Lo Stromboli nel corso del mese di marzo ha bruscamente intensificato la sua attività eruttiva con esplosioni e colate laviche che sono lentamente scivolate verso il mare lungo la cosiddetta ‘Sciara del fuoco’. Un nuovo cratere si è aperto in quei giorni di paura e la lava ha ripreso a correre sulla Sciara con la velocità di dieci centimetri l’ora. La stessa che una decina di giorni prima aveva fatto scattare i provvedimenti d’emergenza.
Il nuovo cratere si è aperto cento metri più in alto di quello già attivo e un po’ più in basso dei tre comparsi il precedente mese di febbraio all’altezza di cinquecento metri sul livello del mare.
Nella situazione di emergenza è stato ripristinato il divieto di avvicinarsi alla linea della costa e anche di rientrare nelle case che si trovavano a meno di dieci metri dal livello del mare. Non sarebbe prudente perché, “se ci fosse un crollo di materiale – ha spiegato Enzo Boschi, presidente dell’Istituto nazionale di Geofisica e di Vulcanologia – potrebbe generarsi un’onda anomala”. Nella fase più violenta, inoltre, si è anche verificato il lancio verso l’alto di magma e lapilli. A titolo precauzionale, comunque, la Protezione Civile aveva fatto scattare un allarme preventivo, invitando la popolazione di tutte le sette isole Eolie ad allontanarsi dalle zone costiere nel timore che l’attività di Stromboli potesse dar luogo a un’onda anomala come già avvenne alcuni anni fa, nel 2002. Al largo di Stromboli, inoltre, due pattugliatori delle capitanerie di porto sono stati sempre pronti a intervenire in caso di eventuale evacuazione della popolazione. A questo proposito erano state allertate tutte le unità della Guardia costiera di Milazzo e di Lipari e anche di un elicottero. Per Lipari e Vulcano non sono state prese misure, ma è stato dichiarato un allarme di livello giallo.
Una ricognizione sulla cima del cratere è stata effettuata dagli esperti dell’Istituto di Geofisica e Vulcanologia e dai tecnici della Protezione Civile presenti sull’isola. Nel corso dell’attività di monitoraggio sul cratere, preziose sono state le immagini delle telecamere fisse, attraverso le quali gli esperti hanno ricostruito le diverse fasi dell’eruzione. Gli obiettivi sono costantemente puntati sulle bocche di fuoco del cratere e gli scienziati dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia di Catania ne analizzano i dati in tempo reale. Lenti normali e all’infrarosso hanno costantemente sorvegliato i punti critici di “Pizzo Sopra la Fossa”, a quota 900 metri circa, anche se spesso sono state per un certo tempo completamente oscurate dalla totale copertura nuvolosa che si era venuta a creare sulla sommità del vulcano.
L’attività eruttiva, sia nella sua scia visibile che in quella termina, è stata invece osservata con chiarezza dalle telecamere situate a quota 400 metri sul fianco orientale della Sciara del Fuoco, in località Bastimento. In particolare, una di esse, ha restituito perfettamente le immagini della fuoriuscita di vapore bianco dalla base del cratere di nord-est, in corrispondenza del pianoro prodotto dal campo lavico dell’eruzione degli scorsi anni, il 2002 e 2003. Questo vapore, secondo i vulcanologi, corrisponde verosimilmente all’apertura di una bocca effusiva. Quasi nello stesso momento, la telecamera termica ha rilevato l’espansione di un flusso lavico ben alimentato in direzione nord, sempre lungo la Sciaria del Fuoco. Le valutazioni scientifiche e i monitoraggi sul cratere effettuati 24 ore su 24 sono stati rassicuranti ed è stato escluso il ripetersi di quanto accaduto il 20 dicembre 2003 quando, dalla Sciaria del Fuoco, si staccarono circa 25 milioni di metri cubi di lava e roccia. Secondo le previsioni più pessimistiche, una frana ‘imponente’, come l’aveva definita il direttore della Protezione Civile Guido Bertolaso, avrebbe potuto essere anche possibile, ma non in grado di provocare disastri. Il distaccamento, nella peggiore delle ipotesi, poteva essere di dieci milioni di metri cubi.
