Nel 1994 la città di Vicenza
è stata inserita nella Lista dei beni
“patrimonio” con 23 monumenti
nel centro storico e tre ville
al di fuori della cinta muraria
Nel dicembre del 1994, Vicenza Città del Palladio è stata inserita nella Lista dei beni "patrimonio dell’umanità" con i suoi ventitré monumenti palladiani del centro storico e tre ville site al di fuori dell’antica cinta muraria, anch’esse realizzazioni delprestigioso architetto. Andrea di Pietro della Gondola, detto il Palladio, fu senza ombra di dubbio uno dei maggiori architetti italiani del Cinquecento. Dal 1540 ca. all’anni della sua morte (1580) ideò imponenti edifici civili che mutarono l'aspetto dl tutto il territorio vicentino. Le ville palladiane sono un insieme di ville venete (molte di esse sul Canale del Brenta che si snoda nell’antico territorio della Repubblica di Venezia), concentrate per la maggior parte nella provincia di Vicenza, edificate intorno alla metà del Cinquecento per le famiglie più importanti del luogo, in genere aristocratici ma anche per esponenti dell'alta borghesia. o del clero Palladio trovava ispirazione nei grandi complessi antichi che somigliano alle dimore di campagna circondate dalle loro dipendenze, o che forse credeva davvero fossero dei complessi residenziali - esemplare è il tempio di Ercole Vincitore a Tivoli - che lui stesso aveva rilevato. È infatti chiaro per esempio, che le lunghe ali ricurve (le ‘barchesse) che costeggiano l'imponente facciata di uno di questi preziosi edifici, la Villa Badoer, ad esempio, riprendevano quel che era ancora visibile del Foro di Augusto a Roma. Nel suo trattato Palladio mostra generalmente gli impianti di villa simmetrici, ma in realtà era consapevole del fatto che, qualora non fosse stato possibile esporre entrambe le ali delle barchesse a Sud, come nel caso di Villa Barbaro a Maser, il complesso non sarebbe mai stato costruito simmetricamente. Un esempio è la Villa Poiana, dove la grande barchessa presenta raffinati capitelli dorici. su disegno del grande Maestro. La barchessa esistente è esposta a Sud, e non viene bilanciata da un elemento corrispondente dall'altro lato della facciata principale. Questi gioielli dell’architettura cinquecentesca, disseminati nella Provincia di Vicenza costituiscono una costellazione di opere d'arte: una vera galleria espositiva disseminata sul territorio. La città del Palladio rappresenta un capolavoro del genio creativo umano. Mostra un importante scambio di valori umani, in un periodo o in un'area culturale del mondo, esprimendo eccezionalità negli sviluppi dell'architettura e delle tecnologie, dell'arte monumentale, urbanistica e paesaggistica. L'opera di Andrea Palladio, fondata su uno studio approfondito dell'architettura romana classica, ebbe un'influenza decisiva sull'evoluzione di questa scienza I suoi progetti hanno ispirato uno stile architettonico caratteristico (quello cosiddetto ‘palladiano’) che si è successivamente diffuso in Europa e nell'America del Nord. Nel 1996 il riconoscimento dell'UNESCO è stato esteso fino a includere anche altre sedici ville palladiane dell’intero territorio provinciale. Vicenza è una delle più antiche città del Veneto, nonostante la sua storia anteriore alla dominazione romana sia poco conosciuta. Pare siano stati gli Euganei ad averla fondata, ma i Galli la dominarono fino al 157 a. C., anno in cui, dopo essere stata annessa a Roma, venne chiamata Vicetia o Vincentia. Toccata dalle invasioni barbariche, entrò a far parte nel XV secolo della Serenissima Repubblica veneziana. Il secolo d’oro di Vicenza è il Cinquecento: grazie al ricco patriziato cittadino, vennero edificati vari palazzi e monumenti, per la maggior parte opera del grande architetto e dei suoi discepoli e continuatori. Dopo il dominio Napoleonico, nel 1813, la città passò all’Austria; nel 1848 insorse e nel 1866 fu annessa al Regno d’Italia. La reputazione di Palladio agli inizi, e anche dopo la morte, è fondata sulla sua abilità di disegnatore di ville. Durante la guerra della lega di Cambrai (1509-1517) erano stati inferti ingenti danni a case e alle infrastrutture rurali. Il raggiungimento dei precedenti livelli di prosperità nella campagna fu probabilmente lento e avvenne soltanto negli anni quaranta, con la crescita del mercato urbano delle derrate alimentari e la decisione a livello governativo di liberare Venezia e il Veneto dalla dipendenza dal grano importato; specialmente da quello che proveniva dal sempre minaccioso Impero ottomano. Questo enorme investimento in agricoltura e nelle strutture necessarie alla produzione agricola accelera il passo. Per decenni i proprietari terrieri avevano acquistato costantemente, sotto lo stabile governo veneziano, piccole tenute, ed avevano consolidato i loro domìni non solo attraverso l'acquisto, ma anche con lo scambio di grandi poderi con gli altri possidenti. Gli investimenti nell'irrigazione e le bonifiche mediante drenaggio accrebbero ulteriormente il reddito dei ricchi latifondisti. Le ville palladiane si distinguono dalle ville romane e dalle ville medicee toscane: non erano destinate solo allo svago dei proprietari, ma erano anche ambienti produttivi. Di norma erano circondate da grandi distensioni di campi e vigne e contenevano magazzini, stalle e depositi per il lavoro in campagna. Di norma avevano ali porticate laterali, le barchesse, che collegavano l’edificio centrale, in genere dominato dalla soluzione della facciata - tempio, ai fabbricati rustici. Nascevano soprattutto per dividere lo spazio dei fruitori del corpo centrale da quello dei lavoratori, affinché questi ultimi non disturbassero i proprietari che in questo modo non interferivano con il lavoro. Le “ville” - cioè le case dei proprietari fondiari - rispondevano alla necessità di un nuovo tipo di residenza rurale. I progetti del Palladio riconoscono implicitamente che non era necessario avere un grande palazzo in campagna modellato direttamente su quelli di città, quali erano di fatto molte ville della fine del XV secolo. Qualcosa di più piccolo, spesso con un unico piano principale abitabile, era adatto come centro per controllare l'attività produttiva, da cui derivava probabilmente la maggior parte del reddito dei proprietari, e per impressionare gli affittuari e i vicini oltre che per intrattenere gli ospiti importanti. Queste residenze, benché fossero talvolta più piccole delle ville precedenti, erano ugualmente efficaci al fine di stabilire una presenza sociale e politica nelle campagne ed erano adatte per il riposo, la caccia, e per sfuggire dalla città, sempre potenzialmente malsana. Le ville, nonostante la loro apparenza non fortificata e le loro logge aperte, discendevano ancora direttamente dai castelli ed erano circondate da un cortile recintato da un muro che le dotava della necessaria protezione dai banditi e dai malintenzionati. Il cortile (cortivo) conteneva barchesse, torri colombaie, forni per il pane, pollai, stalle e le abitazioni per i fattori e per i servitori domestici, stanze per fare il formaggio e cantine per spremere l'uva.
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