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Del seguente articolo:

Gennaio/2011 -
Un sacerdone contro i lutti di tutte le guerre
Don Lorenzo Milani, nel 1966 per l'obiezione di coscienza
Paola Gregory

Nel lontano febbraio del 1966 sul quotidiano fiorentino “La Nazione” fu pubblicato un ordine del giorno di alcuni cappellani milita-ri in congedo con cui si tributava un riverente e fraterno omaggio a tutti i caduti per l’Italia. I Cappellani aggiungevano però che ritenevano un insulto alla patria e ai suoi caduti la cosiddetta obiezione di coscienza che, estranea al comandamento cristiano dell’amore, è espressione di viltà La notizia non sfuggi a don Lorenzo Milani, sacerdote di campagna a Barbiana (Firenze) che stava dedicando la vita alla scolarizzazione elementare di un gruppo di fanciulli e di contadini del paese, molto indietro nello studio. Il sacerdote rispose pubblicamente a quei sacerdoti con una lunga e immediata lettera che fu poi pubblicata dalla rivista “Rinascita”, diretta da Luca Pavolini, e da altri giornali: “Da tempo avrei voluto invitare uno di voi a parlare ai miei ragazzi della vostra vita. Una vita che i ragazzi e io non capiamo - scrive don Milani ai Cappellani militari in pensione e aggiunge: avremmo però voluto fare uno sforzo per capire e soprattutto domandarvi come avete affrontato alcuni problemi pratici della vita militare. (...) don Milani domanda: perché avete insultato dei cittadini che noi e molti altri ammiriamo. E nessuno, ch'io sappia, vi aveva chiamati in causa. A meno di pensare che il solo esempio di quella loro eroica coerenza cristiana bruci dentro di voi una qualche vostra incertezza interiore aggiunge perché avete usato, con estrema leggerezza e senza chiarirne la portata, vocaboli che sono più grandi di voi (...) Paroloni sentimentali o volgari insulti agli obiettori o a me non sono argomenti. Se avete argomenti sarò ben lieto di darvene atto e di ricredermi se nella fretta di scrivere mi fossero sfuggite cose non giuste. Non discuterò qui l'idea di Patria in sé. Non mi piacciono queste divisioni. Se voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri. E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi. E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto.(...) Don Milani passa poi a un’analisi di alcuni articoli della Costituzione italiana: Articolo 11 “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli...”. e Articolo 52 “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”. Misuriamo con questo metro le guerre cui è stato chiamato il popolo italiano in un secolo di storia. Se vedremo che la storia del nostro esercito è tutta intessuta di offese alle Patrie degli altri dovrete chiarirci se in quei casi i soldati dovevano obbedire o obiettare quel che dettava la loro coscienza. E poi dovrete spiegarci chi difese più la Patria e l'onore della Patria: quelli che obiettarono o quelli che obbedendo resero odiosa la nostra Patria a tutto il mondo civile? Basta coi discorsi altisonanti e generici. Scendete nel pratico. Diteci esattamente cosa avete insegnato ai soldati. L'obbedienza a ogni costo? E se l'ordine era il bombardamento dei civili, un'azione di rappresaglia su un villaggio inerme, l'esecuzione sommaria dei partigiani, l'uso delle armi atomiche, batteriologiche, chimiche, la tortura, l'esecuzione d'ostaggi, i processi sommari per semplici sospetti, le decimazioni (scegliere a sorte qualche soldato della Patria e fucilarlo per incutere terrore negli altri soldati della Patria), una guerra di evidente aggressione, l'ordine d'un ufficiale ribelle al popolo sovrano, la repressione di manifestazioni popolari? Eppure queste cose e molte altre sono il pane quotidiano di ogni guerra. Quando ve ne sono capitate davanti agli occhi o avete mentito o avete taciuto. O volete farci credere che avete volta volta detto la verità in faccia ai vostri “superiori” sfidando la prigione o la morte? se siete ancora vivi e graduati è segno che non avete mai obiettato a nulla. Del resto ce ne avete dato la prova mostrando nel vostro comunicato di non avere la più elementare nozione del concetto di obiezione di coscienza. Non potete non pronunciarvi sulla storia di ieri se volete essere, come dovete essere, le guide morali dei nostri soldati. Oltre a tutto la Patria, cioè noi, vi paghiamo o vi abbiamo pagato anche per questo. E se manteniamo a caro prezzo (1000 miliardi l'anno) l'esercito, è solo perché difenda colla Patria gli alti valori che questo concetto contiene: la sovranità popolare, la libertà, la giustizia. E allora (esperienza della storia alla mano) urgeva più che educaste i nostri soldati all'obiezione che all'obbedienza. (...) Scorriamo insieme la storia. Volta volta ci direte da che parte era la Patria, da che parte bisognava sparare, quando occorreva obbedire e quando occorreva obiettare. 