Certo, arrivando nel cuore del terremoto che ha colpito Haiti non ci si poteva aspettare altro che una situazione drammatica. Ma le parole, le immagini, i video, i racconti che avevamo sentito e visto finora non potevano materializzare fino in fondo la disperazione e la furia distruttrice che ha colpito questa isola. Mentre al Campo Base della Croce Rossa continua il lavoro senza sosta, più di un milione e mezzo di litri d'acqua distribuiti, 38 voli umanitari atterrati, un incremento previsto di 10mila famiglie beneficiarie raggiunte nella prossima settimana, solo la visita all'ospedale della capitale fa comprendere fino in fondo il girone infernale dantesco in cui migliaia di persone sono costrette a vivere.
Dei 19 edifici che componevano l'ospedale, ne sono rimasti in piedi solo sette. E tutta la struttura sanitaria è stata spostata in mezzo alla strada. E' qui che operano i medici e gli infermieri, è qui che la Croce Rossa ha aperto il proprio ospedale da campo. Bastano pochi minuti per capire fino in fondo l'emergenza: qui mancano i medicinali e il personale sanitario lavora senza sosta, senza riposo. Il tempo infatti non c'è. Tende improvvisate, medicazioni in mezzo alla strada, urla disperate e pianti. Arriviamo nella sala operatoria di Croce Rossa, un gioiello di pulizia che sembra quasi un miraggio da queste parti. C'è un'operazione in corso. Intorno i volontari e gli operatori che cercano di aiutare tutti i feriti. Qui fa già un caldo infernale alle 9 del mattino. Non si può immaginare quello che provano le persone in attesa di cure. I feriti e gli ammalati arrivano con ogni mezzo, anche i più impensabili. Nonostante tutti gli sforzi possibili della macchina degli aiuti, l'emergenza da queste parti è ancora in atto. Parliamo con una ragazza: è sotto choc, ma è viva, dopo due giorni sotto le macerie.
Il tragitto tra il Campo Base e l'ospedale centrale, invece, ci da l'immagine della distruzione. E soprattutto della situazione pericolosissima in cui vivono i cittadini di Port au Prince. Case sbriciolate e implose dentro se stesse. Vicoli invasi dalle macerie e soprattutto la gente che ha ricominciato a vivere con tende di fortuna accanto alle rovine. Basterebbe una nuova scossa per metterli in serio pericolo di vita. E ancora, in ogni slargo libero crescono i campi spontanei: ovunque possibile si costruiscono tende di fortuna. L'implosione del palazzo presidenziale e dei ministeri intorno è il simbolo di una catastrofe che non ha risparmiato niente e nessuno. Per strada si vedono anche i segni delle barricate improvvisate: anche un corpo senza vita blocca il traffico, ma nessuno lo tocca, le persone ci camminano intorno. L'aria è a dir poco irrespirabile: bandane o mascherine sono fondamentali da queste parti. La situazione, anche per le distribuzioni, sembra via via normalizzarsi. Anche se esistono ancora alcune zone rosse, come quella del porto e della "città del sole" dove si sono rifugiati i 4000 detenuti scappati dal carcere dopo il terremoto. I responsabili della sicurezza, però, non si stancano di ripetere che anche la tranquillità più diventare tensione e violenza diffusa nel giro di pochi minuti.
Nelle prossime ore, intanto, il convoglio umanitario con le 35 tonnellate di materiale della Croce Rossa Italiana arriverà via terra da Santo Domingo. Il gruppo di logisti CRI lavorerà anche tutta la notte per costruire il nuovo campo a 500 metri dall'aeroporto e soprattutto per mettere in funzione i potabilizzatori dell'acqua e la cucina. Senza sosta, senza riposo. Queste sono le leggi fondamentali da queste parti. Continuando a chiedere il massimo sforzo possibile a ogni società nazionale di appartenenza: qui c'è bisogno di tutto, la situazione piano piano migliora, ma acqua, medicinali, cibo ancora sono necessari. La mobilitazione nelle rispettive nazioni deve continuare: l'intervento ad Haiti non sarà una questione di qualche settimana.
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