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Del seguente articolo:

marzo-aprile/2008 -
Università, analisi di un professore sulla visita annullata
Il Papa alla Sapienza, un discusso boomerang
Paola Gregory

Ne parla Marco Petreschi, ordinario alla Facoltà di Valle Giulia a Roma, un architetto esperto nel rapporto
fra Università e Chiesa. Di recente ha vinto il Concorso Internazionale per la sede Centrale della Banca d’Albania


"L'Università è per antonomasia Centro di studio e ricerca teorica e applicata mirate sulla vita quotidiana ma, soprattutto, è l'unico, vero grande Centro deputato al dibattito e alla circolazione delle idee". Questo l’assunto che il professor Marco Petreschi, ordinario in composizione architettonica nella Facoltà di Valle Giulia a Roma, pone prima che l'intervista si apra su tutta la discussa problematica scaturita dalla mai avvenuta ‘lectio magistralis’ di Papa Benedetto XVI alla ‘Sapienza’
Il Pontefice avrebbe potuto essere invitato in altro modo alla prima Università di Roma, una tra le più grandi del mondo, laica e fondata diversi secoli fa, nel contesto dell’apertura all'Anno Accademico 2008


Nel prendere spunto dall'acceso contrasto nato da quella mancata visita di Papa Ratzinger, abbiamo intervistato il professor Marco Petreschi, uno dei professori di ruolo che unisce l'insegnamento alla pratica militante con la quale, assieme a un suo ristretto gruppo di colleghi, passa da un concorso di architettura all'altro, nazionale e internazionale. Ultimo in ordine di tempo, il Concorso Internazionale per il restauro e l’ampliamento e il restauro del prestigioso edificio che fu progettato da Vittorio Morpurgo negli anni ‘30 per la sede centrale della Banca d’Albania a Tirana - oggi monumento nazionale. Su una folta schiera di concorrenti, Petreschi ne è risultato vincitore. Fra i progetti più importanti, il prestigioso palco per il Papa nella spianata dell’Università di Tor Vergata (una ventina di km dal centro di Roma) dove Giovanni Paolo II, con centinaia di migliaia di giovani nel contesto delle manifestazioni del Giubileo del 2000, ha celebrato la XV Giornata Mondiale della Gioventù. Molti dei suoi migliori allievi lavorano ormai all'estero, in Inghilterra, Germania
Non voglio farmi trascinare in una ormai trita polemica - afferma il professore riprendendo il discorso su Benedetto XVI che ha declinato l'invito alla Sapienza - e tra l'altro anche acquietata, ma troppe sono state le variabili che mi hanno lasciato quantomeno perplesso per questa - diciamo così - singolare organizzazione di una visita del Papa alla Città Universitaria.
Proseguendo nell'analisi, Petreschi sottolinea quanto sia stato facile cogliere tanti aspetti sorprendenti di questa discussa e poco opportuna vicenda e, come sempre - e soprattutto come è giusto che sia - è stata solo la Santa Sede a sfilarsi elegantemente per tempo, rimanendo indenne da questo pasticcio.
L'invito al Papa era stato desiderato e voluto dal Rettore Magnifico, un desiderio immagino accademico che non ha però potuto controllare al meglio - aggiunge Petreschi - e probabilmente non è stato ben consigliato da chi gli stava accanto: a mio giudizio l'invito al Papa non poteva essere fatto nel contesto di una lectio magistralis in Aula Magna, in apertura dell'Anno Accademico
è questa infatti una solenne cerimonia che si ripete annualmente, copione sempre identico, nessun dibattito e, soprattutto, con una sola via di comunicazione in quanto cerimonia di rito, con un suo ben determinato significato per il Senato Accademico, il Corpo docente e gli studenti tutti.
L'invito è invece caduto nel mezzo di un complesso clima piuttosto agitato tra Stato e Chiesa e ne sono scaturite proteste da un gruppo di professori, appoggiate da manifestazioni di studenti. La Santa Sede con perfetto tempismo, ha elegantemente declinato l’invito. Papa Ratzingher - che è anche un luminare in teologia - avrebbe avuto infatti bisogno di ben altro lustro scientifico - sottolinea il professor Petreschi - adatto al suo pensiero, che ne sarebbe uscito in forma e sostanza ben più approfondita che non nel contesto di quella cerimonia.
Se Papa Ratzingher fosse stato invitato a esporre una lezione, una sua tesi nel contesto di una approfondita giornata di studio, magari aperta anche ad altre confessioni, questa sarebbe stata un'operazione degna di uno stato non confessionale e forse ne sarebbe scaturito un evento scientifico di valore mondiale. E se ovviamente - anche non necessariamente alla sua presenza - fosse stato dato lo spazio per riflettere ed eventualmente ribattere, nessuno oggi sarebbe lì a rammaricarsi dell'infelice conclusione di tale iniziativa. Una iniziativa che ha anche infiammato il confronto politico presente oggi nel Paese, ha ideologicamente diviso sia gruppi di professori che tanti studenti - a ciascuno le sue ragioni - e si è poi rivelata un vero e proprio boomerang per la Sapienza. L'evento 'Papa' - ribadisce Petreschi - con gli acerrimi contrasti che si sono innescati, ha dimostrato ancora una volta di più, semmai ce ne fosse ancora la necessità, che alla Sapienza di oggi non si favorisce la libertà di circolazione delle idee e la possibilità di esporre le proprie opinioni.
Il professore passa quindi ad analizzare la situazione culturale e scientifica all'interno della Facoltà di architettura dove raramente si riesce a esprimere il proprio pensiero perché tutto ciò che emerge è filtrato da opportunismo legato alla logica dell'appartenenza, a questa o all'altra lobby, nel triangolo scuola, partiti, interessi professionali - prosegue - e, salvo dovute eccezioni, difficilmente si esercita più la didattica nel senso elevato del termine. Abbiamo al nostro interno, come detto, solo una sorta di 'agenzia' attraverso la quale ristretti gruppi in cordata esercitano affari politici e anche economici, spesso estranei ai compiti istituzionali dell’Università Chi fa oggi dibattito all'interno non lavora al di fuori della logica dell'appartenenza. Oggi chi si espone deve essere identificato per provenienza e posizione, e solo costoro riescono a migliorare e a entrare nei centri del potere. Si mira non tanto ai risultati della ricerca, quanto al consenso di chi gestisce il potere.
Il professore che si dichiara nettamente convinto che la nostra facoltà stia vivendo ormai da decenni una profonda crisi scientifica. Un cenno alla ormai cronica tendenza dei governi centrali che, nel quadro dei risparmi necessari, hanno sempre brillantemente pensato che i primi tagli potessero essere fatti proprio sulla ricerca. Ma non è questo il punto di Petreschi il quale, parlando di architettura in senso lato, sostiene che non si vedono più validi progetti per la città, magari anche culturali, che siano scaturiti da una felice e profonda elaborazione interna alla struttura; se ci guardiamo intorno - prosegue - l'unica ovvia novità, e per di più opportunamente utilizzata dal mondo partitico, è la gestione di alcuni compromessi, anche per sanare tante malefatte di chi non ha saputo progettare nel concreto. Tutto il nuovo dell'architettura a Roma non nasce più all’interno dell'accademia, ma in prestigiosi studi professionali a noi quasi del tutto estranei.
Il professor Petreschi sottolinea inoltre che mancando la pratica del cantiere, i nostri docenti, soprattutto delle nuove generazioni, sono ormai costretti a produrre solo teoria, a differenza di chi opera in altre e diverse facoltà scientifiche (faccio solo l'esempio di chirurgia o di anatomia, di fisica o chimica i quali, se smettessero di fare ricerca o di operare sul campo, mai riuscirebbero a progredire); dai compromessi cui ho accennato, diverse sono le opere degli ultimi decenni che si stanno avviando verso un rapido degrado e ciò dimostra ancor più quanto alti siano i costi sociali di tante teorie - magari pur rispettabili in se stesse - che difficilmente si sono confrontate con le realtà costruttive, rimanendo piuttosto elaborazioni speculative interne alle aree didattiche universitarie. Di se stesso Petreschi dice di essere un architetto che si è trasformato nel tempo in un docente universitario e che ormai non riesce più a dimenticare, quando fa l'architetto, di essere anche docente universitario.
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Tirana: due architetti romani per la Banca Centrale di Albania:
Vittorio Morpurgo nel 1935 e Marco Petreschi oggi.