1860. Un esercito di napoletani, imbottiti dell'idea di Patria, tentò di buttare a mare un pugno di briganti che assaliva la sua Patria. Fra quei briganti c'erano diversi ufficiali napoletani disertori della loro Patria. Per l'appunto furono i briganti a vincere. Ora ognuno di loro ha in qualche piazza d'Italia un monumento come eroe della Patria. A 100 anni di distanza la storia si ripete: l'Europa è alle porte. La Costituzione è pronta a riceverla: “L'Italia consente alle limitazioni di sovranità necessarie...”. I nostri figli rideranno del vostro concetto di Patria, così come tutti ridiamo della Patria Borbonica. I nostri nipoti rideranno dell'Europa. Le divise dei soldati e dei cappellani militari le vedranno solo nei musei. La guerra seguente 1866 fu un'altra aggressione. Anzi c'era stato un accordo con il popolo più attaccabrighe e guerrafondaio del mondo per aggredire l'Austria insieme. Furono aggressioni certo le guerre (1867-1870) contro i Romani i quali non amavano molto la loro secolare Patria, tant'è vero che non la difesero. Ma non amavano molto neanche la loro nuova Patria che li stava aggredendo, tant'è vero che non insorsero per facilitarle la vittoria. Il Gregorovius spiega nel suo diario: ?L'insurrezione annunciata per oggi, è stata rinviata a causa della pioggia?. Nel 1898 il Re “Buono” onorò della Gran Croce Militare il generale Bava Beccaris per i suoi meriti in una guerra che è bene ricordare. L'avversario era una folla di mendicanti che aspettavano la minestra davanti a un convento a Milano. Il Generale li prese a colpi di cannone e di mortaio solo perché i ricchi (allora come oggi) esigevano il privilegio di non pagare tasse. Volevano sostituire la tassa sulla polenta con qualcosa di peggio per i poveri e di meglio per loro. Ebbero quel che volevano. I morti furono 80, i feriti innumerevoli. Fra i soldati non ci fu né un ferito né un obiettore. Finito il servizio militare tornarono a casa a mangiar polenta. Poca perché era rincarata. Eppure gli ufficiali seguitarono a farli gridare “Savoia” anche quando li portarono ad aggredire due volte (1896 e 1935) un popolo pacifico e lontano che certo non minacciava i confini della nostra Patria. Era l'unico popolo nero che non fosse ancora appestato dalla peste del colonialismo europeo. Quando si battono bianchi e neri siete coi bianchi? Non vi basta di imporci la Patria Italia? Volete imporci anche la Patria Razza Bianca? Siete di quei preti che leggono la Nazione? Stateci attenti perché quel giornale considera la vita d'un bianco più che quella di 100 neri. Avete visto come ha messo in risalto l'uccisione di 60 bianchi nel Congo, dimenticando di descrivere la contemporanea immane strage di neri e di cercarne i mandanti qui in Europa? Idem per la guerra di Libia.Poi siamo al '14. L'Italia aggredì l'Austria con cui questa volta era alleata. Battisti era un Patriota o un disertore? Un piccolo particolare che va chiarito se volete parlare di Patria. Avete detto ai vostri ragazzi che quella guerra si poteva evitare? Che Giolitti aveva la certezza di poter ottenere gratis quello che poi fu ottenuto con 600.000 morti? Che la stragrande maggioranza della Camera era con lui (450 su 508)? Era dunque la Patria che chiamava alle armi? E se anche chiamava, non chiamava forse a una “inutile strage”? (l'espressione non è d'un vile obiettore di coscienza ma d'un Papa canonizzato). Era nel '22 che bisognava difendere la Patria aggredita. Ma l'esercito non la difese. Stette a aspettare gli ordini che non vennero. Se i suoi preti l'avessero educato a guidarsi con la Coscienza invece che con l'Obbedienza “cieca, pronta, assoluta” quanti mali sarebbero stati evitati alla Patria e al mondo (50.000.000 di morti). Così la Patria andò in mano a un pugno di criminali che violò ogni legge umana e divina e riempiendosi la bocca della parola Patria, condusse la Patria allo sfacelo. In quei tragici anni quei sacerdoti che non avevano in mente e sulla bocca che la parola sacra “Patria”, quelli che di quella parola non avevano mai voluto approfondire il significato, quelli che parlavano come parlate voi, fecero un male immenso proprio alla Patria (e, sia detto incidentalmente, disonorarono anche la Chiesa). Nel '36 50.000 soldati italiani si trovarono imbarcati verso una nuova infame aggressione: Avevano avuto la cartolina di precetto per andar “volontari” a aggredire l'infelice popolo spagnolo. Erano corsi in aiuto d'un generale traditore della sua Patria, ribelle al suo legittimo governo e al popolo suo sovrano. Coll'aiuto italiano e al prezzo d'un milione e mezzo di morti riuscì a ottenere quello che volevano i ricchi: blocco dei salari e non dei prezzi, abolizione dello sciopero, del sindacato, dei partiti, d'ogni libertà civile e religiosa. Ancor oggi, in sfida al resto del mondo, quel generale ribelle imprigiona, tortura, uccide (anzi garrota) chiunque sia reo d'aver difeso allora la Patria o di tentare di salvarla