello dal soffitto della camera sotterranea, verso l’alto, per giungere nella “Grande Galleria”; in effetti per diverso tempo molti testi sull’antico Egitto definirono questo passaggio proprio con il termine di “cunicolo dei predatori”. Anche in questo caso però sembra proprio impossibile che i ladri avessero avuto tanta precisione nello scavo, da arrivare proprio nella “Grande galleria”, scavando quasi al buio, sempre senza aria e nessun orientamento preciso. Inoltre, per realizzare tale cunicolo, che misura circa 60 metri, sarebbero occorsi mesi, con il rischio continuo di essere scoperti; senza parlare poi della grande quantità di detriti che si sarebbero accumulati dietro di loro e che dovevano essere portati all’esterno.
Le ricerche dei moderni archeologi hanno invece appurato che questo cunicolo fu scavato nel calcare proprio durante la costruzione della grande piramide. Esaminandolo attentamente, risultò che si trattava di un vero e proprio pozzo, con rivestimento accurato in diversi punti, specie nella sua parte iniziale, con fessure ricavate nelle pareti, dotato anche di una lastra di chiusura sulla pavimentazione, che lo rendeva non visibile. è impensabile che questi particolari della costruzione fossero stati realizzati da parte di ladri, che non avevano certo tempo da perdere.
Oggi si pensa invece che probabilmente questo cunicolo era stato utilizzato in parte come opera sussidiaria, prevista per lo scarico dei detriti durante la costruzione e la rifinitura delle camere interne della piramide; poi, dopo la conclusione dei funerali del Re, sarebbe servito anche per l’uscita degli operai addetti agli ultimi lavori interni. Queste operazioni erano infatti piuttosto complesse: prevedevano intanto che gli operai, dopo l’uscita dei partecipanti alle esequie, facessero scendere tre pesanti lastre di granito, del peso di oltre due tonnellate, sistemate precedentemente in sospeso sopra l’ingresso della camera del Re e che fungevano quindi da moderne saracinesche, impenetrabili una volta calate sul pavimento. Davanti a queste ultime essi dovevano poi collocare un grosso blocco di granito, dinanzi al quale andava posta infine una lastra di mascheramento,
rifinita accuratamente ed in modo che l’ingresso alla camera sepolcrale del Faraone non si notasse.
Ma il vero capolavoro era la chiusura finale di tutta la “Grande galleria”. Era stata prevista infatti una serie di grandi blocchi di granito, già messi in discesa lungo il pavimento del corridoio e destinati ad ostruire definitivamente il passaggio dopo i funerali; questi blocchi erano trattenuti da grosse zeppe di legno e ne sono ancora visibili nelle pareti gli alloggiamenti. Gli operai, dunque, dovevano togliere questi pali, in modo che i pesanti massi slittassero lungo la galleria, andandosi poi a fermare, incastrandosi, proprio nell’incrocio tra il corridoio ascendente e quello orizzontale. L’accesso era così di fatto bloccato in maniera definitiva ed impenetrabile (tre di questi blocchi sono rimasti in loco fino ad oggi).
Per uscire, agli operai bastava calarsi nel cunicolo già predisposto, chiudere l’accesso con una pietra, come una botola, e scendere velocemente fino nella camera sotterranea, utilizzando anche i buchi predisposti nelle pareti per aggrapparsi con le mani ed i piedi. Dalla camera sotterranea essi risalivano lungo il corridoio discendente ed arrivavano finalmente fuori, dove altri operai stavano nel frattempo chiudendo definitivamente la piramide ed il suo ingresso esterno, posto a 17 metri di altezza.
Lo fecero in maniera pressoché perfetta, dal momento che tale accesso originale fu scoperto solo in epoca moderna, circa 3000 anni dopo. Per entrare nella piramide, i soldati del Califfo Al Mamun nel IX° secolo dovettero scavare con grande fatica un passaggio tortuoso nella roccia (lo stesso che oggi viene percorso faticosamente dai turisti, che vogliono entrare nella grande piramide), per aggirare i grandi blocchi di chiusura, rimasti ancora sul posto dopo 4500 anni. I soldati penetrarono nella camera sepolcrale del Faraone ma la trovarono spoglia: era stata già depredata da altri, molto prima di loro.
Le sorprese della piramide di Cheope non finiscono però qui.
