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Del seguente articolo:

/2006 -
Giornata della memoria
Elisa Ragionieri

Un film diretto da Mimmo Calopresti sugli atroci racconti di nove cittadini italiani sopravvissuti nel 1945 alla deportazione e alla prigionia nei campi di sterminio di Auschwitz. Sullo schermo la loro allucinante vicenda, dal momento dell’emanazione delle leggi razziali in Italia, agli inutili tentativi di fuga, dalla deportazione alla separazione dalle proprie famiglie, fino alla miracolosa liberazione con l’arrivo dei soldati alleati



Gli orrori del lager di Austchwitz sono stati raccolti in un film diretto da Mimmo Calopresti e prodotto da Gagè Produzioni e Wildside Media, in coproduzione con Rai Cine-ma, Ventura Film, e RTSI_Televisione svizzera e in collaborazione con il Comune di Roma. La pellicola è stata distribuita nelle sale cinematografiche in occasione della “Giornata della memoria”. Il lavoro è stato realizzato da Steven Spielberg e dalla USC Shoah Foundation Institute for Visual History and Education.
Con le interviste ai sopravvissuti in "Volevo solo vivere" di Calopresti (il regista è il fiduciario in Italia di Steven Spielberg e sta curando il museo della Shoah a Villa Glori) appaiono i volti segnati dal passato di Andra Bucci, Esterina Calò Di Veroli, Nedo Fiano, Luciana Nissim Momigliano, Liliana Segre, Settimia Spizzichino, Giuliana Tedeschi, Shlomo Venezia, Arminio Wachsberger.
Sarebbe riduttivo definire ‘documentario’ l'opera del regista nato in Calabria e formatosi a Torino, che ha anche firmato fiction Rai come "Paolo ha un lavoro" e film come "La parola amore esiste" e "Preferisco il rumore del mare". Il suo lavoro è una narrazione concatenata e drammatica delle vicende legate dai documenti filmici e dalle crude testimonianze che ne sono nate di fronte alle quali il regista afferma di essersi anche autocensurato.
Perché?
"Perchè era facile e anche plausibile, di fronte a tutto quell'orrore, cedere all'impulso di mostrare gli aspetti più orridi e più dissacranti della dignità umana. Ho dovuto credere all'incredibile. Lo sforzo maggiore è stato quello di ascoltare. Mi sono meravigliato di questa mia capacità di ascolto, anziché di intervento. E in quel momento mi sono sentito orgoglioso di fare cinema. Credo che questo mio film risponde a un cinema d'inchiesta che dopo Rosi e Petri non c'è più e che stiamo aspettando che torni. Un'occasione sarà fornita dalle pellicola che si baserà sul libro "Il Ritorno" di Primo Levi cui sta lavorando Davide Ferrario".
Vi sono episodi particolari nel film?
"Alcune parole si ascoltano per la prima volta. Ad esempio, Shlomo Venezia, che partecipò alla Resistenza greca, e al campo fu addetto al "Sonderkommando", la cremazione dei corpi, ha superato lo shock solo nel 1979 e solo allora ha rievocato le tragiche vicende".
Come e dove è stato raccolto il materiale?
"Abbiamo consultato archivi in molti Paesi: in Italia, in Svizzera, in Germania, in Gran Bretagna, in Polonia, negli Stati Uniti e in Israele. In Italia, oltre all'Istituto Luce, abbiamo attinto all'Archivio nazionale cinematografico della Resistenza, al Centrp di Documentazione ebraica e a quello 'Audiovisivo del Movimento operaio e democratico".
In che rapporti è con Spielberg?
“Da tempo collaboro con Steven. Sul tema specifico sono il suo principale collaboratore in Italia. Steven ha creato nel 1994 la "Shoah Foundation", che ora fa parte della facoltà di lettere in California, per videoregistrare e preservare le testimonianze dei sopravvissuti e per contrastare ogni intolleranza e integralismo. Ma anche per superare le sofferenze”.
Quante testimonianze sono state raccolte?
“Sono ben 52 mila quelle videoregistrate in 56 Paesi e in 32 lingue. Saranno accessibili al più ampio pubblico. Saranno sviluppati programmi educativi”.
E in Italia?
“Dal gennaio 1998 abbiamo intervistato più di 400 sopravvissuti in moltissime città e non solo di ebrei, ma a Roma e a Sinti, anche soccorritori e altri prigionieri politici”.
Che si ricava da questo film?
“Un grande insegnamento per esortare alla tolleranza, al superamento degli odi razziali e religiosi e un avvertimento perché simili tragedie non si ripetano. Perché in nessuna parte del mondo si verifichi mai un'industria di morte quale è stata quella dei lager nazisti”.



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