oggi. Senza l'obbedienza dei “volontari” italiani tutto questo non sarebbe successo. Se in quei tristi giorni non ci fossero stati degli italiani anche dall'altra parte, non potremmo alzar gli occhi davanti a uno spagnolo. Per l'appunto questi ultimi erano italiani ribelli e esuli dalla loro Patria. Gente che aveva obiettato. Avete detto ai vostri soldati cosa devono fare se gli capita un generale tipo Franco? Gli avete detto che agli ufficiali disobbedienti al popolo loro sovrano non si deve obbedire? Poi dal '39 in là fu una frana: i soldati italiani aggredirono una dopo l'altra altre sei Patrie che non avevano certo attentato alla loro (Albania, Francia, Grecia, Egitto, Jugoslavia, Russia). Era una guerra che aveva per l'Italia due fronti. L'uno contro il sistema democratico. L'altro contro il sistema socialista. Erano e sono per ora i due sistemi politici più nobili che l'umanità si sia data. L'uno rappresenta il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, libertà e dignità umana ai poveri. L'altro il più alto tentativo dell'umanità di dare, anche su questa terra, giustizia e eguaglianza ai poveri. Non vi affannate a rispondere accusando l'uno o l'altro sistema dei loro vistosi difetti e errori. Sappiamo che son cose umane. Dite piuttosto cosa c'era di qua dal fronte. Senza dubbio il peggior sistema politico che oppressori senza scrupoli abbiano mai potuto escogitare. Negazione d'ogni valore morale, di ogni libertà se non per i ricchi e per i malvagi. Negazione d'ogni giustizia e d'ogni religione. Propaganda dell'odio e sterminio d'innocenti. Fra gli altri lo sterminio degli ebrei (la Patria del Signore dispersa nel mondo e sofferente). Che c'entrava la Patria con tutto questo? e che significato possono più avere le Patrie in guerra da che l'ultima guerra è stata un confronto di ideologie e non di patrie? Ma in questi cento anni di storia italiana c'è stata anche una guerra ?giusta? (se guerra giusta esiste). L'unica che non fosse offesa delle altrui Patrie, ma difesa della nostra: la guerra partigiana. Da un lato c'erano dei civili, dall'altra dei militari. Da un lato soldati che avevano obbedito, dall'altra soldati che avevano obiettato. Quali dei due contendenti erano, secondo voi, i “ribelli”, quali i ?regolari?? una nozione che urge chiarire quando si parla di Patria. Nel Congo p. es. quali sono i “ribelli”? Poi per grazia di Dio la nostra Patria perse l'ingiusta guerra che aveva scatenato. Le Patrie aggredite dalla nostra Patria riuscirono a ricacciare i nostri soldati. Certo dobbiamo rispettarli. Erano infelici contadini o operai trasformati in aggressori dall'obbedienza militare. Quell'obbedienza militare che voi cappellani esaltate senza nemmeno un “distinguo” che vi riallacci alla parola di San Pietro: “Si deve obbedire agli uomini o a Dio”?. E intanto ingiuriate alcuni pochi coraggiosi che son finiti in carcere per fare come ha fatto San Pietro. In molti paesi civili (in questo più civili del nostro) la legge li onora permettendo loro di servir la Patria in altra maniera. Chiedono di sacrificarsi per la Patria più degli altri, non meno. Non è colpa loro se in Italia non hanno altra scelta che di servirla oziando in prigione. Del resto anche in Italia c'è una legge che riconosce un'obiezione di coscienza. E’ proprio quel Concordato che voi volevate celebrare. Il suo terzo articolo consacra la fondamentale obiezione di coscienza dei Vescovi e dei Preti. In quanto agli altri obiettori, la Chiesa non si è ancora pronunziata né contro di loro né contro di voi. La sentenza umana che li ha condannati dice solo che hanno disobbedito alla legge degli uomini, non che son vili. Chi vi autorizza a rincarare la dose? E poi a chiamarli vili non vi viene in mente che non s'è mai sentito dire che la viltà sia patrimonio di pochi, l'eroismo patrimonio dei più? Aspettate a insultarli. Domani forse scoprirete che sono dei profeti. Certo il luogo dei profeti è la prigione, ma non è bello star dalla parte di chi ce li tiene. Se ci dite che avete scelto la missione di cappellani per assistere feriti e moribondi, possiamo rispettare la vostra idea. Perfino Gandhi da giovane l'ha fatto. Più maturo condannò duramente questo suo errore giovanile. Avete letto la sua vita? Ma se ci dite che il rifiuto di difendere se stesso e i suoi secondo l'esempio e il comandamento del Signore è estraneo al comandamento cristiano dell'amore allora non sapete di che Spirito siete! che lingua parlate? come potremo intendervi se usate le parole senza pesarle? se non volete onorare la sofferenza degli obiettori, almeno tacete! Auspichiamo dunque tutto il contrario di quel che voi auspicate: Auspichiamo che abbia termine finalmente ogni discriminazione e ogni divisione di Patria di fronte ai soldati di tutti i fronti e di tutte le divise che morendo si son sacrificati per i sacri ideali di Giustizia, Libertà, Verità.(...)