Sempre all’interno, nella camera sepolcrale del Re, erano stati realizzati anche due piccoli cunicoli, ricavati nelle pareti nord e sud e che arrivano fino all’esterno del monumento. Questi cunicoli hanno sempre suscitato, e continuano a suscitare ancora oggi, interesse e curiosità, e non solo fra gli esperti in materia
Si tratta dei cosiddetti “canali di aerazione”, i quali avevano come scopo principale quello di far arrivare l’aria all’interno della camera del Re, dove i lavori continuavano mentre la costruzione della piramide procedeva.
In un primo tempo gli archeologi si erano chiesti intanto se i canali avessero avuto effettivamente uno sbocco all’esterno; per risolvere l’interrogativo, negli anni ’70 l’egittologo francese Georges Goyon attuò il semplice esperimento di gettare un’arancia dallo sbocco di uno di questi canali (situato a 76 metri di altezza, all’esterno della piramide): questa arrivò puntualmente all’interno della camera sepolcrale, come in una moderna posta pneumatica.
Attualmente gli studiosi ritengono che questi cunicoli fossero stati progettati e ricavati ad arte nel corso di esecuzione dell’opera, proprio per permettere la respirazione agli operai che rimanevano nella camera sepolcrale, l’ultima ad essere abbandonata, sia per realizzare i rivestimenti interni e le rifiniture che per mettere in atto i bloccaggi interni dopo i funerali del Faraone.
In effetti, man mano che la realizzazione della piramide proseguiva verso l’alto, questo ambiente interno diventava “chiuso” e dunque l’aria mancava, rendendo impossibile la prosecuzione di qualsiasi lavoro; ma gli architetti reali avevano previsto per l’appunto una sorta di impianto di aria proveniente dall’esterno.
Diversi esperti hanno comunque ipotizzato che questi canali potessero avere anche scopi magici o rituali; infatti qualcuno aveva osservato che un cunicolo sembrava dirigersi verso la stella polare, mentre l’altro verso Orione e Sirio; quindi si pensò che questi potessero servire allo spirito del Faraone per dirigersi verso il cielo, nella giusta direzione.
Queste ipotesi vengono oggi spesso riprese in alcuni libri, ma sempre per enfatizzare i ‘misteri sull’antico Egitto’, sempre affascinanti e sempre attuali. In ogni caso bisogna evidenziare che questi canali sono presenti solo nella piramide di Cheope ed in nessuna altra delle tante precedenti e successive che gli Egiziani costruirono; dunque questa realtà già contrasta di per sé con un possibile scopo magico o rituale che, se previsto, si sarebbe dovuto riscontrare anche in altre piramidi. Sopratutto c’è invece da tenere presente che solo in questa piramide la camera del sarcofago fu realizzata ad una altezza di ben 42 metri nel suo interno; in quasi tutte le altre piramidi la camera per la sepoltura veniva generalmente ricavata nel sottosuolo o al livello della base. Dunque lo scopo di questi canali appare in realtà più pratico che religioso o magico.
Un ultimo particolare interessante si nota in quella che, erroneamente, viene definita come la “Camera della Regina”: questo ambiente fu realizzato inizialmente per accogliere il sarcofago del Re, ma poi il progetto venne cambiato e la camera sepolcrale del Faraone alla fine fu ricavata ancora più in alto. Nelle pareti nord e sud, già ben rifinite, anche qui erano stati ricavati due condotti di aerazione, perché pure in questo caso la camera era situata a 20 metri di altezza dalla base della piramide. Questi canali non risultano però scavati completamente, ma solo per pochi metri, proprio perché non servivano più.
Proseguendo nella scoperta di altre curiosità sulla costruzione delle piramidi, andiamo ad alcune affermazioni del grande storico greco che nel 450 a. C. ci ha dato tanti ‘affreschi’ delle vicende dell’antico Egitto, Erodoto: “Dicevano che Cheope con il suo regno ridusse il paese alla più estrema miseria; dopo aver fatto chiudere tutti i templi, comandò che tutti gli Egiziani lavorassero per lui. E lavorarono a centomila uomini per volta, ciascun gruppo per tre mesi. E passarono dieci anni di stenti nella costruzione della strada lungo la quale trascinavano le pietre. Per la piramide vera e propria dicono che passarono altri venti anni finché non fu costruita” (da “Le storie” II, 124-127).
