Due itinerari nel luog
di origine del grande genio
nato a Padova
A cinquecento anni dalla sua nascita, Andrea Palladio è oggi unanimemente riconosciuto come uno dei più importanti architetti che il mondo occidentale abbia mai avuto. In particolare, nella seconda metà del secolo XX, il declino del movimento moderno in architettura ha generato un nuovo interesse per lo stile classico e per le opere di questo grande progettista. Fra le sue opere note in tutto il mondo la Chiesa di San Giorgio Maggiore a Venezia, iniziata nel 1566, e quella del Redentore (1577-92) davanti al bacino di San Marco, nel cuore della città lagunare. In particolare, la chiesa di San Giorgio Maggiore, completata nel 1576 (se si esclude la facciata, ultimata nel 1610 da Vincenzo Scamozzi), pone l’esigenza di armonizzare la struttura del tempio antico con quella a navate della Chiesa cristiana. Pur prediligendo abitualmente la pianta centrale, Palladio previde per San Giorgio - come poi per il redentore - una pianta longitudinale adattandosi allo spirito della controriforma. La facciata, in puro stile palladiano, si caratterizza per i due frontoni, per le cornici dentellate e per le quattro semicolonne poggianti su alti basamenti. Altra opera di prestigio, anch’essa nota a livello mondiale, il Teatro Olimpico che il grande architetto ideò nel 1580, l’anno dela sua morte e che fu poi completato dallo Scamozzi. L’Olimpico è il primo esempio di teatro stabile coperto dell'epoca moderna ed è costruito tutto in legno. Venne inaugurato nel 1585, dopo la realizzazione delle celebri scene fisse in legno che sono le uniche d'epoca rinascimentale ad essere giunte fino a noi, tra l’altro in ottimo stato di conservazione Testimonianza della sua arte sono però le decine di magnifiche ville e di sontuosi edifici sparsi nel vicentino e nel Veneto, testamento imperituro del genio architettonico di Palladio, molte delle quali sono state recentemente acquisite sotto l’egida dell’Unesco, nel lungo elenco di quelle opere che fanno parte del patrimonio della cultura mondiale . Una delle più note, è certamente la Villa Almerico Capra, denominata La Rotonda realizzata pressi Vicenza (1567). Icona universale delle ville palladiane, la Rotonda in realtà fu considerata dal suo proprietario, il canonico Paolo Almerico, come una residenza urbana o, più propriamente, suburbana. L’Almerico si liberò infatti in quegli anni del suo palazzo in città per trasferirsi appena fuori le mura e lo stesso Palladio, nel suo trattato dell’architettura i Quattro Libri dell’Architettura (1570, pubblica la Rotonda fra i palazzi e non già fra le ville. Del resto la costruzione è isolata sulla cima di un piccolo colle e in origine era priva di annessi agricoli. Il canonico era uomo di alterne fortune, rientrato infine a Vicenza dopo una brillante carriera alla corte papale. La villa fu già abitabile nel 1569, ma ancora incompleta, e nel 1591, due anni dopo la morte di Almerico, venne ceduta ai fratelli Odorico e Mario Capra che portano a termine il cantiere. Subentrato a Palladio dopo il 1580, Scamozzi in sostanza completò il progetto con interferenze che studi recenti tendono a considerare molto limitate. Non certo villa-fattoria, la Rotonda è piuttosto una sorta di “villa-tempio”, un'astrazione, specchio di un ordine e di un'armonia superiori. Orientata con gli spigoli verso i quattro punti cardinali, vuole essere letta innanzitutto come un volume, cubo e sfera, quasi si richiamasse alle figure base dell'universo platonico. Certo le fonti per un edificio residenziale a pianta centrale sono diverse, dai progetti di Francesco di Giorgio ispirati a villa Adriana o dallo "studio di Varrone", alla casa di Mantegna a Mantova (o la sua "Camera degli sposi" in palazzo Ducale), sino al progetto di Raffaello per villa Madama. Sta di fatto che la Rotonda resta un unicum nell'architettura di ogni tempo come se, costruendo una villa perfettamente corrispondente a se stessa, Palladio avesse voluto costruire un modello ideale della propria architettura. La decorazione dell'edificio è sontuosa, con interventi di Lorenzo Rubini e Giambattista Albanese (statue), Agostino Rubini, Ottavio Ridolfi, Bascapè, Fontana e forse Alessandro Vittoria (decorazione plastica di soffitti e camini), Anselmo Canera, Bernardino India, Alessandro Maganza e più tardi Ludovico Dorigny (apparati pittorici). Proseguendo nella descrizione di alcun ville, occorrerebbe rifarsi a un itinerario virtuale che potrebbe iniziare da quelle splendide che il grande architetto realizzò in territorio padovano, sua terra madre. Iniziando da Piombino Dese si scopre immediatamente al centro della città Villa Cornaro che fu progettata per il potente patrizio veneziano Giorgio Cornaro, un episodio che segnò un netto salto di scala nel prestigio e nella capacità di spesa della committenza palladiana, sino ad allora essenzialmente vicentina. Dopo aver visitato questa Villa ci si passa alla frazione di Levada, dove si trova lo splendido complesso di Ca’ Marcello, edificata nel Cinquecento dal nobile Andrea Marcello e ancora oggi abitata dai discendenti del nobile veneziano. Da qui si prende la provinciale fino a Resana e si arriva a Loreggia, dove si trovano Villa Wollemborg con giardino storico progettato da Giuseppe Jappelli e Villa Rana (oggi sede del Municipio). Da Loreggia si prosegue direzione Piazzola sul Brenta, dove sorge la maestosa Villa Contarini – Fondazione Ghirardi. Quest’ultima è solo da alcuni studiosi attribuita all’architetto veneto. Un secondo itinerario parte da Montagnana a Monselice, alla volta di Villa Pisani, dedicata da Palladio all’amico Francesco Sforza, per giungere a Villa Emo, un edificio nel quale più evidente è l’influsso del genio artistico palladiano. Segue Montagnana, splendida città medievale che conserva pressoché intatta la cinta muraria. Qui a partire dal 1552 Palladio realizzò per l’amico Francesco Pisani un edificio, Villa Pisani, che è insieme palazzo di città e casa di campagna. Dopo aver visitato Montagnana, si prosegue verso la città Este, antichissime le sue origini, importante centro sacrale e culturale degli antichi popoli Veneti, con una produzione di raffinate ceramiche artistiche di antica tradizione, e luogo amato da poeti e artisti di ogni tempo. Superato l’abitato di Este si arriva a Sant’Elena e a Vescovana, due piccoli abitati che conservano altre due preziose ville: Villa Miari De’ Cumani, nella prima e Villa Pisani Scalabrin a Vescovana. Dopo Vescovana c’è Monselice, un nucleo storico di grande pregio artistico-monumentale che si sviluppa lungo le pendici del Colle della Rocca e che include la Via sacra delle Sette Chiese e Villa Duodo, opere di Vincenzo Scamozzi, importante ed erudito architetto nato a Vicenza, di quarant’anni più giovane di Palladio, di cui interpretò senza dubbio la lezione, sviluppando tuttavia un proprio linguaggio, meno scenografico ed improntato ad un maggiore rigore.
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