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Del seguente articolo:

/2006 -
"Il soffio sulla spalla” Roberto Vignoli, arte, revolverate e mistero di morte sull’asfalto
Saverio Lombardo

Nelle prime pagine dei classici del poliziesco, da sempre ci si aspetta di imbattersi in un cadavere. Nel libro di Roberto Vignoli “II soffio sulla spalla”, la vittima, anzi le vittime, sono invece i quadri di un pittore contemporaneo. A innescare l'intreccio, movimentato da svolte a sorpresa, è un episodio che ha per teatro la Galleria d'Arte Moderna di Roma. Nel corso dell'inaugurazione di una mostra celebrativa di un pittore da poco scomparso, una donna irrompe tra la folla e spara sulle tele esposte.
E' l'inizio di un romanzo del più nobile genere del giallo: quello che non si affida solo a una trama ben costruita ma intende indagare, attraverso l'azione del suo protagonista - in questo caso il giovane vicecommissario Giulio Martinelli alla sua prima inchiesta - nelle pulsioni e nei sentimenti delle persone, mettendo a nudo ambizioni e meschinità, rancori consolidati e passioni non contenute.
La storia, un plot aggrovigliato sullo sfondo dei decenni più sofferti della società italiana, dalla guerra ai tempestosi anni ‘60, vede il giovane investigatore sollevare una serie di veli polverosi che aprono scenari nuovi e inquietanti. Il muro iniziale di omertà e silenzi si disgrega via via fino a dissolversi del tutto. E' la stessa vita di Martinelli, che si preannunciava 'normale'- con un matrimonio e un futuro felici - ad esserne profondamente intaccata. Scopre sempre nuove realtà che alimentano antichi dubbi e gli fanno percepire un mondo che non conosceva; perde, quasi in parallelo con le vicende dell'inchiesta, tutte le sue illusioni e cade anche lui nelle trappole dell'amore, e, pur avvertendo un vuoto interiore, conquista maturità e consapevolezza.
La conclusione è scopertamente simbolica. La realtà che ci circonda va analizzata e interiorizzata per riuscire a comprende il senso della vita.

“Quando all'interno della Galleria Nazionale d'Arte Moderna si udì uno sparo, per le strade di Roma un maggio sereno profumava l'aria di primavera. E la temperatura sembrava lontana dalle stranezze dei marzo e degli aprile che avevano costretto la gente a inventare strani modi di vestire, come la giacca di lana sulla camicia a maniche corte. Un tepore dolce accarezzava le persone, le faceva camminar piano nei viali di ghiaia della vicina Villa Borghese, in quel maggio del 1963.
Da una settimana era stata inaugurata nella Galleria la mostra monografica su Luigi Castilenti. Il pittore veniva celebrato nel primo anniversario della sua morte e le sue opere, perlopiù nudi di donna, erano illuminate in modo che i riflessi disturbassero la vista.
I visitatori erano numerosi e si soffermavano davanti alle pitture a olio formando piccoli gruppi. C'era una signora protesa col busto oltre il cordone di protezione, come se i quadri andassero guardati col microscopio, o l'odore fosse la chiave nascosta per la giusta lettura. Gli altri cercavano di vedere qualcosa alzandosi sulla punta dei piedi o piegandosi su un fianco. Quelli bassi s'intrufolavano come meglio potevano per guadagnare una buona posizione.
Nessuno era sicuro di aver riconosciuto quel rumore. Lo sparo aveva scosso quest'amenità ma, invece di pensare a fuggire, la gente che affollava le sale dedicate alla mostra monografica si guardò con aria interrogativa. Tutti volsero gli sguardi verso le uscite del museo, perplessi più che preoccupati. Da una delle sale arrivarono correndo visitatori che fuggivano, e seguirono altri spari, almeno una decina, forti come tuoni per l'eco dei grandi spazi. Allora alcuni si rifugiarono nel gran cortile centrale, altri corsero nella toilette, altri ancora s'infilarono nelle stanze dedicate alle pitture risorgimentali di Giovanni Fattori che in genere erano le meno frequentate.
Una donna armata di rivoltella sparava sui quadri e vetri e cornici andavano in frantumi, le schegge volavano da tutte le parti, la gente in buona parte urlava e restava immobile perché non si ricordava da che parte si poteva fuggire, anzi per la paura non si ricordava proprio niente.
"Levatevi dall'uscita e accostatevi al muro", gridò perentoria la donna agitando la pistola per aria, e poi puntandola su un fianco di uno dei custodi, diventato un ostaggio ad alto rischio che faceva ubbidire tutti gli altri, che infatti improvvisamente tacquero e obbedirono. I bambini, con le lacrime già quasi asciutte sulle guance, la bocca aperta e gli occhioni spalancati, assistevano affascinati.
La donna poteva avere una quarantina d'anni.... Indossava abittrasandati, una lunga gonna di lana, un maglione e una giacca...”



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