Un episodio del tutto imprevedibile nel massiccio schieramento di uomini che compongono il ferreo ‘mosaico’ della guardia del corpo del Capo del Governo.
Un’aggressione improvvisa e anche poco razionale quella del giovane muratore mantovano che, alla fine dell’anno in Piazza Navona, ha colpito il premier con un cavalletto per macchine fotografiche (immaginiamo comunque abbastanza leggero visto il minimo danno causato). Un gesto di cui non è dato capire se, e con quanta abilità, sia stato fatto, premeditato o no (o, al contrario, con quanta avventatezza) e, soprattutto, quale perverso concatenamento di circostanze in quei fatidici secondi sia stato il resoponsabile dello scombussolamento di tutto il complesso sistema di sicurezza che ha il compito della protezione del Presidente del Consiglio.
Nulla di grave per il premier sotto l’aspetto fisico, ma comunque pesante in se stesso il fatto per i suoi contenuti. Dalla lettura delle cronache sul ‘mi-sfatto’, diverse le interpretazioni o le spiegazioni. Da più parti cenni sulla qualità degli uomini della scorta, sulla loro preparazione professionale, sul loro numero e la loro disposizione che assumono nel corso dei movimenti in difesa del premier.
Tutte notizie, queste assolutamente non ufficiali e suscettibili di ampio beneficio di verifica. Per quanto ci riguarda non ci interessano né tenteremo approfondimenti tecnico professionali. Quello che ci preme sottolineare, invece, è quanto aleatorio sia qualsiasi apparato di sicurezza di un qualsiasi premier (e di episodi con esiti drammatici se ne contano davvero tanti, in ogni parte del mondo), e quando debba essere chiaro che una sicurezza assoluta, al di là di tanti uomini che vi si applicano con abnegazione, non esiste davvero.
Immaginiamo quindi quale costernazione, imbarazzo (o quale indignazione, pure), questi ‘superuomini’ - che sanno di rischiare in ogni istante anche la propria vita, quando hanno letto sui giornali commenti anche di fuoco su quel buco clamoroso in quel perfetto dispositivo che deve garantire la sicurezza del presidente.
A proposito di questa sicurezza che dovrebbe essere teoricamente assoluta, diamo solo qualche cenno molto generico sulle strutture che vi sono predisposte per la moderna difesa di un qualsiasi premier. Organizzazioni molto complesse dotate di tecnologie d'avanguardia, strutturate su diversi livelli e perfettamente organizzate. Il primo di questi livelli, definito come ‘nucleo centrale’, lavora in posizione molto prossima, quasi a contatto diretto, con la persona da proteggere. Uomini innanzitutto fidatissimi e con una preparazione specifica professionale e atletica, con compiti individuali e disposizioni ‘sul campo’ assolutamente segreti. Una sorta di ‘guardia presidenziale’ composta da militari o ex militari, o uomini delle forze dell’ordine, tutti addestrati per affrontare qualsiasi emergenza, anche le più impegnative.
Attorno a questo primo nucleo di vigilanza molto stretta, viene a sua volta applicato un secondo cordone di uomini altrettanto preparati e fidati con una disposizione più ampia, di ‘retroguardia’ si potrebbe definire, il cui compito è di vigilare dalla media distanza. Una terza fascia, a maglie molto larghe sorveglia infine da lontano l’intera struttura sul campo. Uomini dalle risorse eccezionali, uomini non appariscenti e anche mischiati tra la folla.
Il comando operativo di queste diverse squadre è generalmente affidato a un'unica testa che, in tempo reale, attravreso sofisticati apparati ricetrasmittenti, si mantiene sempre in contatto con tutti questi uomini, anch’essi dotati tutti di analoghi apparati per essere sempre collegati l’un l’altro. Un sistema di difesa funzionale e perfetto, quindi.
Di questo ampio ‘scudo umano’ i cui protagonisti operano sempre in stretto collegamento con il loro comandante, ben poco però traspare all’esterno. Quanti realmente questi uomini siano, e come si dispongano, nessuno ovviamente ne è a conoscenza: la segretezza anche su questi aspetti è massima e, soprattutto, il sistema di scorta viene di volta in volta articolato e organizzato in funzione dei luoghi e delle circostanze in cui la personalità da proteggere si muove.
Certo è, che in situazioni di concreto pericolo, probabilmente nulla di ciò che è successo in Piazza Navona si sarebbe mai verificato. In quell’infausto pomeriggio, invece, galeotto potrebbe essere stato il clima vacanziero della celebre piazza, o altrettanto galeotto, forse, l’impegno presidenziale assolutamente ordinario, forse una semplice passeggiata, oppure, come qualcuno ha scritto, una visita a un conoscente.
Comunque sia stato, la paura immediata per tutto il complesso apparato di sicurezza deve essere stata una violenta folgore, pur nella glaciale freddezza operativa che è propria degli uomini della scorta, e davvero a poco dovrebbe essere servito il sorriso divertito del capo del governo che probabilmente, sul momento, potrebbe anche non avere bene intuito in quale pericolo avrebbe potuto incappare.
Il peggio, inoltre, questi supermen della scorta, lo dovrebbero avere sopportato la mattina successiva quando Rino Barillari, il celebre fotoreporter del Messaggero avvezzo ad affrontare – certo con garbo, ma sempre ma con la sua micidiale macchina fotografica in mano - anche un duro ‘confronto’ con loro che, certo, in quel momento non dovrebbero essere stati granché disponibili a concede spazio a chicchessia. Soprattutto a chi voleva soddidfare da quanto più vicino possibile qualche curiosità sul premier mentre usciva di casa in tenuta casual. Nelle foto, infatti, scattate con velocità e destrezza, ben in evidenza appare quell’ormai famosissimo cerottone che già i quotidiani, sia pur con immagini, poco chiare avevano tutti piazzato in prima pagina.
Anche qui non è dato sapere come Barillari sia riuscito nella sua incursione fotografica in mezzo a questi uomini, distinti nell’aspetto ma certo ‘duri’ nella sostanza... a meno che i capo del Governo, con suo atteggiamento abbia fatto loro capire che potevano ‘lasciarlo fare’…
Una risposta in questo senso, infatti, la si può forse intuire nell’aria divertita che il Capo del Governo ha avuto durante la inopinata incursione fotografica del ‘king’, il re dei paparazzi, come Barillari stesso ama definirsi.
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