La città di Gori è ormai conosciuta come il simbolo del conflitto scoppiato ad inizio agosto tra la Georgia e la regione secessionista dell’Ossezia del Sud. La città, che dista solo una ventina di chilometri da Tskhinvali, la capitale osseta, era quasi completamente abbandonata quando le truppe russe sono intervenute a favore dei secessionisti. Molteplici i bombardamenti dell’aviazione russa sulle abitazioni prima che l’occupazione dei soldati inviati da Mosca fosse completamente attuata. La stima degli sfollati supera le quaranta mila persone (gli abitanti in totale sono 50.000) e quasi sarebbero fuggiti a Tbilisi. In base al conteggio dettagliato delle persone sfollate internamente alla Georgia, che è stato completato dalle autorità in collaborazione con l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr), sono state però recentemente riviste le statistiche sui movimenti forzati della popolazione legati al conflitto di agosto nella regione autonomista dell’Ossezia del sud. I conteggi mostrano che 192mila persone sono state costrette a lasciare le loro case, compresi 127mila sfollati all’interno della Georgia; 30mila in Ossezia del sud; e altri 35mila nell’Ossezia del nord (Federazione Russa). Dei 127mila sfollati interni (Idp) in Georgia, finora 68mila sono tornati a casa. L’Unhcr e il governo georgiano stimano che altri 5mila faranno ritorno alle loro abitazioni prima dell’inverno, facendo salire il numero degli sfollati rimpatriati a 73mila. Riguardo ai restanti 54mila Idp, l’Unhcr prevede che 23mila avranno necessità di un alloggio alternativo per i mesi invernali, ma saranno in grado di tornare a casa durante il 2009, una volta che le loro case saranno di nuovo abitabili. Comunque per gli altri 31mila non si prevede un rientro a casa in un futuro prossimo. Provengono dall’Ossezia del sud (22mila), da aree inaccessibili della cosiddetta zona cuscinetto (ottomila) e dall’Abkhazia (mille). La Georgia ospita già 223mila Idp a causa di conflitti precedenti e con questa nuova popolazione di sfollati nel lungo termine porterà questo numero a un totale di 254mila sfollati interni nel paese. L’Unhcr e il governo della Georgia stanno cercando di mettere fine al trasferimento spontaneo degli Idp dalla capitale Tbilisi alla sovraffollata tendopoli di Gori, che già ospita circa 2.200 persone. Ogni giorno alla tendopoli di Gori arrivavano decine di autobus pieni di sfollati: Costoro affermavano di preferire una sistemazione nel campo a un’eventuale ricollocamento a Tbilisi. Nella capitale georgiana le autorità hanno cercato di sgomberare le scuole piene di sfollati trasferendo gli Idp in alloggi alternativi, in modo che l’anno scolastico possa cominciare. Comunque alcuni di essii rifiutano il trasferimento e partono spontaneamente per Gori, dove molti dei loro parenti e vicini sono alloggiati. La capienza del campo di Gori è esaurita e l’Unhcr preferisce riservare le poche tende rimaste nel campo a Idp che erano stati sistemati presso famiglie che non possono più ospitarli. Dopo il primo mese dall’inizio del comflitto Gori sta cercando di tornare alla normalità. I danni causati dalla guerra agli edifici della città, pur pesantissimi, si sono per fortuna rivelati inferiori a quanto facevano intuire le poche immagini diffuse dai media sull’intervento armato russo. Solo pochi edifici sono stati pesantemente danneggiati. La popolazione sta in questo periodo tornando cautamente nelle proprie case, anche se è ancora intimorita perché sebbene i carri armati russi abbiano lasciato la città, il primo check-point si incontra a soli pochi chilometri dal centro. Negli ultimi giorni, circa 4.200 profughi sono arrivati in città dai villaggi della cosiddetta zona-cuscinetto, la fascia sorvegliata dalle truppe russe tra Gori e il confine della regione secessionista dell’Ossezia del Sud. Ora un confine più forte e impenetrabile, dopo il riconoscimento di Mosca dell’indipendenza della regione. La tendopoli di Gori ospita circa 1,200 persone, altri 1,000 sfollati hanno trovato ospitalità presso famiglie locali e circa 2,000 sono stati sistemati in ventidue edifici adibiti a centri d’accoglienza. Verso la mezzanotte di venerdì 29 agosto una colonna di 19 mezzi, tra i quali camion, macchine e un’ambulanza, hanno fatto ingresso in città. Sono arrivati gli aiuti italiani. La Croce Rossa Italiana ha portato due cucine da campo per aiutare le vittime del conflitto tra Georgia e Ossezia del Sud, poi estesosi allo scontro tra Tbilisi e Mosca. Gli automezzi della Croce Rossa erano partiti il 22 agosto da Verona e da Roma. Si sono incontrati a Brindisi dove si sono imbarcati fino al porto turco di Cesme. La colonna di mezzi italiani, che si estendeva per quasi un chilometro, si è poi diretta alla volta di Gori scortata dalla polizia che ne ha facilitato il passaggio. Affacciata alle finestre e sui balconi, la popolazione ha accolto tra gli applausi la Croce Rossa Italiana in segno di profonda gratitudine. Al loro arrivo in città, seppur in tarda serata, anche le autorità georgiane hanno voluto salutare gli aiuti venuti dall’Italia. Un primo team di volontari era già arrivato a Tbilisi alcuni giorni prima con un C-130 messo a disposizione dal ministero degli Esteri italiano, che ha spedito anche una trentina di tende e contribuito alle spese di trasporto degli automezzi arrivati via terra. Arrivati per individuare il luogo più adatto dove poter piantare le cucine, i volontari delle Croce Rossa non hanno perso tempo e si sono messi subito al lavoro. Grazie alla collaborazione con Caritas Georgia che ha prestato loro una cucina, i cuochi italiani hanno distribuito circa 5.000 pasti al giorno nei centri d'accoglienza di Tbilisi in attesa dell'arrivo delle cucine da campo. Due le squadre inizialmente all’opera che sono poi diventate una sola , composta di 48 uomini con alle spalle una lunga esperienza di aiuti umanitari in Italia e all’estero e stanno portando un aiuto fondamentale a chi purtroppo non sa ancora se rivedrà la propria casa. L’arrivo degli italiani nel campo, ha comunque portato una speranza in più gli ospiti. Per avviare le cucine sono state portate 12 tonnellate di cibo dall’Italia, ma poi il cibo verra’ comprato localmente. La Croce Rossa non ha dimenticato i bambini e per loro sono stati portati 1,2 tonnellate di pappe e centinaia di pacchi di pannolini. Ogni cucina può produrre 2.500 pasti due volte al giorno. Le due cucine possono così servire ai profughi nel campo e nei centri collettivi fino a 10.000 pasti al giorno. L’organizzazione è praticamente già perfetta. L'Alto Commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite (UNHCR) fornisce tutte le informazioni e il coordinamento necessario per la gestione del campo e delle sue necessità in sostegno al Ministero per i rifugiati georgiano, mentre i cuochi della Croce Rossa Italiana sono aiutati nella distribuzione dei pasti dai tanti giovani volontari della Croce Rossa Georgiana. Tanti sono, infatti, i ragazzi di Gori che con spirito di solidarietà stanno aiutando la propria gente che vive nel campo, facendo piccoli lavori, aiutando a montare le tende e assistendo chi ha bisogno di aiuto.
FOTO: La città di Gori devastata dai bombardamenti
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