La breve e intensa vita di don Lorenzo Lorenzo Carlo Domenico Milani Comparetti, questo il suo nome completo, nasce a Firenze il 27 maggio del 1923. All’età di vent’anni abbandonò il mondo borghese raffinato e colto a cui apparteneva la sua famiglia ed. entrò in Seminario. I suoi, pur restando sconcertati e soffrendo del "colpo di testa" di questo loro figlio che consideravano molto promettente, non lo ostacolarono. Ordinato sacerdote a 24 anni fu mandato a San Donato a Calenzano come cappellano del vecchio proposto, don Daniele Pugi. Calenzano era già allora nel 1947 un paese in via di industrializzazione (aveva 1300 abitanti, oggi ne ha 16.000); la sua popolazione aumentava ed il vecchio Proposto non ce la faceva più a reggere la parrocchia. Don Lorenzo arrivò a Calenzano pieno di entusiasmo come colui che ha trovato il senso della propria vita: finalmente poteva mettersi al servizio del suo prossimo e restituire quanto per 20 anni aveva ricevuto. All’inizio cercò di avvicinare i giovani alla Chiesa col gioco del pallone, il ping pong e il circolo ricreativo come facevano gli altri preti. Presto però si rese conto non solo che avvicinava una sola parte di giovani ma soprattutto che era indegno e puerile per un prete di Cristo abbassarsi a questi mezzi per evangelizzare, ma al contrario proprio la mancanza di cultura era un ostacolo alla evangelizzazione e all’elevazione sociale e civile del suo popolo. Così un giorno il pallone e gli attrezzi da gioco finirono in fondo a un pozzo che era in mezzo al cortile della canonica e don Lorenzo organizzò una scuola serale per giovani operai e contadini. "La scuola era il bene della classe operaia, la ricreazione la rovina; bisognava che i giovani con le buone o con le cattive capissero la differenza e si buttassero dalla parte giusta". Don Milani Scomparve il 26 giugno '67. Aveva solo 44 anni. La Fondazione a Barbiana Costituita da un gruppo di allievi del Priore - provenienti sia dalla scuola popolare di Calenzano che da Barbiana -è stata creata da un gruppo di amici e sacerdoti vicini a don Lorenzo e dall'Università degli studi di Firenze. L’ente ha un duplice intento: da un lato custodire i luoghi di Barbiana (Scuola, Chiesa, Piscina e Cimitero) dall'altro diffondere il pensiero del sacerdote. La Fondazione Don Lorenzo Milani gestisce i locali della scuola di Barbiana (che è anche la sede legale) e consente a persone e a gruppi di visitarli su appuntamento. E' in fase di approntamento un percorso didattico all'interno dei locali della scuola. Svolge altresì una costante opera di ricerca, di recupero e di archiviazione di ogni tipo di materiale video, fotografico e cartaceo riguardante don Milani con la finalità di costituire un archivio collocato a Firenze. Si dedica, inoltre, alla pubblicazione di questi stessi materiali.

Per approfondimenti: Fondazione Don Lorenzo Milani Barbiana, 9 50031 Vicchio Mugello, Firenze - Via don Facibeni, 13, 50141 Firenze Tel. e fax: 055.418811 e mail: contatti@donlorenzomilani.it www.donlorenzomilani.it


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