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Del seguente articolo:

Marzo - Maggio/2010 -
Tecnologia
Robot: una minaccia o un aiuto?
Paola Gregory

Sono già in 900 mila ad affiancare l’uomo, in milioni
si contano i giocattoli… Ma nascono problemi
di sicurezza, etici e di salute


Un’altra creazione frutto della scienza e della tecnica é stata annunciata: è il “robot-soldato”. E’ una notizia da considerare sotto molteplici punti di vista. Positivi e negativi. In ogni caso da allarmare e meravigliare. Il soldato tecnologico potrebbe fare la comparsa entro un anno nei punti più caldi del pianeta, dove si combattono guerre, dove più forti sono i rischi di conflitti. Dove più frequenti sono gli attentati, le imboscate. Può andare a cercare le mine anti-uomo. Affrontare mille pericoli. Se va male, si perderanno esseri non umani. La frontiera dell’automazione, sia per gli impieghi militari che anche per le applicazioni civili, si sposta dunque più avanti, su un fronte prettamente tecnologico. Che siano le ragioni militari a indagare i campi della ricerca non deve fare meraviglia. E’ stato sempre così, anche se si deve auspicare che si verifichi quella che impropriamente vorremmo chiamare un’inversione di tendenza. Non cioè che si parte da obiettivi di pace per poi convertirli a scopi di guerra. Pensiamo, comunque, nel caso del robot-soldato, al loro impiego a guardia degli obiettivi sensibili, come si dice oggi. Pensiamo alla vigilanza montata davanti alle sedi istituzionali, a caserme, a palazzi, monumenti. Di fronte a un assalto il soldato-robot è in grado di reagire e certo può anche soccombere e “morire”. Ma il Giappone ha stupito all’EXPò MONDIALE in corso in quel Paese, presentando un robot che suona una marcetta di benvenuto e controlla addirittura i biglietti d’ingresso.
L’allarme, dunque, è stato lanciato. Sul fronte militare si ricorda che già durante la prima guerra del Golfo non si fece altro che parlare di “guerra intelligente”, con bombe e razzi che colpivano obiettivi precisi, non (almeno nei propositi, anche se così non fu) edifici civili e agglomerati urbani. Uno dei settori di più largo impiego della robotizzazione è quello aeronautico. Segnatamente nell’esplorazione spaziale l’uso è amplissimo e pressoché standardizzato. D’altra parte, se pure l’uomo è sceso sulla luna trent’anni fa, e ora permane nello spazio in astronavi orbitanti, non è pensabile che possa tentare la conquista di Marte, il pianeta rosso. Ci pensano allora i “robot” ad andare ad effettuare le prime esplorazioni, ad inviare ai laboratori terrestri dati, foto, segnali capaci di offrire indizi per spiare se c’è acqua, se ci sono spiragli di vita, anche se non come l’intendiamo noi. E quando una di queste sonde, dopo aver viaggiato per anni, si perde, come accade nei film e nella ben nota serie televisiva Star Trek, (adesso è uscita la terza serie di War’s Star, Guerre Stellari). C’è tristezza tra gli scienziati, proprio come se si fosse perso un equipaggio nel fondo degli oceani o nell’immensità dei cieli. E grande è la gioia quando improvvisamente la sonda si ritrova, manda impulsi, per dire che è viva e sta facendo il suo lavoro.
Ognuno di noi ha dimestichezza con la robotica, quella casalinga, a portata di mano. Gli esperti si chiedono: siamo garantiti dalla robotica, cioè da quei meccanismi che la tecnica e la tecnologia odierna hanno reso sempre più sofisticati, complessi, in grado di assomigliare all’uomo, a volte più “intelligenti” di lui, sicuramente resistenti alla fatica, salvo l’usura dei materiali, la tenuta o il tilt dei congegni. Ma i robot sono con noi in tutte le situazioni della vita, in tutte le condizioni. Tutti usiamo aspirapolvere che ormai fanno da soli, ci sono automobili che vano senza che si debba tenere il volante. Sono dei compagni o sono delle minacce? L’uso e l’altro. I film hanno rappresentato questa realtà. Oggi che molte pellicole sono la trasposizione di racconti dei fumetti ciò accade molto più spesso. Caterina nel film “Io e Caterina” si ribellava per amore ad Alberto Sordi. Adesso é uscito Naturalk City, coreano, dove la sostanza del racconto filmico é proprio l’amore di un soldato per una sua compagna robot che dovrà spegnersi essendo venuti meno i suoi sensori , ma l’amore troppo grande e lui non vorrebbe che il meccanismo elettronico si spenga.
C’è poi “Io robot”, non meno inquietante. Per fortuna ci consola “Robots”, un film di animazione, delizioso come una favola, con robotini simpatici e intelligenti che saranno bene accolti dai bambini.
