Ai primi di gennaio scontro fra due treni, un interregionale e un merci,
sulla linea Bologna-Verona. Diciassette i morti. Fra le vittime i quattro macchinisti.
La sciagura è avvenuta pochi chilometri prima di Crevalcore, a 25 chilometri
a nord di Bologna, in una zona avvolta da fitta nebbia. Circa 200 i passeggeri.
Vigili del fuoco, militari e protezione civile hanno lavorato per due giorni
per estrarre cadaveri e feriti dal groviglio di rottami
“Sono stato tra i primi ad arrivare stamattina e quando sono stato vicino a questa carrozza ho visto il massacro’’. è un racconto drammatico, la voce rotta dall’emozione, quello di Bruno Manfredini, 40 anni, un artigiano che abita a poche centinaia di metri dalla stazione di Crevalcore. Ai cronisti immediatamente dopo il disastro ferroviario nel bolognese, Manfredini ha detto che si trovava in macchina, a circa un chilometro in linea d’aria dalla ferrovia ed era fermo per un incidente causato dalla nebbia. A un certo punto “un gran fragore, come quello provocato da dei pezzi di ferro che cadono lungo una scarpata, e ho istintivamente guardato verso il cantiere di lavori sulla ferrovia’’. Manfredini si è allora diretto in auto verso la stazioncina di Bolognina di Crevalcore: “Ci sono arrivato dopo due o tre minuti - ha proseguito - e forse sono stato il primo dei soccorritori. Qualche istante dopo sono giunti i primi vigili del fuoco con le scale’’. “C’era gente morta dappertutto, proprio qui nel fosso - indicava l’uomo con le mani - ho visto il corpo di un ragazzo tagliato a metà. Poi, poco avanti a me, rannicchiata in mezzo ai cadaveri, ho notato una ragazza, seduta nel fosso; si lamentava di continuo, era senza vestiti, e aveva quasi il cranio in vista. Quella ragazza, se si è salvata, dovrà baciare la Madonna. Non sapevo cosa fare, allora ho staccato dai finestrini del treno alcuni pezzi di tenda e ho cercato di coprirla alla bene meglio’’. “Ma ovunque - racconta ancora Manfredini - c’erano cadaveri e sangue. Ho visto un signore mezzo incastrato su uno dei finestrini contorti, in alto sulla carrozza squarciata; un altro, con la testa schiacciata contro una lamiera, si lamentava perché non riusciva a respirare’’. “Sono quei momenti - prosegue il testimone - in cui si vorrebbe fare tanto, ma ci si sente impotenti, inermi di fronte al disastro. I Vigili del Fuoco e i soccorritori del 118 sono stati però bravissimi, e sono arrivati in pochissimo tempo’’. Manfredini, un uomo robusto, con due folti baffoni, non riusciva a controllare il tremore per l’emozione. “Le prime ambulanze - prosegue - sono arrivate però sulla parte opposta rispetto a dove mi trovavo io, dove credo ci fossero i passeggeri meno gravi. I morti e la devastazione erano quasi tutti da questa parte, sulla sponda sinistra della ferrovia rispetto alla direzione del treno’’. Per tutta la giornata successiva all’incidente 200 vigili del fuoco, assistiti da altrettanti uomini della protezione civile e volontari, hanno continuato a lavorare attorno alle lamiere contorte dei due treni. Sul luogo dell’incidente, dalla mattina stessa si sono alternate squadre di tecnici, complessivamente 60 persone, per il ripristino dei binari e della linea aerea. Tra le 7 e le 11 erano già stati sostituiti 80 metri di binari.
Le ipotesi sul disastro
Le ipotesi formulate dall’inchiesta - che è stata aperta contro ignoti per disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo - dovranno confrontarsi con la lettura dei dati che sono stati prelevati dalle due “scatole nere” dei convogli. E in particolare dalla cosiddetta “zona tachigrafica” che registra orario e velocità dei treni saranno collegate anche alle memorie elettroniche delle stazioni di Crevalcore, San Felice sul Panaro, e pure con quella della stazione di Bologna, che sovrintende al traffico in provincia. Le ipotesi sulle cause dovranno tenere anche conto o meno dei risultati degli esami autoptici, tossicologici e alcolemici che il Pm ha disposto sui corpi dei macchinisti dei due convogli. «Se emergesse un malore o qualcosa di simile saremmo fuori dell’errore umano», ha osservato un inquirente.
