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Del seguente articolo:

Novembre-Dicembre/2010 -
I figli sono un dono o una proprietà dei genitori?
Paola Gregory

Negli ultimi tempi abbiamo dovuto registrare – attraverso la televisione e i giornali - delitti la cui atrocità non ha riscontro nel passato. Pensavamo che gli italiani, animo gentile, lodati per il loro proverbiale amore per la famiglia e per i figli - peraltro sentimento naturale e patrimonio genetico comune a tutta l’umanità e allo stesso mondo animale - non sarebbero mai arrivati a questo punto. Ragazzi ancora adolescenti che hanno ucciso, nel modo più efferato, uno o ambedue i genitori, un fratello, una sorellina. Genitori che hanno barbaramente ucciso un figlio, il coniuge, quando non hanno trucidato e sterminato l’intera famiglia. Tragedie da film, da romanzo giallo.

Romano Forleo è specialista in ostetricia e ginecologia, bioetico, docente e responsabile di qualificate strutture di neonatologia che hanno formato centinaia di medici Lo abbiamo intervistato.

Quali sono le sue valutazioni?
Bisogna tener conto della cultura delle singole persone, del loro grado di formazione e delle culture dei paesi di provenienza. Una coppia che si vuol bene, pur usando contraccettivi, è pronta ad accettare un figlio, anche se non programmato e non atteso. Quando invece c’è un rapporto extraconiugale, le cose cambiano. Oggi la donna ha il primo figlio a 31 anni. Però i rapporti sessuali cominciano nell’adolescenza, nell’età in cui le persone sono meno capaci di controllare o di pianificare le nascite. Un giudizio globale è difficile. La legge sull’aborto assunse il significato di un diritto del genitore sul prodotto del concepimento. Oggi, anche grazie alla fecondazione in vitro, l’embrione ha acquistato una sua dignità. Più nessuno dice che c’è un salto di dignità dopo i tre mesi. 12 settimane sono uguali a 13 o 14. L’unico possibile salto è tra prima e dopo l’impianto. Dopo i primi 3-4 giorni, durante i quali si moltiplicano le cellule dell’uovo fecondato, ogni cellula si mantiene totipotente. Ovvero, se si separano le 8, le 16 cellule, ognuna di esse, impiantata in una cultura particolare e messa nell’utero della donna, può diventare una persona. Inizia il bambino che nascerà e diventerà uomo. Stare dentro o fuori dell’utero, non costituisce più un salto abnorme di qualità. Nel passato c’era l’idea che l’embrione diventava feto quando aveva sembianze umane, e quando arrivava l’anima. Sono visioni passate non più presenti né nella biologia né nella teologia moderna, e neanche nella concezione della persona della strada.

La gente ricorre a questi aborti clandestini oltre i termini legali previsti dalla legge. Però poi c’è lo scandalo. Come si spiega?

La legge dello stato è stata abbastanza dura. Si giustificava l’aborto attraverso l’aiuto delle strutture pubbliche quasi con l’obbligo del medico di obbedirvi e di mettersi a disposizione delle scelte della donna. Si voleva combattere l’aborto clandestino. Ma ci siamo scontrati col problema della privacy. E così molte persone hanno preferito ricorrere a strutture non pubbliche oppure alle strutture convenzionate come quella che è oggi nell’occhio del ciclone per non fare vedere che avevano abortito. Questo è uno dei grandi difetti della legge. Inoltre, noi medici cattolici proclamandoci obiettori di coscienza, non abbiamo avuto più contatto con queste persone. Non abbiamo neanche un foglio di carta per dire: questa signora incinta desidera abortire. Questo ci ha tenuto lontano dai consultori pubblici che potevano tentare in qualche modo di convincere a tenere il piccolo.

Quindi se si andasse ad una riforma della legge quali sarebbero gli aspetti minimi o massimi su cui si potrebbe trovare una convergenza?

