“Il tempo è scaduto". Questo il drammatico allarme lanciato da don Luigi Ciotti, fondatore di "Libera", forte di 1300 associazioni, che da anni si batte contro tutte le mafie, rurali o tecnologiche.
Allarme raccolto. Il presidente del Consiglio, Romano Prodi, ha annunciato un programma serrato che, facendo leva su una svolta della politica, liberata da ogni contaminazione, poggi su un punto fondamentale: il sequestro e la confisca dei beni dei mafiosi, da assegnare in tempi brevi (oggi intercorrono dieci anni tra i due momenti); la creazione di un'apposita "Agenzia" che ne curi l'assegnazione a cooperative sociali e alla famiglie delle vittime di mafia; rispetto rigoroso della legalità, togliendo alle cosche una sorta di monopolio sull'economia e colpendo anche i mediatori. E inoltre, ricerca dei latitanti. "In questi mesi - ha detto Prodi - ho dovuto alzare le braccia di fronte al rifiuto degli imprenditori stranieri di investire al Sud in assenza di garanzie di legalità. Il tutto inquadrato in un "Testo unico" delle leggi sulla mafia, provvedimento invocato dai magistrati, anzitutto da Giancarlo Caselli, già procuratore antimafia e dal suo successore, Pietro Grasso.
Hanno detto sì il vice-ministro Marco Minniti e il presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, che ne hanno fissato i tempi. "Vediamoci in Sicilia il 30 aprile, a 25 anni dalla morte di Pio La Torre, e il giorno dopo, primo maggio, sessant'anni dalla strage di Portella della Ginestra, per fare il punto". E Minniti, per il governo, ha proposto un appuntamento annuale.
Don Ciotti ha chiesto che la società civile sia "co-partner" della Commissione parlamentare. Senza la partecipazione della gente non si vince la mafia - hanno ammonito Maria Falcone, sorella del magistrato ucciso a Capaci assieme alla moglie Francesca Morvillo, che ha raccolto nel volontariato l'impegno del fratello Giovanni,. E dopo di lui Paolo Borsellino. Due dei tanti martiri. Significativa la presenza di opinion leader e operatori culturali. come il regista Francesco Rosi, che ha firmato il film su Salvatore Giuliano. Il presidente della Regione Lazio, Piero Marrazzo che non è solo "il padrone di casa", ma il figlio di quel Joe Marrazzo che affrontò i mafiosi con la telecamera. Con i due bambini segue il documentario del nonno, nella Casa del Cinema, impegnata in una sorta di "notte bianca" con proiezioni ininterrotte per 5 mila spettatori. Elena Sofia Ricci e Massino Dapporto, interpreti dei personaggi di Falcone e della Morvillo nelle fiction televisive, leggono le conclusioni, consegnate il giorno dopo al presidente della Camera.
In due pagine e mezza "Libera" condensa la richiese, ricorda i 2500 morti di cui 155 innocenti e tra loro 37 ragazzi e bambini, come Giuseppe Di Matteo, sciolto nell'acido. "Il sequestro e il riutilizzo della ricchezza accumulata dalla mafia - ha detto ancora Prodi - era una battaglia sospesa dal governo precedente. Istituiremo una agenzia nazionale con compiti specifici" e "condurremo la lotta al lavoro nero che è l'anticamera dell'arruolamento della mafia".
L'accusa di Prodi alle omissioni del precedente Governo ha suscitato dure reazioni da parte del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi e dei suoi sostenitori. Sta di fatto che nessun esponente politico del Centro-destra è intervenuto a questi "Stati Generali dell'Antimafia" (come "Libera" li ha denominati, ricordando un'altra rivoluzione, quella francese). Un avvenimento che ha avuto grande risonanza su tutti i media, affollato da politici e da migliaia di donne, uomini, giovani, in rappresentanza della stragrande maggioranza della società civile, 57 milioni di italiani, che deve subire - ha rilevato don Ciotti - "le illegalità di quel migliaio di criminali che praticano il racket, i delitti, i sequestri, il traffico di armi, di droga e di organi, il riciclaggio di denaro con investimenti in ogni settore della vita produttiva, accumulo di capitali e di patrimoni".
Oggi i mafiosi - ha rilevato in particolare Tano Grasso, presidente dell'associazione anti-racket - indossano giacca e cravatta, siedono nelle banche e nei consigli di amministrazione, hanno studiato a Ginevra, a Londra e New York". E - ha aggiunto don Ciotti - "muovono ingenti capitali via Internet". La determinazione contro "Cosa nostra" è dunque esplosa a livello governativo, parlamentare, negli enti locali. Gli esponenti politici - dal premier Prodi al presidente della Commissione parlamentare Antimafia, Francesco Forgione - hanno usato un linguaggio univoco nell'annunciare i provvedimenti: confisca dei beni, assegnazione alle cooperative, Testo Unico. Tre giorni di lavori tra l'Auditorium di via della Conciliazione, la Cgil, l'Università pontificia Angelicum. I giovani hanno dormito nelle palestre, gli altri si sono adattati. Segnali importanti.
Duemila persone alla seduta d'apertura. Hanno riservato la "standing ovation" a Oscar Luigi Scalfaro, il presidente della Repubblica che due giorni dopo la sua elezione si recò a Palermo per i funerali delle vittime della mafia. Un patriarca indomito sul fronte della legalità. "Dai miei 89 anni - ha detto, in un delirio di folla - vi dico di rispettare sempre le leggi, di educarvi alla legalità e all'amore". L'intensa compartecipazione ha spinto qualcuno a interrompere, dal pubblico, Prodi. Ma non voleva contestare Donatella Papi, giornalista e nuora di Fanfani. Semplicemente chiedere l'estromissione dal Parlamento dei 25 condannati che vi siedono. Richiesta male indirizzata. Non è compito del Presidente del Consiglio. Lo ha detto pure Piero Fassino, nella pausa dei lavori. Anche nella seduta conclusiva grida dalle tribune per sollecitare Forgione. "Le risse qui hanno un odore di mafia - ha bollato don Ciotti - Non ce lo possiamo permettere". "Pool" di partecipanti, esperti o no, nei 14 gruppi di lavoro. Hanno sentito il richiamo non solo ministri (Mastella, Ferrero), sottosegretari, presidenti di Regioni (Marrazzo, Vendola), di province (il romano Enrico Gasbarra), sindaci come Veltroni che ha creato"La casa del jazz" nella villa confiscata alla "banda della Magliana", prefetti, funzionari. Giancarlo Caselli -non poteva mancare - ha denunciato, applaudito, "la flessione della questione morale" e nei tagli finanziari: "speriamo di non dover assolvere per mancanza di fondi". E con lui il successore alla commissione nazionale antimafia Pietro Grasso. L'altro Grasso, Tano, il primo presidente del comitato antiracket, ha dovuto constatare che "molti commercianti si sono rassegnati a pagare il pizzo".
Facendo leva sulla sua denominazione, la Fondazione di don Ciotti chiede "Libera terra, libera formazione, libero sport, libera internazionale, libera memoria", cioè libertà da ogni schiavitù, droga o doping, pizzo o tangenti, commercio di organi o corruzione.
FOTO: L'attentato dinamitardo in via D'Amelio a Palermo nel quale furono uccisi il udiPlorsellino e la sua scorta.
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