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Del seguente articolo:

Ottobre-Dicembre/2008 -
Formazione superiore nel caos
I malanni dell’università
Paola Gregory

Una “catastrofe educativa”: questo uno dei lapidari commenti sui tanti problemi dell’università italiana, espresso da Roberto Perotti nel suo ormai famoso libro dal titolo “Università truccata”. Ma non solo: molteplici anche le puntuali disamine sui tanti episodi legati a fenomeni di malcostume e, in particolare, ‘clientelismo’, ‘corruzione’, ‘inefficienza’, ‘iniquità’...


A fronte di questa analisi distruttiva, Perotti offre suggerimenti finalizzati a conseguire, nel rispetto dell’autonomia dei singoli atenei, la centralità della buona ricerca e della buona didattica, suggerendo di promuovere le eccellenze sia fra i ricercatori che fra gli studenti. Una centralità di cui, è doveroso sottolinearlo, non tutte le micro-realtà universitarie italiane sono prive, sono esenti in quanto il sistema formativo superiore non sempre è così strutturalmente malato. Esistono infatti minoranze o maggioranze silenziose che, nonostante la difficile situazione economica in cui versa tutta la ricerca scientifica, nonostante il lungo momento di profonda crisi e incertezza, dimostrano, con il loro costante impegno, l’interesse prioritario per una giusta valorizzazione e corretta legittimazione della didattica e della ricerca. La recente protesta studentesca contraria alle ultime ipotesi di riforma, la cosiddetta “Gelmini”, ha evidenziato le problematiche da sempre sottese alla struttura del più alto livello formativo. Un vero scossone, questa “onda” di giovani e meno giovani (studenti, ricercatori e precari) che sta percorrendo il Paese in lunghi cortei - certo chiassosi e multicolori - che racchiudono tuttavia in loro una pluralità di pensiero cui intendono dare voce, una democratica protesta contro una univoca azione decisionista, presa solo dall’alto e non vogliono accettare passivamente decisioni prese solo dall’alto. Un movimento apparentemente ben assorbito dalle strutture governative sotto accusa, ma in realtà un pesante tarlo del dubbio che sembrerebbe essere penetrato nel pensiero, che vuol essere granitico, di chi ci governa proprio dall’alto L’università truccata. Gli scandali del malcostume accademico. Le ricette per rilanciare l’università, questo il titolo completo del libro di Perotti (Einaudi), dove l’autore cerca di tracciare dinamiche intrinseche e perduranti involuzioni nella conduzione di tante strutture universitarie. Cattedra a vita alla Columbia University di New York (dove ha insegnato per dieci anni), oggi Perotti è alla Bocconi per “Economia Politica”. Ha scritto il suo libro dividendolo a metà: da una parte la denuncia di alcuni “falsi miti accreditati dall’establishment accademico”, tra gli altri, quello della ‘livellazione’ a pochi casi della corruzione, l’endemica mancanza di fondi e, ciò nonostante, il buon livello di ricerca raggiunto in molti settori, la gratuità degli studi come conquista di civiltà; dall’altro i possibili orizzonti di una riforma in grado di dare “soluzioni nuove” a problemi da sempre esistenti. Molti sono quindi i temi scottanti esaminati con chiarezza: da tanti concorsi truccati negli ultimi anni (come in alcune facoltà di Economia e Medicina), volti a sottolineare indizi di nepotismo e clientelismo, alla inefficienza del sistema retributivo che, premiando gli anni di servizio piuttosto che la qualità delle pubblicazioni scientifiche, “sembra fatta apposta per scoraggiare lo sforzo di ricerca”; dalla conseguente scarsità della produttività scientifica in rapporto agli altri paesi industrializzati, alla iniquità di un sistema che, pur essendo (quasi) gratuito, è “in prevalenza frequentato dai ricchi che si vedono così finanziare i propri studi gratuiti dalle tasse di tutti, compresi i più poveri”. Per uscire da una situazione di grave crisi scientifica ed etico-morale, Perotti non suggerisce però nuove ondate di regole, prescrizioni e controlli, né inutili appelli al civismo e alla magistratura. Praticamente, infatti, ogni ministro degli ultimi governi (da Berlinguer alla Moratti a Mussi) ha legato il suo nome a una riforma universitaria, suscitando accesi dibattiti su ogni comma di legge; ma chiunque osservasse le mille normative che regolano il funzionamento del sistema università, si renderebbe solamente conto di una aumento eccessivo delle regole e del clientelismo, di un favoritismo di pochi privilegiati e di uno scoraggiamento dei più meritevoli. “La buona ricerca e la buona didattica – conclude – non si legiferano né si possono comprare spendendo di più: si possono solo creare le condizioni perché accadano”. Fra queste condizioni, prioritario “premiare il merito”, riconoscendo, da una parte, la centralità della ricerca sia dei singoli che degli atenei, attraverso criteri di valutazione di tipo internazionale (bibliometrici e peer review ad esempio), dall’altra introducendo un sistema di incentivi e disincentivi efficaci, capaci di finanziare gli atenei migliori anche, sostiene l’autore, attraverso sistemi di maggiore tassazione universitaria in relazione ai redditi rapportabili ai singoli studenti. Iniziando da qui, si potranno creare maggiori competitività, mobilità dei docenti e degli studenti che, sottolinea Perotta, finiranno per sostenere le facoltà migliori.

FOTO: Roberto Perotti


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