Una grande quantità di idrocarburi, si suppone che centinaia di migliaia di litri fra gasolio e olio, sono fuoriusciti da un deposito e sono in parte finiti nel Lambro. Dalle prime valutazioni è però emerso che non si sarebbe trattato di un incidente, ma di un atto doloso. A notte fonda qualcuno avrebbe aperto i collettori di collegamento di tre cisterne del deposito di una ex raffineria nei pressi di Monza, causando poi la fuoriuscita del carburante. Gli idrocarburi si sono riversati prima in un vascone e poi nel condotto fognario causando il blocco del depuratore dell'alto Lambro e quindi il successivo sversamento nel fiume. Il deposito di idrocarburi sorge a fianco di un'area sottoposta a un'operazione di recupero ed edificazione che, in seguito, dovrebbe interessare anche il terreno dell'ex raffineria.
Una macchia nera e puzzolente di petrolio si è dapprima riversata nel fiume Lambro, successivamente ha raggiunto il Po. Dopo aver passato Borgoforte (Mantova) ha raggiunto il Veneto, ultimo tratto del grande fiume prima di puntare verso il mare. Gli sforzi dei tecnici per non farla arrivare all’Adriatico sono stati immani. I danni per gli oli combustibili che si potrebbero riversare in mare - e in questo caso è interessato quello che lambisce il Polesine - sarebbero immensi. Questa minaccia mette infatti a rischio una delle aree più importanti per l’ecosistema della pianura padana. Poche le speranze di ridurre al minimo la devastazione dell’onda nera.
Le radio locali chiedono agli ascoltatori che abitano vicino al fiume resoconti in diretta su quel che succede. Da Piacenza, a Cremona, a Parma sono tanti gli ascoltatori che rispondono con gli stessi argomenti: l’aria è appestata da un acuto e insopportabile tanfo di petrolio, oche e anatre hanno le piume appesantite dal catrame e faticano a muoversi, pesci che affiorano a pelo d’acqua con la pancia in su, agonizzanti. I divieti di pesca sono stati estesi lungo tutto il fiume, i contadini temono di non poter irrigare i campi, gli ambientalisti elencano specie animali e vegetali che al Po devono la vita e che ora rischiano di perderla.
La grande macchia nera iniziale ha a lungo galleggiato sul fiume ma poi, si è frantumata generando un numero infinito di macchie più piccole e più difficili da controllare. Sbarramenti gonfiabili e galleggianti sono stati posizionati a pelo d’acqua per tentare di compattare il petrolio per poi aspirarlo con le idrovore.
Una fatica assurda che purtroppo non riesce a impedire alla massa oleosa di continuare a scendere verso valle. Gli idrocarburi hanno superato le barriere di Ca’ del Bosco, di Boscone Cusani, e quella dell’Isola dei Serafini dove le chiuse di una centrale Enel sono state abbassate e i vigili del fuoco hanno succhiato litri e litri di liquido spesso e scuro. Sono troppo pochi, comunque, per fermare l’emergenza.
Di pari passo con l’emergenza ambientale, c’è c’è anche un’altra emergenza che preme: quella delle indagini. Che ovviamente riguardano il punto e il sistema di origine del disastro ambientale, e cioè il deposito di combustibile le cui cisterne sarebbero state manomesse in modo che almeno due milioni di litri di petrolio finissero nella rete delle acque reflue della Brianza, poi nel Lambro, quindi nel Po. I carabinieri del nucleo ambientale, certi che si sia trattato di un sabotaggio volontario, debbono capire chi potrebbe sperare di ricavare un qualche beneficio nel disastro.
L’area che oggi ospita i giganteschi serbatoi degli idrocarburi sarebbe stata già adocchiata per realizzarvi un lusinghiero progetto di edificazione. Una lottizzazione su oltre 100 mila metri quadri di terreno con abitazioni private e un centro direzionale sarebbe già allo studio.
L’ipotesi ventilata su un legame fra il sabotaggio e il piano di riconversione del deposito petroli sarebbe materia di analisi anche alla Procura di Monza. Le difficoltà di risalire a eventuali esecutori materiali del disastro sono però immense. La recinzione esterna della ex raffineria è praticamente senza controlli: buchi nelle reti, nessuna telecamera, un precario servizio di sicurezza nella guardiania. affidato a un solo guardiano. Senza individuare i responsabili del sabotaggio sarà difficile risalire a eventuali mandanti.
L’ipotesi che il fiume di petrolio sversato nel fiume possa essere un atto doloso è quindi abbastanza concreta e si calcola che milioni di litri di gasolio per autotrazione e riscaldamento, assieme a oli combustibili dall'ex raffineria, si siano dispersi riversandosi prima in un vascone e poi nel condotto fognario, causando il blocco del depuratore dell’alto Lambro e quindi lo sversamento nel fiume.
I tecnici del depuratore di Monza sono riusciti a fine mattinata a contenere la marea nera all'interno dell'impianto che si trova ai confini tra Monza e San Maurizio al Lambro. Ora la Protezione civile sta lavorando per impedire che il petrolio fuoriuscito (che è arrivato all'altezza di Peschiera Borromeo) arrivi al Po. E per questo ha allestito uno sbarramento a San Zenone, in provincia di Lodi. Si tratta, spiegano i tecnici, che il materiale disperso è stato “di quantità considerevole”, soprattutto tenendo conto che si è incanalato in un corso d'acqua.
In Brianza non abbiamo mai avuto degli episodi ambientali così gravi, ha riferito la “Società Brianzacque” e, per contenere il danno ambientale, ci siamo subito attivati facendo entrare la miscela di gasolio e di altre sostanze nel nostro depuratore al fine di evitare il più possibile che questi idrocarburi finissero tutti nel Lambro.
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