Polemica sulla sicurezza
Dario Balotta, segretario lombardo della Fit-Cisl, ha denunciato “il naufragio del programma di sicurezza annunciato da Cimoli nel 1998”, mentre Franco Fedele, della Filt-Cgil, ammonisce a “non gridare all’errore umano” perché “sarebbe cinico e semplice”. “Cimoli - dice Balotta - annunciò di voler mettere settemila chilometri di rete in Atc (Automatic trafic control). Ma la scorsa estate, quando si dimise, ne erano stati messi solo 240 chilometri. E il nuovo sistema di controllo della marcia del treno, Scmt, non si può usare perché sui locomotori non sono stati installati i computer”. Gli fa eco Fedele: “Da anni denunciamo i ritardi negli investimenti sulle infrastrutture e le tecnologie di supporto del macchinista. Nelle tratte come quella della tragedia tutto è affidato alla sola responsabilità umana, e ciò non è più accettabile”. Nella protesta dei macchinisti il dito è puntato sui vertici delle ferrovie”. Ezio Gallori, leader dei macchinisti, chiede per quale motivo “i dirigenti non hanno applicato le strutture di sicurezza che avrebbero impedito che l’errore umano si trasformasse in tragedia. Cinquant’anni fa, in caso di nebbia o scarsa visibilità, i segnali venivano sussidiati da petardi. Oggi quella segnaletica è stata pressoché abbandonata ma non è stata sostituita da altro”.
Le inchieste
A questo proposito il magistrato dovrà anche stabilire quali fossero i dispositivi di sicurezza a bordo del treno passeggeri. E capire cosa accade in caso di defaillance del macchinista. Su ogni treno a rischio sarebbe necessario il ripetitore del segnale in cabina, quello strumento che serve a tenere un’adeguata distanza tra due convogli innescando il blocco automatico dell’alimentazione in caso di superamento di un semaforo rosso. A condurre il treno c’è solo un macchinista, affiancato dal capotreno. Decisivo sarà l’accertamento tecnico che il pm ha affidato al professor Giorgio Diana. Il consulente scientifico, che è stato nominato dalla Procura di Bologna per la perizia sulle cause del disastro di Crevalcore, è direttore del Dipartimento di Meccanica del Politecnico e si è occupato delle consulenze tecniche di diversi incidenti ferroviari. Tra questi, quello del deragliamento del Pendolino a Piacenza (12 gennaio 1997, 8 morti 29 feriti), e del disastro ferroviario di Rometta Marea, nel messinese (20 luglio 2002, 8 morti e 47 feriti).
I magistrati bolognesi, con tutti i possibili accenti e sfumature sottolineano questi tre concetti: “come è successo, perché è successo e, soprattutto, cosa sarebbe servito per evitare la tragedia”. Degli interrogativi proposti dal titolare dell’inchiesta, il p.m.Enrico Cieri, è proprio l’ultimo dei tre quesiti che traccia la strada presa a tutta forza dalla Procura. L’indagine, come avevano lasciato intendere a caldo gli investigatori, andrà ben oltre il semaforo rosso ‘bruciato’ dall’interregionale ‘2255’ che a Bolognina si è disintegrato contro il merci ‘59308’. Un ammasso di ferraglia in cui sono rimaste stritolate diciassette persone, compresi gli uomini delle ferrovie (anche il macchinista al quale le prime ricostruzioni sembrerebbero attribuire - ma è tutto da verificare - l’errore dello stop non rispettato). L’inchiesta è quindi alle prime battute ma il pm spinge sul pedale della macchina investigativa consapevole del fatto che sono in molti ad attendere risposte in tempi brevi.
E in questo impegno la sintonia col procuratore capo Enrico Di Nicola è totale. Va letto in questi termini anche l’invito a nominare consulenti di parte per l’autopsia sui corpi dei quattro ferrovieri in servizio sui due convogli. Per tale esame è stato incaricato il medico legale Michele Romanelli; il consulente della procura potrà essere affiancato da quelli eventualmente designati da Trenitalia divisione Cargo, Rfi e dalle famiglie dei tre macchinisti e del capotreno.