Questo fantasioso racconto sulla costruzione delle piramidi ha ancora credito, nonostante gli sforzi degli egittologi per confutarlo anche perché Erodoto non fu davvero un testimone diretto della costruzione, ma si recò in Egitto circa duemila anni dopo che le piramidi furono erette. Egli infatti sottolinea che tutte le informazioni gli sono state riferite e nei suoi racconti molti sono i “si dice” o “a quanto dicono…”. In sostanza molte sono le inesattezze, le interpretazioni sbagliate e magari anche gli errori di traduzione, riferiti alla costruzione delle piramidi.
D’altronde anche i Greci pensavano che le piramidi non fossero altro che i mitici granai costruiti per il Faraone dal biblico Giuseppe e che quindi fossero state realizzate dagli Ebrei a suon di frustate; ma sappiamo che gli Ebrei arrivarono in Egitto solo mille anni dopo la realizzazione delle piramidi.
Circa il numero degli operai impiegati nella costruzione della piramide di Cheope, questi erano senza dubbio meno dei centomila riferiti da Erodoto; si trattava di un numero di addetti tutto sommato non eccessivamente alto. Gli ultimi approfondimenti ed i calcoli degli egittologi fanno arrivare questo numero a qualche migliaio di persone, che facevano parte di un gruppo di operai specializzati, che vivevano in permanenza nel cantiere in un apposito villaggio con le loro famiglie. Infatti nel 1988 il noto archeologo egiziano Zahi Hawass ha scoperto i resti del villaggio degli artigiani, risalente alla IV° Dinastia e ubicato proprio vicino alle piramidi..
Il numero delle persone impiegate era comunque diverso nelle varie stagioni dell’anno: molte squadre lavoravano tutto l’anno e venivano poi rinforzate per tre-quattro mesi dai contadini i quali, durante la piena del Nilo, sarebbero restati inoperosi.
Dunque gli operai che costruirono le piramidi non erano schiavi come spesso si ritiene, ma invece artigiani di alto livello e senza dubbio maestri nell’uso del mattone crudo e della pietra squadrata. è inoltre da sottolineare che tutti lavoravano per il Faraone, il loro Dio, ed erano quindi contenti di farlo; né si deve dimenticare che erano retribuiti con vitto e alloggio, in rapporto alle mansioni svolte.
Un aspetto interessante che viene spesso ignorato, è che per ogni uomo impiegato nella costruzione della piramide ne occorrevano sicuramente qualche decina di supporto. Vediamo perché.
Innanzi tutto dovevano essere stati in precedenza affrontati e risolti vari problemi, come mettere in produzione scorte alimentari per i lavoratori e per molti anni; poi bisognava immagazzinare queste scorte e sorvegliarle. Inoltre bisognava attrezzare delle cucine, per dar da mangiare agli operai: in sostanza era stata realizzata la prima, grande mensa della storia, dove ogni giorno venivano preparate e distribuite grandi quantità di cibo. Dovevano essere stati approntati locali per macinare il grano, per cuocere le pagnotte di pane, per far fermentare l’orzo e ricavarne la birra; ci dovevano essere squadre di cacciatori che portassero le carni, macellai che le preparassero e cuochi che le cucinassero. Ma c’era anche bisogno di pescatori per pescare, pulire ed essiccare il pesce; falegnami per costruire e riparare gli attrezzi necessari per il trasporto delle grosse pietre. Ed inoltre un buon numero di portatori d’acqua, per dissetare gli operai anche nella fase di trascinamento delle pietre. Quindi una grande quantità di addetti non impiegati direttamente nella fase costruttiva.
Questa massa di persone incaricate della sussistenza, doveva in ogni caso provvedere anche al sostentamento della propria famiglia e dunque il paese era mobilitato per la costruzione delle piramidi, con grandi vantaggi per tutti. Dunque, oltre al villaggio per gli operai specializzati, i capimastri e gli scribi (che è stato in effetti ritrovato), nei pressi del cantiere doveva esistere pure un grande accampamento per tutti questi altri uomini addetti alle retrovie.
E l’archeologia ha fornito per l’appunto scoperte eccezionali.
Nel 1984 l’archeologo Mark Lerner è riuscito a realizzare la mappatura di tutta la piana di Giza, dove furono costruite le tre piramidi più note. Qui ha trovato i resti di un notevole insediamento umano, che si protrasse per molte decine di anni, con resti di enormi panifici con grandi vasi di creta, ampie vasche per impastare la farina, depositi per le vettovaglie; ma anche reperti relativi a forni, macellerie e pescherie, tutte di grosse dimensioni. Addirittura sono stati rinvenuti dei grandi dormitori all’aperto, per far riposare i lavoratori stagionali e quelli di supporto.
