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Del seguente articolo:

Aprile-Maggio/2009 -
Terremoto Abruzzo
Il “sisma”: lutti, disperazione, sofferenze... ne parliamo?
Fabrizio Di Nola

Tutti hanno appreso dai media che in diversi stati europei, le problematiche sindacali sulle riduzioni del personale necessarie a superare la crisi salvando l’azienda, hanno visto il “fermo” temporaneo di dirigenti delle aziende messi in atto da operai disperati per la perdita del posto di lavoro. “Sequestri” poi rientrati perché il buon senso ha prevalso sull’inutilità di questi atti esasperati. Passando in Italia le tv sono colme di scene penose dal terremoto. Dopo i primi momenti di panico e strazio, oggi vediamo sfollati che vivono le tendopoli composti, educati che soffrono in silenzio con i loro vecchi o con i piccoli che giocano nel “plancito” di fango, mangiano al prato o in tenda, usano gabinetti chimici comuni, si lavano in acqua fredda. Non solo, hanno la casa distrutta, hanno perso i loro affetti, i ricordi, ma restano solo squarci di vita ormai spenta. E non hanno più neppure il lavoro, e non per la crisi economica, ma per colpa del sisma che ha demolito case, fabbriche, officine, uffici magari anche “tirati su’ con la fattiva collaborazione di ‘pirana’ o pescecani di sembianze umane. Costoro, fingendosi o spacciandosi per professionisti qualificati, hanno costruito per gli altri (ma non per loro, mica sono scemi) case, fabbriche, uffici, ospedali. Il tutto - forse - ma alla magistratura spetta dirlo, con lucro di cemento o ferro o mano d’opera specializzata. Non per costruire al meglio gli edifici, bensì per “costruire” invece, un extra guadagno. Se fosse (terribilmente) vero, tale incoscienza potrebbe avere anche dato al sisma un ‘aiutino’ per le ‘migliori’ distruzioni. Con costoro potrebbe avere anche collaborato parte di quegli occhiuti burocrati per licenze su progetti forse mal progettati, forse per edifici “antisismici” o certi tronfi e arroganti tecnici che ne avrebbero avallato l’antisismicità o la consonanza dei materiali impiegati su normative ampiamente richiamate nei progetti. Tra un nucleo di costruttori, tecnici, burocrati e professionisti, in caso di inchieste, potrebbe essere magari anche coinvolto un ben identificabile nucleo di persone. Tutti eventualmente colpevoli di ‘correità’ con il terremoto per il crollo di case, palazzi,ecc., o per la conseguente morte di quasi trecento persone che, paradossalmente, potrebbero avere avuto solo colpa di dormire sotto un soffitto pericoloso! Il bello è che di queste - per ora teoriche e assolutamente non provate “argomentazioni” (e la verifica, ripetiamo, spetta ai Tribunali), tante potevano essere forse note a parte anche di eventuali nomi o volti dei costruttori, burocrati e tecnici, oggi sommessamente ‘chiacchierati’. Ma non agli sfollati. Nonostante ciò, la gente terremotata sta lì apparentemente serena, come basita, rassegnata a questo destino di vittime in attesa di provvidenza. Lascia dunque stupiti questa assenza di scoppi di rabbia, ricca di antica saggezza abruzzese. Costoro, che sono rimasti senza tutto non hanno sequestrato nessuno, neppure uno dei tanti palazzinari che sembrerebbe abbiano costruito edifici finti forti, usando magari, come si mormora, anche materiali non a norma. E non hanno neppure malmenato, sequestrato, e neppure insultato qualcuno di quei tecnici, pagati per controllare che certi edifici non avrebbero forse dovuto neanche uscire da progetti in carta. Hanno tollerato che in tanti facessero show con lacrime da coccodrillo, convinti della loro impunità, quando certamente, di un tale sistema, potrebbero averne avuto almeno sentore: ripetiamo, se tutto ciò fosse vero, eventuali responsabili, professionisti, amministrativi o politici. Costoro dovrebbero cambiare mestiere invece di pensare alle prebende. E se in Europa, come abbiamo detto, la rabbia dei lavoratori spinge a bloccare e minacciare dirigenti per la riduzione dei posti di lavoro, cosa dovrebbero fare i terremotati, che il lavoro o la casa l’hanno persa per il terremoto che ha fatto chiudere i loro uffici, negozi, stabilimenti e officine? Nulla hanno fatto. Per ora hanno davanti solo un orizzonte buio e vuoto di speranza, un futuro prossimo ricco solo di dolore, eppure l’antica cultura ha impedito quella barbarie, che in altri Paesi avrebbe spinto a una vera e propria ‘rivolta’ per certi aspetti anche comprensibile. Ma che di certo nulla avrebbe mai potuto produrre, salvo il fatto di coinvolgere quei militari che oggi si spendono per loro, con abnegazione nei soccorsi. Per tutte quelle persone, però, che hanno visto la morte in faccia, che hanno rinunciato a sfogare la propria rabbia e a tentare di farsi una qualche giustizia da soli, è necessaria una giustizia di Stato. Vera, vasta, veloce e a cavilli zero, al contrario di quei processi che hanno contraddistinto Irpinia, Belice, Vajont, Sarno, San Giuliano ecc. ecc., tutte labili responsabilità per disastri che in certi casi vedono vittime ancora baraccate. Su una striscia tv a un paio di giorni dal sisma ha presentato un trasportatore che, protetto da un cappuccio, avrebbe dichiarato che lui e altri suoi colleghi, durante il tragitto per il trasporto, il cemento lo allungavano con l’acqua al di là del lecito, si può sperare che la Magistratura sveltisca almeno per una volta la sua saggia lentezza e, con rapide indagini, avvii processi per accertare eventuali responsabilità. I nomi dei costruttori dei loro sub appaltatori, dei trasportatori, dei burocrati e dei tecnici che potrebbero essere coinvolti in accuse sarebbero facili da reperire. Potrebbero essere poche decine e non decine di milioni E vecchi, bambini, handicappati oltre a uomini, donne di quell’Abruzzo sofferente, hanno diritto di sapere dove sta il fango. Non di viverci dentro. Lo Stato, che deve rifiutare ogni violenza vendicatrice, con tutti i suoi organi ha il dovere sacrosanto di fare giustizia.


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