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Del seguente articolo:

Novembre-Dicembre/2010 -
Acqua alla gola, da nord a sud, Pompei in mezzo
Andrea Nemiz

Un grido d’allarme si leva dalla Confindustria: “Al governo mancano la visione e la volontà per puntare sulla crescita economica del Paese, Alcune iniziative si vedono, ma sono solo pot: non c’è una visione e una volontà di lavorare veramente su tutti i punti che riguardano la crescita”. L’allarme, lanciato dalla Presidente Emma Marcegaglia in una assemblea di giovani industriali a Capri alto risuona è immediatamente su giornali e tv.
Nei moniti d’allarme seguono la Banca d’Italia con Draghi che dà notizia di altri segnali sconfortanti. Le esortazioni del Presidente Napoletano, pur nel giusto distacco del Quirinale, sono sempre nell’aria. Da ultimo ma non ultimo, anche il Presidente della CEI card. Bagnasco ammonisce esplicitamente il mondo politico contro il ‘galleggiamento’ nel nulla.
Questi moniti sembrano però affievolirsi, sovrastati dal roboante magma mediatico che lancia sulle prime pagine prodezze di un ‘rosa’ privato di cui il capo del governo si mena vanto. Non ci dovrebbero interessare ma, nel dibattito che ne è seguito è mancato in lui il giusto rispetto che si deve all’omossessualità.
Escort, vallette e nipotine, più o meno nobilitate da tante bugie, tengono banco sulla stampa e viaggiano sul filo della crassa ironia, del pettegolezzo più becero o di quel ‘gossip’ che sintetizza in una parola questo vasto movimento di opinione. Al contempo, la latitanza del governo dai problemi pressanti e vitali della gente, passa quasi in secondo piano. Le notizie si accavallano al centro di un ‘tutti contro tutti’ che è un leit motiv quotidiano. Lo screditamento dell’Italia è in pagina sulla stampa mondiale. Il governo barcolla, regge ma non vuole cedere. L’attendismo (poco comprensibile o giustificato per i più) la fa da padrone. Nessun politico vuole fare il primo vero passo: dare cioè uno scossone a un esecutivo che si mostra sempre più impotente e agonizzante.
A fronte di quei sussurri sulle al voce di chi dovrebbe invece battersi allo stremo in questo difficile momento del Paese – oggi tra l’altro, allucionato dal nord al sud – questa chiacchiere sono anche farcite da ‘notizie’ strabilianti riguardo a compensi lunari per le frotte di compagnie in rosa. Alto si leva l’urlo di rabbia di chi si dibatte nel precariato o nelle pesanti difficoltà di fine mese.
A fronte di famiglie disperate, di tanti extracomunitari ormai accasati in Italia ma senza pace, c’è invece tanta altra gente che viaggia su lucri miliardari. Questi due poli apparentemente contrapposti non possono però essere concettualmente separati (anche se lo sono di fatto) e l’uno è la prosecuzione dell’altro.
Oggi più che mai serve una chiara politica di governo che pensi a come combattere l’iniqua dislocazione della ricchezza fra l’altro e il basso, a come eliminare gli sprechi, o come ripulire della ‘sabbia’ gli ingranaggi degli appalti inquinati da poteri estranei al circuito democratico. Una base di partenza, questa, non eludibile. Solo chi vuole essere totalmente cieco non riesce a vederla.
Quando sono saltate per aria le banche in tanti paesi del mondo i governi hanno investito miliardi per tenerle lontane dal baratro in cui l’economia mondiale sembrava stesse precipitando. Un baratro che peraltro, per gli esperti, non era affatto imprevedibile e che ancora oggi ci sta paurosamente vicino. Se volessimo fare in casa nostra un parallelo, partendo dal disastro idrogeologico che ci sta martoriando, non si possono non vedere tante analogie. Tutti sembriamo sbigottiti dalla furia delle acque, dei terremoti, dalle frane di casa nostra. Tutti, meno quegli ambientalisti che da anni non cessano di denunciare i pericoli in cui versiamo per la tanta cementificazione selvaggia sia per la totale mancanza di opere a sostegno dell’ecosistema. Ora, solo ora che siamo nel fango, ci sembra di scoprire per l’ennesima volta che le minime opere di salvaguardia non sono state mai fatte. Aleggia invece l’ennesimo e devastante condono edilizio sulla cubatura delle case. O si vara lo ‘scudo fiscale’, appannaggio solo dei potenti.
Il crollo dalla Domus dei gladiatori a Pompei fa anch’esso parte di questo urlo di dolore: un patrimonio archeologico assolutamente unico al mondo – come tale ci è stato affidato dall’Unesco – smotta nella vergogna e nel ridicolo mondiale sotto il calpestio di milioni di turisti che arrivano dai paesi più sconfinati per ammirarlo nel suo degrado progressivo. Prima che sia troppo tardi.
Giustizia sociale vorrebbe almeno un barlume di volontà, di un impegno in opere pubbliche mirate al riassetto idrogeologico del territorio, o alla salvaguardia dei nostri patrimoni culturali, magari anche con la creazione di posti di lavoro a sostegno dell’occupazione. E non, come più volte abbiamo già detto, pensare ai miliardi per l’acquisto di una flotta ‘faraonica’ di nuovi reattori da combattimento (per la difesa aerea del Paese!!!). Per trovare i soldi si vuole infierire sulle Università con l’aumento delle rette, i tagli più biechi, gli ostacoli per l’accesso ai giovani. Le casse sono state svuotate da tanto clientelismo, la discussione langue, tutti sperano che, prima o poi, il governo alla fine crollerà. Per il futuro, si vedrà. Intanto, consoliamoci nel gossip. E risparmiamo pure sulla cultura. Anche perché, come incautamente enuncia Tremonti, con la cultura non si mangia.


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