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Del seguente articolo:

Novembre-Dicembre/2010 -
L'impegno svizzero In materia di diritto internazionale umanitario
Paola Gregory

Il contributo dell'Ambasciatore di Svizzera in Italia Bernardino Regazzoni inviato al Convegno su Henry Dunant

“Un secolo e mezzo fa Henry Dunant faceva notare che i mezzi di distruzione sempre più sofisticati, ritenuti in grado di abbreviare la durata delle guerre, contribuivano solamente a rendere le battaglie più sanguinose. Allo stesso tempo, sottolineava il carattere improvviso e imprevedibile delle guerre, che possono scoppiare ovunque e in qualunque momento. E quindi in queste sole considerazioni non ci sono ragioni più che sufficienti per non lasciarsi prendere alla sprovvista?”.
Citando le parole di Henry Dunant con le quali l’uomo d’affari ginevrino conclude la sua celebre opera «Un souvenir de Solferino», l’Ambasciatore di Svizzera in Italia Bernardino Regazzoni ha inviato un suo contributo al dibattito che è stato letto dal Ministro Mauro Reina, incaricato d’Affari di Svizzera in Italia a.i., nel corso del Convegno che si è tenuto nella Sala Palasciano nella sede centrale della Croce Rossa Italiana. Regazzoni ha annotato che l’appello di Dunant lo si doveva intendere rivolto ai potenti della Terra, al fine di attenuare le sofferenze causate dagli orrori della guerra.
L'appello di Dunant - ha scritto l’Ambasciatore - fu ascoltato dai dirigenti dell'epoca e la sua riflessione portò all'adozione della Convenzione di Ginevra nel 1864 per il miglioramento della sorte dei feriti e dei malati delle forze armate in campagna e alla costituzione del movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. Si stabilivano così anche le basi del moderno diritto internazionale umanitario.
Debbono però passare 85 anni fino all'adozione delle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949 che hanno rappresentato un evento storico. “Come reazione alle atrocità commesse durante la seconda guerra mondiale - ha sottolineato Regazzoni - gli Stati si riunirono a Ginevra al fine di stabilire le regole elementari per proteggere, durante i conflitti armati, la popolazione civile e le persone non combattenti, come i feriti o i prigionieri di guerra.
Malgrado il cammino percorso e le conquiste ottenute grazie a queste Convenzioni, integrate da tre Protocolli aggiuntivi nel 1977 e nel 2005 è bene ricordare le grandi difficoltà incontrate per la loro attuazione, sotto il profilo sia operativo che giuridico. II diritto internazionale umanitario è infatti ancora oggi oggetto di violazioni troppo frequenti nel corso dei conflitti armati. Ed è la popolazione civile a fare le spese di queste violazioni.
II diritto internazionale umanitario si trova davanti a due importanti sfide. Da una parte deve affrontare le difficoltà d'interpretazione o di adeguamento delle regole al mondo odierno. Dall'altra, il diritto internazionale umanitario risente della relativa debolezza dei suoi meccanismi di attuazione.II consolidamento dei meccanismi di attuazione del diritto internazionale umanitario rappresenta la seconda sfida che siamo chiamati ad affrontare. Gli Stati utilizzano poco o per nulla questi meccanismi.
Nel suo contributo al dibattito l’Ambasciatore Regazzoni ha quindi delineato due campi di approfondimento donominandoli “sfide”:

Prima sfida: l'interpretazione delle regole:

I problemi d'interpretazione e di adeguamento delle regole del diritto internazionale umanitario alla realtà odierna - scrive l’Ambasciatore - sorgono nel momento in cui gli attori impegnati in un conflitto o i loro metodi di combattimento non corrispondono a quelli previsti nelle Convenzioni di Ginevra o nei Protocolli aggiuntivi. Al giorno d'oggi, i conflitti armati moderni non vedono più opposti Stati con forze e mezzi più o meno equivalenti, come era successo durante la seconda guerra mondiale. Oltre agli attori statali, bisogna ormai prendere in considerazione anche una moltitudine di attori non statali, quali gruppi di ribelli, signori della guerra e organizzazioni terroriste. I loro mezzi militari e i loro obiettivi differiscono da quelli che caratterizzano i conflitti armati classici.
Consapevole di queste difficoltà, la Svizzera è impegnata in numerose attività allo scopo di rendere più chiaro il diritto umanitario internazionale e anche di accrescerne il rispetto sul campo. Ciò si è verificato ad esempio con la convocazione delle conferenze diplomatiche che hanno portato all'adozione dei due primi Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra nel 1977 e del terzo Protocollo aggiuntivo nel 2005, che ha permesso al Cristallo rosso di divenire segno distintivo supplementare accanto alla Croce rossa e alla Mezzaluna rossa.
Più di recente, la Svizzera ha avviato, insieme al CICR, un processo internazionale volto a promuovere il rispetto del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani da parte delle società militari e di sicurezza private operanti nelle aree dei conflitti armati. Questo processo è sfociato nella pubblicazione del «Documento di Montreux», una guida alle buone pratiche sostenuta attualmente da più di trenta Paesi.
Con tali iniziative si ottengono senza dubbio progressi significativi, ma non bisogna dimenticare che esse non hanno carattere vincolante. Nel mondo in cui viviamo diventa sempre più difficile distinguere in seno alla stessa popolazione civile tra un membro di un gruppo armato non statale e uno di un gruppo non combattente. Allo stesso tempo, il progresso tecnologico permette di sviluppare armi sempre più sofisticate e in teoria più precise, ma sempre più automatizzate e indipendenti dal fattore umano.
Come reagire di fronte a questa realtà? Come affrontare le sfide lanciate al diritto umanitario internazionale dalla moltitudine di nuovi attori presenti nelle situazioni di conflitto o dallo sviluppo di nuove armi o di nuovi mezzi di combattimento? L'acquis umanitario, costituito dalle Convenzioni di Ginevra e dai loro Protocolli aggiuntivi, può certamente essere migliorato e potenziato per garantire una maggiore protezione delle vittime dei conflitti armati, in particolare della popolazione civile. In ogni caso è fondamentale che questo acquis non sia rimesso in discussione.

Seconda sfida: l'attuazione del diritto
internazionale umanitario

II consolidamento dei meccanismi di attuazione del diritto internazionale umanitario rappresenta la seconda sfida che siamo chiamati ad affrontare. Gli Stati utilizzano poco o per nulla questi meccanismi.
I tribunali internazionali, e in particolare la Corte penale internazionale, costituiscono un importante passo avanti in materia di attuazione delle Convenzioni di Ginevra. Questi meccanismi di repressione svolgono un ruolo importante anche in termini di prevenzione. Essi sono tuttavia complementari alle giurisdizioni penali nazionali e la loro competenza è geograficamente limitata. La lotta contro l'impunità dipende quindi in larga parte dall'applicazione della giurisdizione universale prevista dalle Convenzioni di Ginevra.
Altri organi, come ad esempio la Commissione internazionale umanitaria per l'accertamento dei fatti (IHFFC) istituita dal Protocollo aggiuntivo, non vengono utilizzati dalla comunità internazionale. Manca la volontà politica di farvi ricorso. È dunque imperativo avviare una profonda riflessione sul rafforzamento dei meccanismi di attuazione e sui mezzi per arrivare a tale attuazione. Essi possono assumere forme diverse, andando dalla promozione e dal miglioramento dei meccanismi esistenti alla creazione di nuove strategie.
Nel 1949 e nel 1977 il diritto internazionale umanitario si è adattato alle sfide dell'epoca. Perché non fare lo stesso oggi? L'articolo 1 comune alle Convenzioni di Ginevra richiama ciascuno Stato non solamente al dovere di rispettare, ma anche di far rispettare il diritto internazionale umanitario. Spetta dunque agli Stati individuare le imprecisioni e le lacune del diritto internazionale umanitario e trovare il modo di porvi rimedio. La comunità internazionale deve anche poter disporre dei meccanismi sufficienti per far cessare le violazioni del diritto internazionale umanitario, con particolare riferimento alle violazioni gravi e sistematiche.
È in questa ottica che la Svizzera ha avviato un processo di riflessione iniziato nel settembre del 2009 con una sessione ministeriale di lavoro nell'ambito del segmento di alto livello dell'Assemblea generale della Nazioni Unite. Tale riflessione è proseguita con una conferenza internazionale di esperti sulle sfide al diritto internazionale umanitario organizzata dalla Svizzera nel novembre del 2009 nel quadro dei 60 anni delle Convenzioni di Ginevra. Questi incontri hanno dimostrato che le preoccupazioni della Svizzera in materia di rispetto e di attuazione del diritto umanitario internazionale erano largamente condivise.
Vorrei concludere - scrive l’Ambasciatore Regazzoni - dopo la visione più umana della conduzione delle ostilità offerta al mondo da Henry Dunant, e a più di 60 anni dall'adozione delle Convenzioni di Ginevra, con lo stesso appello lanciato 150 anni fa dalla persona della quale oggi si commemora la scomparsa: «in queste sole considerazioni non ci sono ragioni più che sufficienti per non lasciarsi prendere alla sprovvista?». Oggi più che mai la Svizzera desidera farsi portavoce presso la comunità internazionale della parola di Henry Dunant, perpetuando la sua eredità e i suoi ideali.



FOTO: L'ambasciatore di Svizzera in Italia Bernardino Ragazzoni


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