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Del seguente articolo:

Ottobre-Dicembre/2008 -
Gaza: la guerra sui bambini
Andrea Nemiz

Con gli eventi di Gaza siamo coinvolti in una guerra mediatica centrata sull'orrore e la pietà. Il bilancio di ‘Peace Reporter’ sulle vite umane perse in una ventina di giorni di guerra è di circa 1200 palestinesi, di cui 400 bambini, un centinaio di donne e altrettanti anziani. Nello stesso periodo pochissimi caduti israeliani, soldati e civili. In questo teatro di morte nessun governo o gruppo armato, sin dai tempi della guerra nel Vietnam, ignora che le immagini foto e tv siano parte integrante dei conflitti ed è anche da esse che dipendono gli orientamenti dell’opinione pubblica. Forse mai come in questa guerra si sono viste fotografie di bambini “macellati”. Uno sdegno questo che genera un totale disprezzo verso tutte le parti in causa. Anche per chi in occidente potrebbe intervenire, poco si impegna a farlo o, meglio, ha interesse a non incentivare un dialogo di pace. Nonostante le poche voci illuminate come quella dello scrittore israeliano pacifista David Grossman, siamo tutti colpevoli in questo silenzio. Le parti in lotta cercano di manipolare l'opinione pubblica mondiale: Hamas accusa Israele per crimini di guerra, bombardamenti indiscriminati e bombe al fosforo sulla popolazione, ma i combattenti di Gaza sono talmente determinati da non esitare a sacrificare i civili, bambini compresi, nella speranza di un sostegno dall'occidente. Tv e foto cinicamente ben calibrate, i corpicini in impietosa mostra ne sono un esempio. L’impegno reciproco è uccidere per non essere uccisi La guerra di Gaza, che dovrebbe essere ormai giunta a conclusione, è da manuale. Dal lato militare la disparità delle forze fra l'esercito israeliano e Hamas è altissima. Hamas, che vuole la distruzione dello stato ebraico, certo gli spara contro i suoi missili ma, soprattutto, gioca la carta delle vittime civili. Per limitare queste macabre news, Israele si difende impedendo l’ingresso dei media a Gaza. Negli obiettivi bellici di Israele. certo un ridimensionamento militare di Hamas con il blocco alla fonte del lancio dei suoi razzi, ma anche un fine politico per favorire una successiva riconquista del potere a Gaza da parte della fazione palestinese moderata, quella di Fatah. Per Hamas la vittoria equivale a una sopravvivenza – a costo di qualsiasi perdita - e anche una riorganizzazione delle forze. In queste condizioni, e data la disparità degli obiettivi dei contendenti, usare i civili come scudi era per Hamas una necessità di guerra, il solo modo per tentare di ottenere una pressione internazionale tale da fermare Israele. La guerra si è così dipanata su due ambiti diversi, sul terreno e sui mass media. Le vittime civili sono parte del conflitto e le notizie sui morti sono quelle che trovano più spazio sui media. Per i sostenitori occidentali di Israele, nonostante la sua cinica e indiscriminata reazione punitiva, le vittime civili possono essere tanto una tragica conseguenza della natura di questa guerra quanto il frutto dell'azione deliberata di Hamas. Per gli avversari, invece, sono la prova della natura criminale di Israele. I media svolgono dunque un ruolo fondamentale nel far pendere la bilancia da una parte o dall'altra. Se il calcolo di Hamas, dovesse alla fine rivelarsi sbagliato, non sarà perché la guerra massmediatica sia poco efficace, ma perché almeno in parte è stata neutralizzata dall'atteggiamento prudente di altri governi arabi, che temono l'alleanza fra Hamas e l'Iran. Oltre che dalla ostilità dei palestinesi di Abu Mazen. La compattezza della società israeliana nel sostenere l'azione del proprio esercito, ha poi giocato un ruolo importantissimo contrastando un netto spostamento dell’occidente a favore di Hamas. La morte fra i civili sconvolge comunque l’occidente: dalle corrispondenze di un operatore umanitario, Vittorio Arrigoni, Vik in Gaza, questo racconto: “(...) una bomba è precipitata a circa 800 metri dall'ospedale, l'onda d'urto ha mandato in frammenti diversi vetri delle finestre, ferendo i feriti. Un' ambulanza si è recata sul posto, hanno tirato giù una moschea, fortunatamente vuota a quell'ora. Sfortunatamente, anche se non di sfortuna ma di volontà criminale e terroristica di compiere stragi di civili, la bomba israeliana ha distrutto anche l'edificio adiacente alla moschea. Abbiamo visto tirare fuori dalle macerie i corpicini di sei sorelline, cinque morte, una gravissima. Hanno adagiato le bambine sull'asfalto carbonizzato, e sembravano bamboline rotte, buttate via perché inservibili (...)”


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