Usciranno ancora altri film sui robot che determineranno periodicamente l’ allarme per l’uso scriteriato dei videogiochi e per gli inconvenienti che possono derivarne alla salute anche dal semplice fatto di stare troppo tempo seduti davanti al computer. L’università di Otago, in Nuova Zelanda, con i suoi ricercatori ha seguito per 20 anni un campione di mille bambini, dall’età dell’asilo alla laurea, eseguendo su tutti a 26 anni severi check-up. E’ emerso che il 17% dell’aumento di peso e persino del vizio del fumo è da attribuirsi a soste prolungate oltre ogni limite davanti al video. Altri effetti negativi sono un aumento del colesterolo (dovuto per il 15% alla stessa causa) e a vizi cardiovascolari. Alla ricerca ha dedicato il proprio interesse la prestigiosa rivista medica Lancet. In linea generale sembra accertato che più di 2 ore di permanenza davanti alla Tv cozzano contro ogni regola di buona salute. Gli stessi produttori di programmi per bambini, come la britannica Cbbc, mettono in guardia i genitori dalla vita sedentaria e li esortano a trovare forme alternative, pur senza voler cercare a tutti i costi capri espiatori.
Dei giochi computerizzati, siano on line o meno, si discute molto nelle sedi scientifiche, tra gli educatori e sulla stampa. L’interrogativo mira in particolare a stabilire se creano o no dipendenza. I pareri degli scienziati sono controversi.. Ci sono siti accessibili su internet per l’intero giorno, come ha confermato una recente indagine. Un sito, Everquest,.é frequentato da 400 mila utenti, che si cimentano sfidando draghi e streghe. Quali effetti sul cervello? Quali danni all’organismo? Per ora si elencano alcuni crudi dati e casi di cronaca. Un ventenne malato mentale si è suicidato dopo aver perso una partita al computer. Un bambino di pochi mesi è morto perché il padre, incapace di staccarsi dal video per 24 ore di fila, non ha sentito il dovere di occuparsi di lui. Un ragazzo coreano è deceduto per un collasso al termine di una maratona di 86 ore per sfidare centinaia di sconosciuti e se stesso nel Corner Strike, un video gioco che consente gare tra un numero massimo di 32 partecipanti per eliminare nemici e terroristi.
Il Giappone è la patria delle novità computerizzate. Percorrendo le strade di una qualsiasi città del Sol Levante, da Tokyo a Kyoto, si vedono locali dove sono allineati diecine e diecine di macchine, stile slot-machine, dove migliaia di persone si assiepano per accedere ai giochi. Ciò accade in parte anche a Londra e nelle altre megalopoli, non solo dell’Oriente ma anche in Nord e Sud America. Il Giappone sforna a ritmo incessante telefonini sempre più sofisticati e di piccola mole, microchip, elementi dei computer che magari vengono assemblati altrove, a Singapore, Hong Kong, Corea, Filippine, in Cina o anche negli Stati Uniti. E proprio dal Giappone ci è venuto un nuovissimo robot umanoide. “NUVO”, come è stato chiamato, indossa un giubbotto di pelle nera alla moda confezionato dalla Mizuno. E’ alto 40 cm. Da un occhio può inviare filmati e mms. Se cade si rialza da solo ed è in grado di riconoscere gli ordini anche per telefono. Ma il suo alto costo, pari a 4 mila euro, lo rende accessibile solo agli abbienti.
I robot che affiancano l’uomo nel lavoro sono oggi circa 900 mila. Vi sono poi tutti i robot addetti ai lavori domestici, che sono uno o più passi avanti rispetto alle tradizionali lavatrici, lavastoviglie, aspirapolvere, tagliaerba, tagliasiepi e perfino ai più moderni frigoriferi “parlanti” che ordinano la spesa e avvertono in quale scomparto e come devono essere conservati i cibi. Nella nostra epoca – come accennato - non v’è giocattolo che non sia robotizzato. Si conoscono microfoni capaci di modificare le voci e creare nello stesso tempo effetti acustici piacevolissimi. Molti hanno acquistato le piccole ma efficienti videocamere che permettono di girare minifilm e hanno dotato figli e nipoti di computer portatili che sono in tutto e per tutto simili a quelli degli adulti. Abbiamo minilettori cd capaci di registrare e poi ascoltare la musica scaricata dal Web. Bambole computerizzate sono capaci di scegliere da sé l’abbigliamento da indossare. Non si limitano, come un tempo, a dire “mamma”, ma sanno attivare una vera e propria conversazione. Cani-robot sono in grado di riconoscere il padrone, abbaiare ai ladri e agli intrusi, oltre che giocare e annusare. Quale vantaggio a lasciarli anche per lungo tempo in casa o in villa, senza doverli accudire.
Come è fin troppo chiaro, forse agli utenti, ai bambini, rimane ben poco da fare, se non premere alcuni tasti. Può conseguirne una diminuzione dello spirito creativo, un condizionamento passivo, un’incapacità ad adattarsi a situazioni impreviste. Secondo gli esperti ci sono aree del cervello che vengono stimolati dai videogiochi allo stesso modo di alcool e droghe. La cura sta nello smettere e non ricominciare. Bisognerà attendersi ancora molte evoluzioni e ulteriori sviluppi, perché il mondo dei giochi sta cambiando. Sono in attesa gli utenti, preoccupati educatori e genitori. Perciò scienziati, psicologi, esperti di etica, bioetica e robotica sono decisi a riunirsi per elaborare linee-guida sulla gestione etica e evitare che il fenomeno sia dannoso per l’uomo. Ma la prima regola deve venire dai genitori che devono affidarsi soprattutto al buonsenso.





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