Cioè, chiarisce la Procura, sono coinvolte ‘tutte le parti potenzialmente interessate all’inchiesta, che resta per il momento a carico di ignoti’. L’accertamento sarà svolto con la formula dell’incidente probatorio e le conclusioni potranno confluire in un futuro e ancora ipotetico dibattimento. Nel quale non è ancora chiaro quale ruolo avrebbero le già citate ‘parti potenzialmente interessate’.
Per tirare le conclusioni il dottor Romanelli chiede almeno sessanta giorni, il tempo tecnico necessario per portare a termine tutte le analisi.
Come ha ulteriormente ribadito il Procuratore capo Di Nicola. “Saranno fatti accertamenti con la massima attenzione per chiarire il come e il perché dello scontro fra treni e, visto che i macchinisti sono deceduti, a maggior ragione dovranno essere approfonditi tutti gli aspetti dell’incidente”. “Ho dato precise disposizioni — ha detto il Procuratore — e faremo tutte le domande necessarie e che noi riterremo più opportune. Andremo a fondo anche sui sistemi di sicurezza. Già ci sono tutti gli elementi per fare in modo che questa indagine giunga ad accertare la verità”.
Dopo aver acquisito le scatole nere dei treni, le memorie elettroniche delle stazioni, le testimonianze di una decina di passeggeri, i tiranti e la scatola di manovra di uno scambio danneggiato sulla linea, gli investigatori non cessano di raccogliere qualsiasi elemento. Entreranno nell’inchiesta anche i tabulati telefonici dei cellulari in uso ai ferrovieri, i fascicoli personali nei quali è trascritto il loro stato di servizio, le schede relative ai turni di lavoro effettuati, compresi eventuali straordinari. Tanti elementi per costruire un apparato d’indagine quanto più esaustivo, oltre il quale la verità non possa non venire a galla.
“Parlare di errore umano - precisa però il pm Enrico Cieri, - sarebbe ingiusto e improprio. Troppe le questioni ancora da verificare... Ci vorrà molto tempo, vanno confrontati i dati tecnici, visti i regolamenti e andranno ascoltati diversi testimoni. Qualunque deduzione, al momento, oggi sarebbe superficiale”.
Intanto, proprio per non lasciare nulla al caso, la magistratura ha disposto gli esami tossicologici e alcolemici sui corpi dei quattro macchinisti. E soltanto su loro l’autopsia sarà effettuata. “Si tratta di atti obbligatori, dobbiamo accertare - ha ribadito il magistrato - che al momento del disastro i macchinisti fossero in condizioni fisiche idonee”. Infine, per avere un quadro del terribile disastro anche dal cielo, un elicottero dei Vigili del fuoco si è alzato in volo per riprendere quell’orrore dall’alto. Solo dopo le riprese i due treni sono stati spostati dal binario maledetto.
Sin dai primi momenti sono emersi alcuni particolari sulla disgrazia: il capostazione di San Felice sul Panaro, dopo aver capito che il treno passeggeri aveva saltato il segnale rosso di stop e stava per andare a schiantarsi contro il convoglio merci, chiamò sul cellulare il macchinista dell’interregionale, senza ottenere però risposta. Forse l’impatto era già avvenuto. La testimonianza del capostazione è stata acquisita nell’inchiesta. Per la precisione, il capostazione avrebbe fatto due chiamate: al macchin ista e anche alla stazione di Bologna.
Saranno quindi le due ‘scatole nere’, dell’interregionale e del merci, che potranno dare informazioni utili per ricostruire la dinamica dell’incidente, sopratutto sulla velocità dei treni. Dalla zona tachigrafica che era sul locomotore in coda al passeggeri si dovrebbe ricavare il dato della velocità al momento dello scontro. Lo strumento è stato recuperato materialmente da due ingegneri con la collaborazione del personale delle ferrovie. Anche dalla lettura della ‘scatola nera’ del treno merci si dovrebbero chiarire molti degli interrogativi sulla tragedia.
