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Del seguente articolo:

Luglio-Settembre/2008 -
Alimentari, mutui, case, lavoro... è il caos
Andrea Nemiz

È difficile analizzare argomenti così eterogenei e non parlare di indignazione e sorda rabbia del cittadino di fronte a tante certezze e assicurazioni prive di buon senso. Di fronte a chi soffre la fame dei figli, o lavora spezzandosi le reni (e troppo spesso anche la vita), oppure davanti o a chi, affascinato dalle tv satellitari, la rischia per approdare in quel paese di bengodi, proprio lì dove si profila la cupa ipotesi di perdere anche la casa - affitto o mutuo che sia - o di chi sa che la casa non l’avrà mai... Che dire, se non che siamo nella follia? E non servono le trite accuse a certi politicanti incapaci, o parlare delle vaghe speranze da quella ormai sopita primavera che aveva fatto sognare nel cambio di guardia. Oggi, con i piedi a terra, svaniscono sogni e ubriacatura da promesse elettorali. Si sperava in un rispetto per gli italiani: non più lavoratori spremuti come limoni, non più pensionati affamati, e magari qualche euro ai miserabili che non sanno finire il mese senza morsi di fame. Il risveglio dalle illusioni è stato brusco e doloroso. Colpa del petrolio, degli arabi, dei rossi, di bin laden, oppure è tutto da riportare ai potentati del pianeta, quelli abili in ‘mosse’ ingegneristiche che lievitano ricchezza? Il cittadino non capisce, non riesce neppure a pensare, a riflettere... Non solo il carovita è schizzato in alto, impazzito, pane e benzina costano il doppio di un anno fa, crollo dei consumi di prima necessità, inflazione che sale a vista d'occhio ed economia con il fiato corto. Il giro di vite del fisco sui redditi fìssi non allenta la stretta, svuota indiscriminatamente le tasche. Come si fa ad avere la faccia tosta di tassare le basse pensioni con il maglio di Irpef, addizionali regionali e comunali, mentre la speculazione, in barba a tanti garanti, accumula ricchezze, indisturbata nella avversa congiuntura internazionale? E non è solo responsabilità del ‘direttorio’ in sella, ma le colpe sono ataviche e si trascinano da un ‘gabinetto’ all’altro... Allo stato dei fatti, con piani economici triennali e finanziarie paratutto, il premier e i suoi pensanti si sono ben sintonizzati sulle mosse dei vituperati predecessori nel voler risanare a qualsiasi costo i conti pubblici. Caricando su chi lavora un pareggio di bilancio al 2011. Con lo sconvolgente risultato di un salasso fiscale fino al 43%, il più alto in Europa, in un paese con i salari più bassi della Comunità. Eppure quando c’era la guerra al centrosinistra nel nome e in difesa della solidarietà sociale, tutti erano pronti a battersi contro il patto di stabilità europea (non più debiti pena rappresaglie da Bruxelles) sulla scia di quanto a suo tempo hanno fatto Francia e Germania per non mandare a rotoli le loro economie. Quali le contropartite nella cura da cavallo? Altre cocenti staffilate all’uomo della strada: rinnovi contrattuali non oltre l'inflazione programmata dell'1,7%, con la reale al 4%. L’impossibile sollievo fiscale è legato all'aumento della produttività, l’ormai ossessivo Pil (sembrerebbe una bestemmia), che sta però precipitando verso lo zero. Recessione alle porte, non lo si ammette, ma ci siamo già dentro. Per la quadratura dei conti si manda il Paese alla deriva e non si guarda la forbice che divarica poveri sempre più poveri e i ricchi sempre più ricchi. Nette responsabilità di speculazione selvaggia ed evasione fiscale, peraltro combattuta con mezzi che sfiorano il ridicolo, come la "robin tax" contro i petrolieri. Siamo alla burla. Sembra di essere tornati ai grami giorni del dopoguerra che i vecchi ricordano bene, quando tristi sfruttatori definiti “borsari neri” sguazzavano nella fame di genitori e di noi bambini. Nonostante le lezioni del passato, si prepara la beffa per un milione e 200mila pensionati che si affannano sulle 800 euro al mese, falcidiate ll’inflazione. Sembra in arrivo la sceneggiata della carta alimentare da 400 euro (ma quanto sono buoni questi deputati che ci aiutano dall’alto di appannaggi da bramini) cioè della ‘card anziani’, altro moderno giro di parole ma in effetti vera e propria tessera annonaria di infausta memoria in epoca fascista. Con i bollini, interminabili file dal fornaio o dall'ortolano (bimbi compresi), per un etto di pane a testa da scarni magazzini dell'Annona. Siamo un Paese alla moda, vestiti e borse chic, cellulare hi tech, pc, ma con la carta-povertà in tasca. La stretta colpisce indiscriminatamente e - complici le sottili prestigiazioni sull’euro - dimezza pensioni nate sulle lire. La stragrande maggioranza dei ‘fortunati’ dotati del ‘fine mese’, non potrà giustamente aspirare alla carta annonaria (un lusso per i più poveri), e si roderà per la beffarda sorte. Un’occhiata a fatti di oggi, Alitalia e Catania. Per carità di tricolore (!) non sfioriamo la prima, vicenda grottesca da qualsiasi parte la si analizzi, con lavoratori prime vittime. E poi noi tutti. Per la seconda, dalle voci ancora libere di tv locali e piccoli quotidiani, la sorda rabbia di netturbini senza soldi, delle loro famiglie, dei figli, a fronte di operazioni di palazzo che danno la nausea. Ma fino a quando la povera gente sopporterà? E a proposito delle piccole voci che ne sarà dei quotidiani non industralizzati? Il baratro si apre: via i contributi di legge sulle copie stampate ma elargizioni buoniste a quelli ‘bravi’, quelli che cioè rompono di meno. E gli altri? Strangolati.


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