Un milione di incidenti l'anno con oltre mille morti: questo il bilancio degli
incidenti sul lavoro dove un lavoratore perde la vita ogni 7 ore. Questo è un vero e proprio bollettino di quella
"guerra a bassa intensità" che, con
fermezza, ancora una volta è tornata a denunciare l'Anmil, l'Associazione dei mutilati ed invalidi del lavoro. Dal campo di battaglia dei reduci e delle vittime di questa carneficina senza fine. L’Associazione lamenta le troppe norme inapplicate, le protezioni negate, le "buone leggi che restano insomma solo sulla carta".
Al punto che i fatti, dopo tanto parlare di prevenzione, dicono semplicemente che con il personale a disposizione impegnato a questo scopo, se si dovessero controllare tutte le aziende italiane, ognuna di esse riceverebbe, ha stimato l'Anmil, una verifica ogni 23 anni. "Non si può dire che in Italia una fondamentale prerogativa della persona, ossia il diritto alla vita e alla sicurezza di ciascuno nel normale svolgimento della propria attività sia garantito", è il grido di allarme dell'associazione che, accompagnata dal ministro dimissionario del Lavoro, Cesare Damiano, è stata di recente ricevuta dal capo dello Stato, al quale ha consegnato un nuovo rapporto su quello che è lo stato della tutela delle vittime di questa Caporetto quotidiana. "Non si tratta di una situazione marginale e in via di esaurimento, ma di un effetto perverso che sembra profondamente innervato nel modo di produzione e nello stesso modo di essere della modernità: in realtà, siamo in presenza di un fenomeno sociale di massa, sebbene la società non lo riconosca come tale.
Di certo una vera e propria guerra a bassa intensità, che di regola si svolge nell'ombra e nel silenzio", ha rimarcato il presidente, Piero Mercandelli, che ha parlato di una "vergogna che macchia il Paese, che ignora il diritto al lavoro e alla sua sicurezza" e di una "contabilità spesso arida e anonima, persino controversa, che non ha sussulti neanche di fronte alla fine di una vita". L'indagine parla chiaro: gli incidenti sul lavoro sono circa un milione l'anno nel nostro Paese, i morti più di mille, ogni 7 ore c'è un decesso. E l'Italia, ancora una volta, è fanalino di coda in Europa. Nel nostro Paese, infatti, il numero dei decessi sul lavoro di certo è in diminuzione ma, purtroppo scende a ritmi più lenti rispetto alla media degli altri Paesi Ue. Secondo il Rapporto (che rielabora i dati Inail), in dieci anni gli infortuni mortali nell'Unione Europea sono diminuiti del 29,41%, mentre in Italia solo del 25,49%. Un dato poco esaltante rispetto a quello della Germania (-48,30%) o della Spagna (-33,64%). Il settore in Italia dove calano di più gli infortuni è quello dei trasporti e del magazzinaggio (-27,88%). In termini assoluti, comunque. l'Italia detiene sempre il duro primato del più alto numero di morti sul lavoro.
Va un po' meglio per gli incidenti non mortali: il calo medio in Ue è del 17,05%, in Italia del 18,14%, anche se si deve tenere conto dell'elevato numero di infortuni non denunciati (l'Inail stima siano circa 200.000) nell'ambito del lavoro nero.
"Il male dell'Italia è che le discipline legislative sembrano esistere solamente sulla carta e la speranza è che la stessa sorte non tocchi anche a quella recente, che è stata varata nell'agosto del 2007, particolarmente avanzata nei principi ispiratori e nelle previsioni normative, ma oggi a rischio di restare incompiuta a causa delle vicende politiche".
Anche per quest'ultimo provvedimento sulla sicurezza e tutela del lavoro, si evidenzia che a cinque mesi dalla sua entrata in vigore, i coordinamenti provinciali delle attività ispettive stanno appena muovendo, quando va bene, i primi passi. Pure sul fronte penale i reati di omicidio colposo o lesioni conseguenti alla mancata osservanza delle disposizioni di sicurezza sul lavoro sono - ha sottolineato l'associazione - sostanzialmente impuniti, vuoi per i tempi della giustizia vuoi per l'indulto intervenuto nel frattempo.
I rimedi, ha ripetuto l'Anmil, sono noti e basterebbe avere la "volontà di porli in essere". E, quindi, investire sulle attività di prevenzione e vigilanza; introdurre sanzioni adeguate alla gravità ed alle conseguenze dei comportamenti;organizzare un apparato amministrativo e giudiziario che assicuri la comminazione certa e rapida delle sanzioni; promuovere iniziative informative e formative che sviluppino una maggiore attenzione alla prevenzione. "In sostanza - ha concluso l'Anmil - quello che occorre è il passaggio dalle dichiarazioni puramente verbali ai fatti materialmente effettivi".
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