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Del seguente articolo:

/2007 -
Il dibattito su futuro e ambiente
Foibe, la forma della memoria
Jenny Delle Donne

Giuseppe Mannino, coraggioso
e creativo impegno dell'arte

C'è il dolore di allora, e c'è la memoria che è giusto e doveroso conservare oggi, nelle figure e nei volti modellati e dipinti da Giuseppe Mannino. Le sue opere, danno voce, in modo coraggioso e profondamente "etico", vorrei dire anche partecipato e sofferto, a un dramma troppo spesso dimenticato: quello delle foibe. Eppure, lo ha detto bene il Presidente Ciampi, è un dramma che insieme a quello dell'esodo dei giuliano-dalmati, fa parte di un passato che ci appartiene, che appartiene alla storia italiana. Se una necessità abbiamo, è quella di leggere insieme e di far conoscere, in primo luogo ai giovani, tutte le pagine della nostra vicenda nazionale, comprese quelle più dolorose, quelle per troppo tempo rimosse. Queste opere, oltre al loro intrinseco valore artistico posseggono, appunto, questo di più: hanno il merito dì contribuire a saldare un debito di conoscenza, un debito verso la nostra storia. Con queste parole, Walter Veltroni, Sindaco di Roma presenta il lavoro di Mannino sul dramma delle foibe teso a “ridare un volto di dolore a chi se lo è visto strappare con la violenza per essere annientato e dimenticato”, come scrive Gabriele Simongini nel catalogo.” Arte come testimonianza, resurrezione, speranza”, queste la sensazioni che prova il visitatore alla mostra allestita al centro culturale della “ Wellness Town”, una delle operazioni creative e più coraggiose, eticamente alte” viste negli ultimi anni. Il messaggio di Mannino, poeta, scultore e pittore, è ben di più di un evento artistico, è “un atto di giustizia verso gente crudelmente massacrata e al tempo stesso un giudizio di condanna neo confronti di chi per anni ha colpevolmente taciuto su questa immane tragedia”.
All’inaugurazione della mostra anche un testo di Ennio Calabria che ha sottolineato quanto le opere di Mannino “restituiscono giustizia a quelle vittime, perché ne immettono il dramma vivo nel vivo presente della nostra viva coscienza. In genere la memoria di una lontana tragedia, entra gradualmente nel fiume opaco e monotono che trascina ciò che si è separato dalla nostra coscienza. Ma ciò che si separa dalla coscienza, si sottrae al "tempo" e si fa "atemporale" e quindi "metastorico". Solo l'arte riesce a strappare all'atemporalità ciò che ormai la coscienza viva aveva perduto e a riconsegnarlo al suo presente atto di responsabilità. Questa rissa di fantasmi dolorosi deriva dal confuso, emergenziale ridestarsi della memoria sepolta in Mannino ed in noi”
“Per più di mezzo secolo coloro che avevano il dovere di ricordare ed onorare migliaia di vittime si sono "infoibati" - ha detto Mannino nel corso della presentazione - , guardando altrove, umiliando coscienze e dignità e negando alla memoria l'eticità insita in un eccidio talmente vergognoso e disumano, che gli stessi autori hanno tentato con spregevole ingegno creativo di nascondere. Hanno però dimenticato che la memoria non muore in 60 anni, anzi non muore mai e il lungo oblio l'ha rivitalizzata in tutta la sua portata morale. La mia mostra vuole essere un modesto, ma significativo evento culturale, con l'intento di coinvolgere uomini e donne di cultura ad affermare senza incertezze che le vittime degli eccidi di massa sono tutte uguali ed hanno pari dignità, poiché non c'è peggiore favore che si possa fare ai carnefici, che quello di voler capire le ragioni per cui hanno agito, come affermava Primo Levi. Per tutti gli eccidi di massa non ci sono né motivazioni da ricercare, né giustificazioni da dare e il silenzio diventa connivenza con i loro autori. Non serve neppure cercare di capire perché in tanti anni si è preferito il silenzio allo sdegno. C'è solo una cosa da fare: esprimere esecrazione per gli eccidi, tutti gli eccidi, affinché non accadano più”


FOTO: Giuseppe Mannino con la figlia Alessandra all'inaugurazione della mostra che è stata allestita su progetto dell'architetto Massimo Domenicucci


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