"A Tirana si sta oggi valorizzando l'opera del maestro romano Vittorio Ballio Morpurgo che negli anni Trenta progettò il Palazzo della Banca Centrale d'Albania, oggi considerato monumento nazionale". Questo il commento di Marco Petreschi dopo l'esito del concorso internazionale per la riqualificazione e l'ampliamento della Banca d'Albania di cui è risultato vincitore. Concorso trasparente e rapidissimo, bandito nel 2007, una trentina gli iscritti (italiani e stranieri). Sempre negli anni ‘30, Vittorio Morpurgo, aveva costruito a Roma la Teca dell'Ara Pacis, oggi rifatta da Richard Meier.
Con questa operazione, nata da uno specifico rapporto di cooperazione che la Banca d'Italia ha instaurato con il governo albanese, Tirana ha voluto attestare il suo nuovo ciclo nella crescita politica ed economica del Paese: uno strappo con il passato per entrare a testa alta in Europa scegliendo di apparire anche in una proposta architettonica di prestigio.
Nella Commissione del concorso, presieduta dal Governatore della Banca Centrale d'Albania Ardian Fullani, due esperti della Banca d'Italia, un rappresentante della Banca Centrale Europea e otto membri albanesi) . Nel progetto vincente il restauro filologico dell'edificio che fu costruito dal Morpurgo in materiali tradizionali, cemento armato e mattoni. Seguirà la realizzazione ex novo di un edificio adiacente nello stesso lotto, stessi materiali, postazione leggermente elevata, medesima altezza fuori terra e quattro piani interrati. Due anni di preparazione per il concorso, meno di un anno per gli esecutivi, altri due anni per il completamento.

Nel gruppo di progettazione dello studio “Petreschi e associati”:
Marco Petreschi (capogruppo), Giulia Amadei, Maurizio Pascucci, Nilda Valentini

FOTO. Il prof. Marco Petreschi illustra il suo progetto vincente
nel Concorso internazionale per il restauro e l'ampliamento
della Banca d'Albania


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