Una delegazione della Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi del Lavoro guidata dal Presidente, Piero Mercandelli è stata ricevuta dal Presidente della Repubblica per la presentazione del secondo rapporto sulle vittime per incidenti sul lavoro in Italia. All'incontro, anche il Presidente e il Direttore Generale dell'Inail, Vincenzo Mungari e Piero Giorgini, il Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Cesare Damiano.
Dal Rapporto 2007 dell’Associazione si rileva che sono stati 832.037 gli infortunati sul lavoro (con rendita Inail) e, nell'86% dei casi, gli incidenti hanno riguardato lavoratori maschi. Più colpito (con l'80% degli incidenti, 665.793 lavoratori colpiti) il settore dell'industria e dei servizi. Seguono agricoltura (19%, con 156.571 infortunati) e lavoratori statali (1%, 9.673 casi). In oltre 208.000 casi l'invalidità derivata dall'infortunio è stata considerata ‘grave’. ‘Molto grave’ in più di 27.000 casi, e ‘media’ in oltre 588.000. Anche il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, negli scorsi mesi è intervenuto più volte in prima persona, per denunciare la tragedia delle morti bianche nel nostro Paese.
L'indagine ANMIL parla chiaro: nel milione degli incidenti sul lavoro, i morti sono stati più di mille con la media di un decesso ogni sette ore: l'Italia, ancora una volta, è fanalino di coda in Europa anche se si rileva che il numero dei decessi sul lavoro cala, ma ciò avviene a ritmi più lenti rispetto alla media Ue. L’Anmil sostiene che quasi nulla si muove in campo legislativo, e a questo proposito auspica che il testo unico sulla sicurezza sul lavoro varato lo scorso anno non abbia, "a causa delle vicende politiche", la stessa sorte delle leggi precedenti . A cinque mesi dall'entrata in vigore, intanto, "i coordinamenti provinciali delle attività ispettive, stanno appena muovendo, quando va bene, i primi passi".
Nello stesso periodo le cose sono andate diversamente in Europa: nell'ordinamento giudiziario francese un pool di pubblici ministeri e di giudici istruttori ha una competenza che su quasi tutto il territorio francese per affari e reati di maggiore rilevanza che attengono la salute. In Spagna è stata introdotta la figura del procuratore speciale per gli incidenti sul lavoro. In Italia, invece, ottenere giustizia per le vittime del lavoro è "purtroppo - dice l'Anmil - una timida, e quasi sempre disattesa speranza".
Se le carenze della prevenzione sono finalmente comunque oggetto di attenzione, poco si sa delle condizioni delle vittime del lavoro. Con queste cifre catastrofiche non si può certo dire che in Italia un fondamentale diritto della persona, ossia il diritto alla vita e alla sicurezza di ciascuno nel normale svolgimento della propria attività, sia garantito. Questo problema, inoltre, non è affatto un fenomeno marginale e in via di estinzione, bensì è sostenuto da un effetto perverso che sembra profondamente innervato nel modo di produzione e nello stesso modo di essere della modernità. In realtà, siamo in presenza di un fenomeno sociale di massa, sebbene la società non lo riconosca come tale.
Lo studio elaborato dall'ANMIL intende offrire un contributo alle principali questioni che riguardano le vittime e i loro familiari affinché, al di là della commozione, del cordoglio e della solidarietà sociale, si trovino concrete soluzioni alla loro quotidianità fatta di solitudine, abbandono e tutele assicurative, sanitarie e giudiziarie, quasi sempre negate. Troppo poco infatti si sa delle ingiuste condizioni in cui si ritrovano le vittime del lavoro, e questa, dichiara l’ANMIL, “è una vera e propria guerra a bassa intensità, che di regola si svolge nell'ombra e nel silenzio; una vergogna che macchia il Paese, che ignora il diritto al lavoro e alla sua sicurezza; è una contabilità spesso arida e anonima, persino controversa, che non ha sussulti neanche di fronte alla fine di una vita".
Pur riscontrando che si deve dare atto alle Istituzioni del grande impegno profuso nell'ultimo anno e mezzo rispetto alla lotta contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, dal Rapporto predisposto dall'Associazione emerge un quadro complessivo che resta, purtroppo, ancora molto opaco.
A fronte dei drammatici dati, quattro sono le strade da perseguire, secondo i curatori del Rapporto:
1 - investire sulle attività di prevenzione e controllo.
2 - introdurre sanzioni adeguate alla gravità ed alle
conseguenze dei comportamenti.
3 - organizzare un apparato amministrativo e
giudiziario che assicuri l'applicazione certa e rapida
delle sanzioni.
4 - promuovere iniziative informative, formative e
culturali che sviluppino nel medio-lungo periodo
una maggiore attenzione alla prevenzione.
Se si passa ad analizzare la situazione degli anni passati, la media del numero dei caduti sul lavoro è stata di ben milletrecentovenotto morti l’anno tra il 2003 e il 2005: quasi 4,5 morti al giorno. Nel 2006 le cosiddette “morti bianche” sono state 1.280 . Per il 2007 la media come abbiamo già visto è stata ben superiore.
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