Per avviare una piccola rubrica sugli amici dell’uomo pubblichiamo una poesia di Sarina Aletta in ricordo di Antonio Crast. L’attore friulano scomparve all’improvviso nel 1984 mentre si trovava nell’area archeologica dei Torre Argentina, nel cuore di Roma, per un suo consueto appuntamento ‘alimentare’ con i mici di quella colonia che da sempre vive tra gli antichi ruderi.
Al centro della trafficatissima piazza, alcuni metri al disotto del livello attuale, si stende quest’area denominata ‘del campo di Marte’. Al centro quattro templi che vennero alla luce negli scavi tenuti dal 1926 al 1930 e costituiscono uno dei pochi complessi archeologici di epoca repubblicana, IV e III sec. a.C. Dietro ai templi alcune rovine di tufo e laterizi appartengono a un edificio annesso al teatro di Pompeo dove venne probabilmente ucciso Giulio Cesare. Fra questi ruderi prospera appunto la più importante colonia di gatti della capitale, sostenuta dal comune e da tanti affezionati ai piccoli animali. Crast era uno di loro.
Nato a Parenzo nel 1911, in Istria, Crast esordì nel 1932 e recitò nelle maggiori compagnie e formazioni stabili, tra l'altro con Ermete Zacconi, A. Moissi, G. Adami, T. Pavlova, il Piccolo Teatro di Roma.
Interpretò diversi ruoli del teatro classico (Alfieri, Calderón, Shakespeare) e moderno (U. Betti, T. Pinelli, D. Fabbri, T.S. Eliot). Si affermò tra il 1949 e il 1953 lavorando con il regista O. Costa (Don Giovanni di Molière, Macbeth di Shakespeare), di cui divenne attore prediletto. In seguito lavorò con il Piccolo Teatro di Milano (Riccardo III e La dodicesima notte di Shakespeare). Dopo una lunga esperienza al Ridotto del teatro Eliseo a Roma con Giusi Raspani Dandolo e Mario Scaccia, si ritirò dalle scene ancora giovane per dedicarsi alla formazione di giovani attori.
A Roma
tra gli echi dell’Ara Sacra
in Largo di Torre Argentina
Una lapide d’amore per Antonio Crast
attore veneziano di Trastevere
morto qui in una chiara mattina
tra i suoi cari amici mici
che lo celebrano ogni giorno
nell’ora del pasto
all’ombra del Teatro
presso la bianca lapide
invisibile.
Sarina Aletta
Foto di Marco Mercuri
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