“L’unica cosa certa è che un segnale rosso non è stato rispettato; ma, avvertono gli inquirenti, sarebbe davvero affrettato parlare di errore umano”. Il pm Enrico Cieri ha anche spiegato che solo dopo l’autopsia sui corpi dei macchinisti deceduti “si capirà quali erano le loro condizioni prima dell’impatto”. “Se si dovesse riconoscere - avverte Cieri - un caso di malore in uno dei macchinisti, sarebbe allora da escludere l’errore umano”. Il pm ha anche acquisito numerose testimonianze, mettendone a verbale una decina. Riguardo al tirante dello scambio sulla linea, vicino al punto di scontro fra i due treni, sarebbe stato escluso in quanto la sua deformazione non sembra avere avuto origine dell’incidente. Sembra, al contrario, che lo scambio sia stato esso stesso danneggiato per il passaggio del treno e non la causa dello scontro.
L’indagine del pm dovrà verificare anche quali altre sicurezze c’erano a bordo del treno passeggeri. In sostanza le indagini cercheranno di capire cosa succede in caso di errore umano del macchinista.
Il semaforo rosso
Le indagini si sono concentrate proprio sul semaforo rosso saltato dal treno interregionale. L’inchiesta di Cieri (ce ne sono altre tre, due del Gruppo Ferrovie dello Stato e una del ministero dei Trasporti) sembrerebbe aver stabilito che quel segnale di stop non sarebbe stato effettivamente rispettato». E conferma del rosso saltato, ci sarebbe proprio il tirante di quello scambio sulle rotaie deformato dal passaggio dell’interregionale. Prima del semaforo rosso, punto- invalicabile, comunque, quel treno doveva incontrarne un altro, giallo, che preavvisava della possibilità del rosso successivo e andrà quindi capito perché sia stato ignorato.
Il giorno successivo al disastro, quindi, con la supervisione di un collaboratore di fiducia del professor Diana, nel corso di un altro sopralluogo sui binari, uomini della Polfer e tecnici delle ferrovie hanno smontato e messo sotto sequestro il tirante dello scambio forzato dall’Interregionale e la scatola di manovra dello scambio stesso.
In questo quadro per il controllo dei sistemi di sicurezza sul materiale rotabile, viene alla memoria un episodio accaduto qualche mese fa: un locomotore lanciato in velocità sui binari, con nessuno alla guida, ha fatto una corsa cieca, in pieno giorno: un incubo di oltre un centinaio di chilometri: che è durato un paio d’ore. Il locomotore ha risalito l'Italia dalla Calabria alla Campania, incrociando stazioni e treni opportunamente bloccati di fronte a passeggeri attoniti. Una scena da thriller, avvenuta nella realtà fra la stazione calabrese di Longobardi e quella salernitana di Rutino. Unica vittima, un palo, contro il quale il locomotore (che era di proprietà di un'impresa privata), si è schiantato per la fine della folla corsa, quando finalmente i tecnici delle ferrovie sono riusciti a deviarlo su un binario morto.
Com'è potuto accadere? “Ho avuto un malore, sono caduto dalla cabina di guida” ha raccontato il macchinista. Le Ferrovie hanno aperto un'inchiesta. La magistratura pure. Col tempo arriverà una risposta, “ma intanto la rete ferroviaria chi e quando la controlla?” s'indigna Giustino Trincia, vicepresidente di ‘Cittadinanzattiva’, una combattiva associazione di consumatori. Appena un mese fa, l'associazione aveva presentato un allarmato dossier sulla sicurezza nelle ferrovie, segnalando 40 incidenti in nove mesi. “Spinta dall'urgenza di sistemare i conti, l'azienda ha ridotto gli investimenti sulla manutenzione della rete e sul materiale rotabile” accusa Trincia. Contrattaccano alle Ferrovie: i treni italiani sono tra i più sicuri in Europa. E si danno diffondono statistiche dalle quali risulta che gli incidenti sui binari italiani sono la metà di quelli che avvengono in Francia o in Germania.