Io non credo che in questo momento storico ci sia bisogno di una riforma della legge, anche se imperfetta e antistorica, e che si pone come una alternativa brutale a un orientamento europeo odierno: dare dignità e difesa all’embrione. Alla Camera si sono avute difficoltà per la disperazione ideologicizzata di gruppetti di persone che volevano permettere tutto: ognuno faccia quello che vuole non solo del suo corpo, ma anche dell’embrione, dei bambini. Permane questo senso di possesso dei figli, talvolta favorita da una cultura cattolica di familiarismo, di contrapposizione tra famiglia e scuola. E’ vero, i genitori sono i principali responsabili dell’educazione. Ma bisognerebbe insistere sul fatto che non possediamo i figli che vanno educati nella libertà, rispettando le loro scelte anche se sono differenti dalle nostre. Essenziale è la testimonianza. L’aborto sarà presente sempre nelle culture. Non ritengo che la battaglia per l’aborto sia stata condotta solo per salvaguardare la psiche e il fisico della donna, ma proprio per affermare questa padronanza del prodotto del concepimento, questa onnipotenza della donna di poter decidere del progetto di vita che porta in grembo. Anche nella Sinistra politica, che dovrebbe dare più attenzione ai sogni, ai desideri dei deboli rispetto a quelli dei forti o all’edonismo o all’individualismo, c’è questa concezione. Passi che lo pensino i radicali, fa parte del loro libertarismo. Non è etico dare valore al proprio desiderio di avere un figlio oppure di liberarsene perché non voluto. I figli sono un dono anche quando non sono desiderati. La cultura del dono è la cultura dell’amore, lontana dagli Stati liberisti e da quelli dove domina l’odio di classe, l’autoritarismo e l’obbedienza ad un’ideologia. Guai a sentirsi come mandati da Dio. L’integralismo ideologico è simile all’integralismo religioso. La Chiesa e il papa hanno riconosciuto che l’integralismo è stato sempre cattivo e violento.

Quindi misure per porre fine a questa pratica sembrano molto difficili? su che direttrici bisognerebbe muoversi?

Una medicina più attenta a tutta la persona che non a curare un organo è la soluzione migliore per creare una società che Paolo VI chiamava società dell’amore. Non ogni nostro desiderio è lecito. Il mio desiderio di libertà e di autonomia ha dei rigori etici che lo devono sottoporre al bene comune, al “bonum” , al bene degli altri. In questo caso al bene del nascituro.

Quindi non ci possono essere misure coercitive?

Non servono a niente le scomuniche. Nei processi di stregoneria molte volte veniva detto che le ostetriche praticavano gli aborti e quindi molte ostetriche venivano condannate come streghe. Al di là di queste esasperazioni, l’umanità ha sempre capito il dramma di una mamma.

La donna che ha uno stato di precarietà economica è più giustificabile?

Molte signore che vengono da me e mi dicono che hanno avuto interruzioni di gravidanza, vedo che non è stato quasi mai un problema economico, ma di tipo educativo, legato alla scarsa educazione di una bassa classe economica. In Italia l’aborto non colpisce i poveri, ma viene più utilizzato dai ricchi.
Ha conosciuto medici che si sono prestati ad effettuare aborti?

Clandestini no. Nel mondo medico. E soprattutto dei ginecologi, essere tacciato come abortista è come per un politico essere tacciato di tangentista. Se la professione libera è sostentata da atteggiamenti truffaldini, da millantato credito, da sfruttamento massivo delle persone e dei loro desideri, come talvolta succede nella fecondazione artificiale, non è accettabile. Nelle società dove il mercato è dominante è considerato meno grave.

Nella sua esperienza, ha incontrato donne pentite?
Ho visto qualche signora che voleva un bambino dopo i quaranta anni, ma non poteva averlo. Viveva come un dramma il fatto di aver avuto un aborto. E’ abbastanza frequente nei centri di cura della sterililità. Altre signore hanno fatto di tutto per cancellarlo. E i medici devono adoperarsi perché avvenga. D’altronde questo è il valore catartico della confessione e il medico deve agire per liberare dai pesi la coscienza.


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