Il crollo di massi incandescenti finiti lungo la battigia e il flusso lavico in mare hanno provocato una grande nube di vapore acqueo che è stata visibile anche dalle isole di Panarea e da Lipari.
Situazione relativamente tranquilla nei giorni successivi alla più pesante fase effusiva del cratere: i sorvoli effettuati con l’ausilio di una telecamera termina portatile, hanno consentito di visionare il fianco settentrionale del vulcano e, in parte, la zona craterica sommitale. I rilievi termici, hanno spiegato dalla sala operativa della sezione di Catania dell’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia, hanno evidenziato la pressoché assenza di attività esplosiva dai crateri sommitali; le due colate che nei giorni precedenti erano in espansione lungo la Sciaria del Fuoco non apparivano più alimentate dalla lava e si mostravano in via di raffreddamento.
Nell’altra bocca effusiva osservata in prossimità del Bastimento (margine orientale della Sciaria del Fuoco), alla quota di 500 metri sul livello del mare, il flusso lavico appariva degassato. La larghezza della bocca è stata valutata in circa 30 metri di diametro e il suo flusso di lava via via si è rapidamente indirizzato verso il mare, dove ha formato un ventaglio che si è allargato sulla Spiaggia dei Gabbiani, innalzando una colonna di vapore generata dal violento surriscaldamento dell’acqua marina. Questa nuova bocca effusiva, apertasi verso la fine del mese di marzo, è stata accompagnata dalla formazione di una piccola frana che ha prodotto una depressione a cucchiaio proprio sopra la bocca effusiva. I rilievi termici hanno consentito di verificare che questa bocca non si trova lungo il tragitto dei flussi lavici emessi nei giorni precedenti. Non si è trattato quindi di un ‘ingrottamento’ della superficie del flusso lavico precedente, bensì ha rappresentato un nuovo punto di emissione ubicato tra le due colate emesse nei giorni precedenti, fortunatamente poi inattive ein via di raffreddamento. La superficie del mare, infine, per lungo tempo si è presentata torbida fino ad una distanza di oltre 300 metri dalla costa, a causa delle numerose frane che hanno accompagnato l’effusione lavica.
Compelssivamente, sono stati oltre 500 gli isolani, oltre a una cinquantina di turisti italiani e stranieri presenti sull’isola, che hanno lasciato le località litoranee di Scari, Ficogrande e Piscità per raggiungere punti più elevati in prossimità della costa. La frazione di Piscità è stata totalmente evacuata per precauzione e la cinquantina di abitanti che hanno dovuto lasciare le loro case si sono trasferiti a San Vincenzo, nella parte alta dell’isola. A Piscità, località turistica affollata soprattutto in estate, si trovano numerose ville, tra le quali quella degli stilisti Dolce e Gabbana.
In tutto l’arcipelago sono state mobilitate le Forze dell’ordine, dai Carabinieri alla Guardia costiera, dalla Polizia Municipale alla Guardia di Finanza, alla Forestale. Una decina di persone, soprattutto anziani, hanno accusato malori e sono dovuti ricorrere alla guardia medica. La Capitaneria di porto ha anche bloccato aliscafi e traghetti di linea, che sono ripartiti dopo circa un quarto d’ora, accertato che non vi era pericolo per la navigazione.
Il sindaco di Lipari, Mariano Bruno – che ricopre anche il ruolo di commissario per l’emergenza - con una motovedetta della Guardia costiera ha raggiunto Stromboli per un copralluogo mentre in municipio è stato attivato un centro operativo in continuo contatto con la Prefettura di Messina.
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