Sulla carta, le Ferrovie italiane sono infatti un miracolo di puntualità, di sicurezza, di solidità finanziaria. Ma la realtà sembrerebbe un po’ diversa. Un esempio: la puntualità. Secondo la Trenitalia, società delle Ferrovie che si occupa del traffico passeggeri, appena dieci su 100 convogli regionali superano la barriera dei 5 minuti di ritardo. E nove su 100 fra Eurostar e Intercity tardano più di 10 minuti. Peccato che non lo sappiano in Lombardia. Lì, da un anno, la regione paga un bonus ai pendolari sfiniti dai ritardi. Nel solo mese di luglio migliaia di abbonati hanno maturato il diritto al bonus. Ai pendolari in viaggio sui vagoni delle Ferrovie Nord Milano (uno su tre, sul circuito regionale) nessun rimborso: i loro treni non hanno mai sforato l'indice di affidabilità della regione. Spiegano alla Trenitalia che un conto è far marciare 9.200 treni al giorno sui 16 mila chilometri di rete nazionale meno della metà a doppio binario), un conto è farne marciare solo qualche centinaio, come avviene per le Ferrovie Nord. Il guaio vero è che, su quelle tratte, viaggiano sempre meno passeggeri e meno merci, con treni semivuoti (52,9 per cento di riempimento su percorsi medi e lunghi, il 29,9 per cento sui convogli regionali).
I sindacati: carenze e linea obsoleta
Le “gravi carenze strutturali” in merito alla sicurezza, “hanno avuto un importante ruolo nel determinare” il disastro ferroviario di Crevalcore "al punto da poter essere individuate come concausa". Lo scrive “Orsa”, il sindacato dei macchinisti, in un esposto “sulla sicurezza della linea ferroviaria Bologna-Verona" consegnato in mattinata alla Procura del capoluogo emiliano. “Appare una grave omissione aver ignorato il fatto che sulla linea Bologna-Verona non sia stata introdotta alcuna nuova tecnologia di sicurezza - si legge nell'esposto di sette pagine - anzi è stata tolta definitivamente anche quella che c'era”. Nell'atto, che da giorini era già stato annunciato, il sindacato sottolinea “alcuni aspetti fondamentali, utili per una corretta valutazione sia della dinamica che del contesto in cui tale evento si è verificato”, non ultima la tesi sostenuta di “gravi carenze strutturali” in materia di sicurezza. Fra i diversi argomenti viene ricordato lo spostamento della segnaletica che sarebbe avvenuuto in diverse tratte, come nei pressi della stazione di Bolognina dove è avvenuta la tragedia: “siamo passati da 1.500 metri circa a poco più di 50 metri di distanza tra i due treni”. In queste condizioni, secondo l'Orsa, non vi sarebbe uno spazio di frenatura sufficiente per arrestarsi prima di incrociareun altro treno che sta giungendo in stazione dalla direzione opposta, rischiando così la collisione.
I macchinisti puntano il dito anche sulla rimozione della ripetizione segnali discontinua sostenendo che ciò conferirebbe una grave omissione di strumenti di sicurezza, dal momento che nessuna altra tecnologia è stata installata in sua sostituzione. Sotto accusa anche il Vacma, il sistema di controllo sulla guida del locomotore “che altro non è - sostiene l’Orsa - che un temporizzatore che obbliga il macchinista a tenere pigiato un pedale per poi rilasciarlo prima che siano trascorsi 55 secondi, per tutto il tempo in cui rimane alla guida”. Per il sindacato dei macchinisti non sarebbe da escludere che il suo utilizzo possa avere causato una distrazione nel momento cruciale per la visibilità del segnale, procurando un incremento dello stress e della fatica.
Nell'esposto dell’Orsa si chiede di prescrivere alla società Trenitalia “il ripristino degli equipaggi a doppio macchinista, a cominciare dai treni percorrenti linee a semplice binario non attrezzate con blocco automatico a correnti codificate e la rimozione delle apparecchiature Vacma dai mezzi di trazione e la prescrizione a Rfi di abrogare le delibere relative alle norme sul ‘macchinista unico’ : Si chiede inoltre di redigire un piano di programmazione e finanziamento per completare l'installazione della ripetizione segnali continua sulle linee a doppio binario, per portare a termine il raddoppio delle linee a elevata intensità di circolazione e di introdurre l'Scmt (sistema di controllo marcia, ndr) sulle linee a semplice binario.
