Niente pubblico per gli stadi che rispondono alle norme di sicurezza. È forse la disposizione più eclatante che viene confermata nel testo del decreto-legge contro la violenza negli stadi, messo a punto dai Ministri dell'Interno, della Giustizia e delle Politiche giovanili, approvato nel Consiglio dei Ministri convocato in via eccezionale mercoledì 7 febbraio 2007. Il decreto è stato pubblicato nella gazzetta ufficiale 32 dell'8 febbraio ed è già in vigore.
In particolare il decreto interviene su più fronti: sarà il prefetto che, in base alle indicazioni fornite dall'Osservatorio sulle manifestazioni sportive, deciderà in quali stadi si dovranno svolgere le partite di calcio senza pubblico, perché non a norma con le misure di sicurezza; viene inoltre vietata la vendita di blocchi di biglietti per i tifosi in trasferta; inasprite le pene per coloro che lanciano razzi e petardi e utilizzano mazze e bastoni in occasione di partite di calcio, sia allo stadio che nelle immediate vicinanze, e ad essi può essere comminata la pena della reclusione fino a quattro anni; viene trasformato in delitto il reato contravvenzionale di mero possesso di razzi o petardi o mazze e bastoni in prossimità degli stadi, prevedendo la specifica sanzione della reclusione da sei mesi a tre anni; entrambe le ipotesi vengono applicate sia nel corso degli eventi sportivi che nelle 24 ore antecedenti o successive le partite; verranno utilizzate misure di prevenzione personale o patrimoniale contro associazioni o club nei quali sono evidenti i favoreggiamenti di tifosi violenti; infine viene dilatata fino a 48 ore, dalle attuali 36, il periodo di cosiddetta "quasi flagranza": il tempo entro il quale le forze dell'ordine possono procedere all'arresto dei responsabili delle condotte illegali dopo la verifica di filmati e così via.
D.A.SPO. e l’ acronimo di "Divieto di Accedere alle manifestazioni SPOrtive", è una misura introdotta con la legge del 1989 al fine di contrastare il crescente fenomeno della violenza negli stadi.
La norma è stata più volte modificata negli anni, in seguito ad altri episodi di violenza che hanno colpito il mondo del calcio ed è stato poi estesa dal decreto legge n. 162 del 2005 anche alle manifestazioni sportive che si svolgono all’estero, creando però un rischio di un conflitto di giurisdizione tra Italia ed altri Paesi.
Il Daspo vieta al soggetto ritenuto pericoloso di poter accedere in luoghi in cui si svolgono determinate manifestazioni sportive.
Il provvedimento viene emesso dal questore e la sua durata può arrivare sino a tre anni. Può essere accompagnato dall'obbligo di presentazione ad un ufficio di polizia in concomitanza temporale della manifestazione vietata. Nel caso in cui al Daspo si affianca tale obbligo di comparizione, esso è notificato all’interessato e comunicato anche alla Procura della Repubblica presso il Tribunale competente.
Tuttavia, il Questore può autorizzare l’interessato, in caso di gravi e documentate esigenze, a comunicare per iscritto il luogo in cui questi sia reperibile durante le manifestazioni sportive.
Il fatto che il Daspo possa essere emesso sulla base di una semplice denuncia e non necessariamente dopo una condanna penale ha comportato molte proteste di inconstituzionalità, soprattutto da parte degli ultras. In realtà, la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 512 del 2002, ha inquadrato la misura del Daspo tra quelle di prevenzione, che possono essere quindi comminate anche in attesa del processo ed essere poi revocate in caso di assoluzione.
La lunghezza dei processi fa sì che assai spesso la persona sottoposta al Daspo sconti per intero la "diffida" senza che il processo che ad essa ha dato origine venga celebrato, compromettendo di fatto alcune libertà fondamentali come quella di circolazione (art. 16 della Costituzione).
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