L’Italia, che nei primi anni ‘50 ancora non era stata ammessa all’O.N.U., partecipò alla guerra in Corea con un ospedale da campo della Croce Rossa Italiana che operò dal 1951 al 1955.
L’assistenza sanitaria del reparto italiano fu prestata a militari e civili. Questi ultimi erano coloro che avevano bisogno di maggiore assistenza anche se spesso non si trattava di ferite da armi. La guerra aveva seminato nel paese fame e malattie.Dopo la grande offensiva cino-coreana l’esodo della popolazione dal nord al sud avvenne in proporzioni colossali (almeno due milioni di persone abbandonarono i territori devastati dalla guerra e si calcola che almeno 200.000 persone siano state assistite dai sanitari italiani).
La capacità iniziale dell’ospedale era di 150 posti letto, poi elevata a 200, divisi fra chirurgia uomini e donne, medicina uomini e donne e pediatria.
L’organico per l’assistenza sanitaria era di 71 elementi, fra ufficiali, infermiere volontarie, sottufficiali, graduati e militi della Croce rossa italiana. 37 gli uomini del personale coreano per i servizi. Al comando il capitano medico Luigi Coia, sostituito nel luglio 1952 dal maggiore medico Fabio Pennacchi.
Nelle cronache di quel devastante conflitto fu anche rilevata una grave accusa fatta dai cinocoreani agli americani: quella di aver condotto una guerra batteriologica (avere cioè vilmente diffuso infezioni varie tra la popolazione civile della Corea del Nord e quelle della Manciuria).
In realtà, anche dagli accertamenti che ne seguirono, i nordcoreani non riuscirono a produrre alcuna minima prova a sostegno delle loro accuse che erano state del tutto inesistenti,
Tornando al piccolo ma professionalmente ineccepibile drappello italiano, pochissimi sono ormai i reduci ancora in vita di quella gloriosa missione, che vide personale italiano del Corpo Militare e del Corpo delle Infermiere Volontarie della Croce rossa varcare per la prima volta i confini nazionali.
Fra loro il tenente colonnello Gianluigi Ragazzoni di Collalbo-Renon in provincia di Bolzano, allora sottotenente chimico-farmacista ed oggi presidente dell’Associazione Reduci di Corea, i marescialli Giovanni Canali di Omegna (Verbania), Emilio Donatoni (Verona), Luciano Negri (Roma).
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