Ma ci sono anche da considerare tutta un’altra serie di accortezze che erano state previste nel cantiere: certamente dovevano servire forniture di olio, sia per cucinare che per le lampade, ma anche per ungere la pelle bruciata dal sole degli operai; ci doveva essere anche, perché no, chi si occupava dell’igiene dei lavoratori. Si può tranquillamente ipotizzare che ci fossero addirittura dei gabinetti portatili, realizzati per i bisogni di migliaia di uomini, che dovevano sapere dove andare per certe necessità, specie se si trovavano decine di metri in alto.
In sostanza oggi si ha la convinzione, sempre più provata, che la parte più complessa della realizzazione delle piramidi fu quella organizzativa e non quella strutturale vera e propria. Tutto il sistema produttivo, amministrativo ed organizzativo era fondamentale nella costruzione e doveva aver raggiunto altissimi livelli di efficienza.. La pianificazione ed il coordinamento di tutto il lavoro doveva essere opera di un solo uomo: l’architetto reale, che molto probabilmente era anche il Visir, in genere imparentato con il Faraone stesso. Ed il tutto veniva controllato dai militari, sempre presenti nel cantiere.
Nel 1992, a nord del villaggio degli operai, l’archeologo Zahi Hawass (sovrintendente alla piana di Giza) ha fatto una scoperta di eccezionale valore storico: ha rinvenuto due cimiteri, uno per gli operai e uno per gli artigiani qualificati. La cosa sorprendente è emersa dall’esame degli scheletri: infatti questi mostrano tutti logoramenti e strappi alle articolazioni ed uno aveva subito in vita diverse fratture, che erano state curate e guarite alla perfezione.
Il che vuol dire che c’erano dei presidi di pronto soccorso nei pressi del cantiere, con medici ed attrezzature a disposizione di chi si fosse infortunato e le lesioni venivano curate eccezionalmente bene per quei tempi. Questo posto di moderna ‘guardia medica’, doveva evidentemente essere attrezzato anche per tutti gli altri tipi di incidenti che si potevano verificare sul lavoro: non solo dunque fratture o ferite, ma anche insolazioni, morsi di animali velenosi, collassi, eccetera.
Per concludere, una ‘chicca’: probabilmente veniva curato anche il mal di denti! Questa affermazione scaturisce dall’esame di molti teschi provenienti da tombe situate nella piana di Giza, che furono attentamente analizzati negli anni settanta dal dentista Frank Filce Leek.
Nonostante fossero i crani di personaggi nobili proprio della quarta dinastia (l’epoca del Faraone Cheope), quasi tutti presentavano erosioni dentali ed avevano lo smalto consumato negli anni, a causa della presenza della sabbia nel pane, alimento che, come abbiamo visto, costituiva una parte fondamentale della dieta quotidiana di tutti gli operai, compresi i familiari del Re. Ed in alcuni teschi sono state riscontrate le prime cure delle carie dentali, con otturazioni fatte con zeppe di legno.
Nel ritrovamento di un cranio è stato addirittura riscontrato che tre denti della mandibola inferiore non erano quelli originali; infatti due denti esterni (veri), risultavano forati da un lato all’altro e dentro era stato fatto passare un filo d’oro, attorcigliato poi al dente di mezzo, che tratteneva i denti finti. Questa specie di ‘protesi dentaria’, il più antico esempio al mondo, fu infine conficcata nelle gengive.
Questo eccezionale esempio è abbastanza isolato, visto che a molte mummie, anche di Re, mancano diversi denti e non risultano tentativi di sostituzione con denti finti; si tratta in ogni caso di una prodezza tecnologica, considerando che lo smalto dentale è una delle sostanze più difficili da forare, ancora oggi.
Tutto ciò costituisce una prova delle conoscenze e delle abilità che gli egiziani avevano acquisito nel campo della medicina e della chirurgia durante la quarta dinastia faraonica, cioè circa 4500 anni fa, proprio quando si stavano costruendo le grandi piramidi.
E d’altronde oggi sembra abbastanza ovvio che, se gli operai che costruirono le piramidi fossero stati mal curati, mal nutriti e non retribuiti (con cibo, perché all’epoca non esisteva la moneta), non sarebbero stati in grado di lavorare con i pesanti ritmi che erano rigidamente previsti. Tutto il lavoro del cantiere sarebbe rallentato e la piramide non sarebbe stata mai ultimata nei tempi che erano stati previsti dal Faraone stesso, il loro dio in terra.


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