“La linea sulla quale viaggiavano i due treni è ancora a binario unico e i lavori di raddoppio vanno avanti ormai da più di trent'anni senza che si riesca a capire quando e se termineranno”. Questa è la denuncia dei sindacati confederali dei trasporti Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uilt Uil, secondo i quali il sistema di controllo della circolazione sarebbe “uno dei più obsoleti esistenti”.
I sindacati dei ferrovieri chiedono una drastica accelerazione ai piani di ammodernamento tecnologico della rete e dei servizi ferroviari, che vanno sostenuti con investimenti adeguati. “Il piano di sviluppo sar completato - ha affermato il ministro Lunardi - e il governo ha trovato le risorse e ha appaltato le opere investendo molto per ammodernare e rendere sicure le nostre ferrovie che, secondo statistiche ufficiali dalla Ue, sono tra le più affidabili d'Europa”. Lunardi ha confermato che si continuerà a investire per completare i piani programmatici in materia di trasporti.
Hanno collaborato Luca Priolo e Consuelo Ciabattini
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C. C.
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I maggiori incidenti dal 1944
7 gen 2005 - Crevalcore (BO), l'interregionale 2255 ed il merci 59300 si scontrano all'altezza della stazione Bolognina, in località Ronchi di Crevalcore: 17 morti e 80 feriti.
2 dic 2004 - Taranto, scontro tra treni, 70 feriti di cui 2 gravi.
22 set 2004 - Potenza-Foggia, incidente sulla linea, due morti.
13 set 2004 - Cuneo, deraglia il treno da Torino, due morti.
16 mag 2004 - Genova, deraglia un treno: morta una donna, 38 feriti.
26 mar 2004 - Como - Milano, deraglia il treno, nessun ferito.
20 mar 2004 - Stresa, scontro tra treni, un morto e 37 feriti.
9 gen 2004 - Belluno, un treno percorre 25 chilometri senza guidatore.
18 dic 2003 - Viterbo, incidente ferroviario, due morti.
dic 2003 - Milano, incidente ferroviario con 14 feriti.
14 mag 2003 - Roma, scontro tra due treni, molti feriti
20 lug 2002 - Rometta Marea (ME), deraglia il Palermo-Venezia forse a causa di lavori di manutenzione della linea: 8 i morti.
12 gen 1997 - Piacenza, il "Pendolino" da Milano a Roma deraglia a 300 metri dalla stazione: 8 morti e 29 feriti. Fra i viaggiatori illesi c'è anche il Presidente Francesco Cossiga.
16 nov 1989 - Crotone (CZ), scontro tra un'automotrice e un treno locale: 12 morti e 32 feriti.
3 apr 1989 - San Severo (FG), il treno locale da Bari entra in stazione a velocità eccessiva: 8 morti e 20 feriti.
22 dic 1985 - Coronella (FE), un'elettromotrice tampona un treno merci che si ferma a un semaforo. Muoiono 10 persone e ne rimangono ferite 11.
21 nov 1980 - Fra le stazioni di Curinga ed Eccellente (CZ), un treno proveniente da Roma urta i vagoni sganciatisi da un treno merci proveniente da Catania: 20 morti e 112 feriti.
10 lug 1979 - Cercola (NA), scontro frontale fra due treni della "Circumvesuviana": 14 morti e 70 feriti.
15 apr 1978 - Murazze di Vado (BO), la locomotiva dell’espresso Lecce-Milano, per una frana, urta il rapido "Freccia della Laguna" Bolzano-Roma che deraglia: 48 morti e 70 feriti.
31 mag 1962 - Voghera (PV), scontro tra un convoglio merci e un treno viaggiatori 63 morti e 40 feriti.
8 mar 1962 - Castelbolognese (RA), il direttissimo Bari-Milano deraglia entrando in stazione, 13 morti e 80 feriti.
23 dic 1961 - Catanzaro, sulla linea da Cosenza, due chilometri prima della stazione, un vagone deraglia in curva all'imbocco del ponte sul torrente Fiumarella e finisce in un burrone: 70morti e 27 feriti. (Ferrovie Calabro Lucane)
2 marzo 1944 - Balvano (Potenza): il più grave in assoluto, il treno Salerno - Potenza si blocca in galleria per un incendio e 526 persone muoiono asfissiate
L. P
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