Il futuro della scienza medica passa attraverso la tecnologia informatica.
Ne parla il professor Emaluele Lezoche, leader della “European Association Endoscopie Surgery”
Da Venezia, al tredicesimo congresso della Società europea di chirurgia endoscopica, i chirurghi europei (e non solo, essendo in preparazione il congresso mondiale a Città del Messico) hanno definito le linee degli interventi da compiere mediante la più avanzata tecnologia, cioè sonde, fibre, bisturi, forbici e pinze che penetrano nel corpo umano e agiscono come robot, evitando laceranti ferite, sanguinamenti e conseguenti cicatrici, lunghe degenze e assenze dal lavoro e dalla vita attiva. E' la nuova frontiera.
Leader dell'"European Association for Endoscopie Surgery" è Emanuele Lezoche, docente e direttore della scuola di specializzazione del Policlinico dell'Università "La Sapienza" di Roma. "Oggi - dice il professore - sta emergendo la chirurgia mini invasiva. E' il futuro. Si utilizzano le vie d'accesso naturali, evitando incisioni e cicatrici. Ad esempio, nelle forme non avanzate di cancro del retto, la chirurgia "endoluminale" transanale, con l'impiego della chemioradioterapia, assicura risultati clinici ed oncologici sovrapponibili a quelli della chirurgia tradizione, che però è demolitiva. Si assicura la conservazione degli organi e si evitano protesi temporanee o definitive. La qualità della vita del paziente è nettamente migliore.
Come si procede?
“Abbiamo modelli matematici tecnologicamente perfetti che simulano gli interventi e assumono la funzione di pinza o di forbice o bisturi. Quando penetriamo nel corpo del paziente con le fibre ottiche abbiamo nel computer il quadro della situazione e possiamo procedere tra varie opzioni, tagliando un vaso o un dotto biliare. E' un sistema fortemente innovativo. Si pensi ai piloti. Prima di guidare l'aereo fanno training sul simulatore. Lo vidi la prima volta in un museo a Minneapolis. Nell'avionica questo processo è stato avviato da tempo. Noi siamo ancora all'alba. Però è molto valido nella didattica. Oggi è così che insegniamo agli studenti. Sullo schermo c'è la realtà del paziente. Quindi il campo è virtuale sì ma corrisponde a una realtà oggettiva".
Quali sono i vantaggi?
“Non c'è intervento addominale che non possa essere eseguito con queste tecniche. In termini di fattibilità non ci sono dubbi. In termini di utilità alcuni interventi sono diventati "gold standard", ottimali. Sono quelli dei vasi biliari, della colecisti, del colon.
Questi interventi sono anche etici? Chi ci guadagna tra il medico e il paziente?
“Per il medico è stressante operare con tecniche consuete anziché con quelle tradizionali. Faccio un esempio che non deve sembrare assurdo: è più facile mangiare con le mani, con la forchetta, o con le bacchette cinesi? Comunque la pensiamo noi italiani, con le bacchette che sono l'evoluzione tecnologica. E ancora più con le mani, come accadeva fino al Seicento e come fanno i bambini”.
E la struttura è stressata?
“Dal punto di vista finanziario, dei capitali, sì. Però la vita è una continua evoluzione tecnologica. Ma anche i sistemi e le tecniche di tutela della vita si evolvono. Quindi la tecnologia in campo medico-chirurgico non si ferma”.
Le difficoltà quindi possono essere superate?
“Sì, perché alla lunga i costi si ridurranno. Con la chirurgia tradizionale, il paziente stava quasi un mese in convalescenza. Oggi appena una settimana. Quindi è reinserito nel ciclo produttivo. Che significa? Che il costo sociale di 3-4 settimane risulta sempre minore fino ad essere completamente abolito in termini globali. Dopo 36 ore dall'intervento vai a casa”.
A queste nuove tecnologie come sono interessati ospedali e ciniche?
“Dipende dalla lungimiranza delle amministrazioni. Spesso qui in Italia si spende male, oltre che poco, perché la logica della spesa non sempre nasce da esigenze ma da altri fattori, magari di tipo politico”
C'è un censimento delle attrezzature?
“Quando si passò dalla carrozza alla macchina, la macchina è arrivata dappertutto. In medicina in alcuni posti si fanno alcune cose, in altre di più. Ma la standardizzazione, sebbene gradualmente, arriverà”.
Qui al Policlinico della Capitale, spesso indiziato di degrado, quale è la situazione?
“Le cliniche universitarie sono dotate di attrezzature acquisite con i fondi della ricerca. Purtroppo qui per molti anni non si è proceduto al rinnovo tecnologico. Quindi siamo rimasti arretrati. Sta alla capacità di ognuno organizzarsi con forme di finanziamento alternative per portare un beneficio sociale che oggi non si può non dare al paziente. Ma non si può non ricordare che abbiamo avuto gestioni non delle migliori. Con altrettanta chiarezza devo dire che qui ci sono competenze eccezionali, spesso sottostimate dai massmedia”.
Altrove che succede?
“All'estero in certe cose gli Stati Uniti sono più indietro di noi. Molto dipende dagli amministratori e dalle strutture. Ad esempio, si fa più chirurgia colonrettale innovativa in Italia che non in Usa, proporzionalmente alle due realtà numericamente diverse”.
E il medico, infine, come si pone di fronte alla nuova tecnologia?
“Con un atteggiamento positivo, con sapienza e ingegno e,in certo qual modo, anche con un senso di sfida. La nuova tecnica, infatti, è solo una diversa via d'accesso. Per entrare in una caverna, prima si faceva un buco e si andava a tastoni o con fiaccole, oggi per esplorare le piramidi, le tombe e altri monumenti si introducono le fibre ottiche e poi si cercano le porte d'ingresso. Per ora questa tecnica non si esaurisce nell'accesso, come all'inizio, ma diventa operativa, diventa atto chirurgico. Siamo in una nuova dottrina, in una nuova era”.
Nella foto: il professor Emanuele Lezoche, European Association Endoscopie Surgery
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