Conchiglie, rifiuti e fossili: sulle spiagge un deposito di memorie. Le correnti marine possono portare a riva tesori di ogni tipo. Ispirando gli artisti, mettendo in allarme, o in grande curiosità gli investigatori, svelando nuovi segreti agli scienziati e agli storici. E sia pur di rado, arrivano sulla battigia anche pietosi resti di persone annegate. I litorali e le spiagge divengono così un deposito di memorie, in un grande magazzino all'aperto o in una discarica. Inconsueti spiaggiamenti di oggetti. Il fenomeno è, tra l'altro, ben noto agli "abitanti di British Columbia (Canada), Oregon e California (Usa) che -ricorda il giornale scientifico “Focus”- che trovarono 80 mila scarpe sportive Nike che si erano riversate in mare dalla nave Hansa Carrier a sud delle Isole Aleutine (Usa). Nel 2002, invece, al largo della California, caddero in acqua 17 mila scatolette di Chow Mein Noodles (fettuccine orientali): molte, arrivate sulla costa, risultarono ancora mangiabili". "Ed è stata una vera caccia al tesoro -continua il periodico - il recupero dei 200 container approdati a Branscombe (Uk): erano caduti dal cargo Msc Napoli in seguito a una tempesta; sulla battigia arrivarono persino auto e motociclette. Del resto, si calcola che ogni anno, nel mondo, le navi da carico perdano 10 mila container in mare. E gli abitanti delle coste del Sud-est asiatico lo sanno: dopo le tempeste tropicali si riversano sulle spiagge per recuperare legna, plastica e metalli". "Un'abitudine atavica: fin dall'alba della storia, le conchiglie portate dalle onde sono state, per i primitivi, -scrive ancora - una delle prime fonti di cibo, ma anche arnesi, ornamenti, monete. Ecco perché alcuni artisti moderni hanno riscoperto questa abitudine: nel 1951 Bruno Munari realizzò vari lavori, intitolati 'Il mare come artigiano', usando oggetti trovati in spiaggia. Stoffe, sugheri, sassi, radici, ma anche valvole di radio, corde e frammenti di manifesti. Così Munari descriveva il fascino di questi tesori: 'Tu butti qualcosa in mare, e il mare (dopo un tempo imprecisato e imprecisabile) te lo restituisce lavorato, finito, levigato, lucido o opaco secondo il materiale, e anche bagnato perchè così i colori sono più vivaci'". Talvolta, inoltre, arrivano in spiaggia statue fatte e finite. In alcuni casi si tratta di polene di navi affondate (all'isola di San Pietro, in Sardegna, la chiesa della Madonna dello Schiavo conserva una statua di legno trovata in spiaggia); in altri casi delle statue sacre gettate in mare nell'ottavo secolo, per sfuggire alle distruzioni iconoclaste ordinate dall'imperatore bizantino Leone III. Alcuni santi, come S. Marino, furono considerati come realmente arrivati dal mare; non a caso, in alcune citta' ancora oggi le processioni si fanno in barca. Ma a chi appartengono gli oggetti trasportati sulla battigia? Non certo a chi li trova: il Codice della Navigazione italiano spiega con chiarezza che entro 3 giorni gli oggetto rinvenuti vanno consegnati alla più vicina Capitaneria di Porto, che dirama un avviso di ritrovamento. Dopo 6 mesi senza che nessuno lo reclami, l'oggetto andrà all'asta". Non li si possono cioè raccogliere per poi portarseli in casa . Ma non e' tutto. Spesso il mare restituisce al mittente una montagna di rifiuti, per l'80% provenienti da terra. "Secondo l'Onu, -riferisce il periodico- sono quasi 40 milioni le tonnellate di rifiuti solidi che ogni anno si riversano nel Mediterraneo. Ma la situazione e' a rischio in tutto il mondo: seguendo la North Pacific Subtropical Gyre, una corrente oceanica che si muove a spirale nell'oceano Pacifico, gli scienziati hanno notato che dagli anni '50 trasporta con se' un vortice di rifiuti, il Pacific Trash Vortex. In esso si convoglia la plastica dell'oceano che si deposita in un'isola di plastica del diametro di 2.500 km (poco piu' della distanza Milano-Mosca), profonda 30 metri e con una massa di 3,5 milioni di tonnellate". "Proviene dalle navi, invece, -prosegue 'Focus'- il petrolio che finisce in mare e arriva sulle coste: sempre secondo l'Onu ogni anno nel mar Mediterraneo finiscono da 100 a 150 mila tonnellate di idrocarburi. Sconvolgendo interi ecosistemi.
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