Il prof. Franco Di Silverio su terapia e successi
italiani nella lotta contro un male falcidiante
Ha due facce il tumore, la “malattia del secolo”, oggi non più invincibile. Due facce: si registrano più casi, sia per l’aumento dell’età, che per i fattori personali e ambientali di rischio, parallelamente aumentano le guarigioni e migliorano le cure. Quale che sia l’organo colpito, o la forma del tumore, gli interventi risultano più efficaci. Si è fatta strada l’idea della prevenzione, sia da parte dei pazienti che dei medici, grazie anche a una massiccia informazione diffusa dalle televisioni, dai quotidiani, dalle riviste e dalla stampa specializzata. Gli ospedali sono più attrezzati, più efficienti. Il personale è più attento.
La scienza sta dedicando grande attenzione al tumore alla prostata, esclusivamente maschile, che può insidiare l’uomo nel pieno del vigore fisico, a partire dai 40 anni. Non c’è da meravigliarsi se i maggiori specialisti, gli urologi, annunciano per chi ha avuto una diagnosi di cancro alla prostata, una “doppia novità” proprio per rispondere alla “doppia faccia” del male: gli interventi preventivi per chi è a rischio soprattutto per motivi di familiarità (cioè chi ha altri casi nell’ambito familiare) e gli interventi di cura per chi è già stato colpito dal male.
Gli annunci vengono dal prof. Franco Di Silverio, primario di urologia all’Università di Roma “La Sapienza”, un antesignano in questo campo che già nel 1975 brevettò la prima terapia ormonale contro il cancro alla prostata, un “pool” di farmaci adottato dai protocolli di tutto il mondo. Quel prodotto, affinato e perfezionato, basato su una sostanza che si chiama “Citoprotene acetato”, è oggi disponibile sul mercato europeo. Spiega Di Silverio, un abruzzese che ha anche la passione per i costumi, gli oggetti, gli arredi, gli attrezzi della civiltà contadina, da lui sistemati in un museo. “Si tratta di un nuovo farmaco ad azione rapida e prolungata. Basta un’iniezione al mese. è una molecola antagonista degli ormoni ipotalamici. In termini chimico-farmaceutici questa sostanza è l’unico antiandrogeno che ha anche un’azione diretta sul centro della termoregolazione prevenendo le frequenti vampate, cui anche l’uomo, come per altri versi e altre situazioni la donna, va incontro in seguito all’uso di farmaci analoghi”.
Grazie a questo medicinale, all’inizio accolto con scetticismo, i tumori alla prostata, organo e male maschile, hanno rallentato il loro esito mortale. è stato sperimentato in tutta l’Europa e in Italia e la sua funzione principale è quella di “antagonizzare – insiste Di Silverio - le gonadotropine rilasciate dagli ormoni ipotalamici. La terapia è tuttavia da preferire per quei pazienti che si trovano in uno stadio avanzato della malattia”.
A che punto siamo dunque nella lotta alle malattie prostatiche?
L’affezione benigna (l’ipertrofia che deve già far scattare l’allarme e mettere in moto i controlli periodici) interessa l’80 per cento degli uomini dai 40 anni in su e colpisce indistintamente nel popolo e tra i vip. Significativi sono stati, negli ultimi tempi, i casi di un noto premier o di celebri attori che, per un verso o per l’altro, hanno scelto con determinazione di non tacere, di non nascondere al fine di dare a tutti una testimonianza significativa di lotta contribuendo così a lanciare l’appello a controllarsi per prevenire.
“Il tumore alla prostata – rende noto il prof. Di Silverio – è in continua crescita. Ogni 100 mila abitanti vi sono 55 casi nuovi ogni anno. Ma per fortuna il tasso di mortalità è in discesa in tutto il mondo. Questo trend positivo interessa anche il nostro Paese, così come l’Europa intera e va ascritto ai test che facciamo, alla costante azione di prevenzione e alle cure con i nuovi farmaci”.
Quali sono i momenti di questa strategia antiprostatica?
Oggi è possibile sapere quali saranno gli uomini che svilupperanno la neoplasia. La scienza ce lo consente. Ci basiamo sulla familiarità e sul livello del PSA, l’antigene prostatico specifico che rivela la duplicità cellulare, cioè la benigna o la maligna. Non è l’unico e non esclusivo Questa è la prevenzione, che si basa su un’organizzazione terapeutica molto precisa. I controlli devono essere periodici perché equivalgono a gesti salva-vita. Nel momento in cui il cancro si manifesta, scatta un secondo livello.
In che consiste?
Bisogna incominciare a bonificare il microambiente biologico, così come si fa con un terreno dove devono crescere le piante. Abbiamo individuato i componenti che costituiscono la zona in cui la cellula vive. Nel caso del tumore alla prostata sono quattro. Il compito dunque è quello di impiegare i farmaci cosiddetti anti-ambiente. Alcuni, ad esempio, sono antinfiammatori, come quelli prescritti per l’artrosi. Stiamo lavorando su sostanze che fanno terra bruciata intono al nemico che avanza: il cancro. Questo vuol dire scegliere i farmaci giusti, i farmaci che aiutano anche a prevenire l’insorgenza del cancro”.
Il nuovo farmaco quali risultati consente?
Il farmaco, approvato dalla famosa e rigorosa FDA , l’Agenzia americana (Food and Drugs Administration), è stato sperimentato, tra l’altro, in un trial multicentrico di Fase III, con l’arruolamento di 269 pazienti con carcinoma prostatico allo stadio 1 e 2 , controllati ogni 28 giorni. Nessuno dei pazienti trattati ha presentato all’inizio aumenti di livello del siero del testosterone, ciò che invece si verificava con il farmaco messo a confronto, Anche i livelli mediani degli altri ormoni si riducevano significativamente dal secondo giorno sino al giorno 169. In sostanza la terapia con questi analoghi rappresenta in questo momento la più efficace castrazione medica nel paziente con carcinoma prostatico. La sopravvivenza totale del paziente, o l’assenza di malattia è discutibile, ma - sostiene Di Silverio – l’impiego di questa terapia è pienamente giustificato. Tuttavia gli effetti a lungo termine debbono essere valutati con opportuni studi comparativi.
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