Entro 5 anni saranno 14mila i professori
che andranno in pensione
e non si prevede alcun turn over
Non esiste ancora oggi una programmazione dei posti da mettere a concorso per coprire i buchi che si apriranno nell’apparato docente. Oggi solo il 65,7% dei diplomati sceglie l’università rispetto al 74,5% di sette anni fa. Meno di un diciannovenne su due nel 2009-10 ha scelto di proseguire gli studi. I giovani preferiscono andare a lavorare se trovano un posto adeguato. Non sono pochi, inoltre, coloro che si iscrivono a università private. Questa dura analisi emerge dai dati che il Comitato Nazionale per la Valutazione del sistema Universitario (presidente Luigi Biggeri) ha analizzato nel suo rapporto annuale. Anche se il nostro sistema si colloca al quinto posto in Europa e al decimo nel mondo, non sembra più attirare i giovani che, se possono, preferiscono mettersi alla ricerca di un contratto di lavoro. Anche se improbabile. Se proseguono gli studi, percorrono gli atenei privati, come da sempre avviene negli Stati Uniti. Infatti università come la Bocconi e la Luiss registrano costanti incrementi e attraggono gli studenti che alla maturità hanno avuto una votazione tra 90 e 100. Ecco i dettagli. Nel 2002/2003 il 74,5% dei neodiplomati sceglieva l’università. Nel 2009/2010 questa quota è scesa al 65,7%. Un calo drastico rispetto al 56% del 2006. Dove c’è occupazione – rileva il Rapporto - i giovani si tengono lontani dall’università che non viene più percepita come volano per entrare nel mondo del lavoro e per progredire nella carriera. Le matricole sono scese a 293 mila da 338 quante erano otto anni fa. In ogni caso prevale la scelta dell’ateneo privato. Alla Luiss il 68, 1% dei giovani immatricolati per la prima volta sono tra i migliori diplomati, alla Bocconi sono il 58%. Seguono il Campus Biomedico (52,6%), l’università di medicina dell’Opus Dei a Roma creata sui terreni donati da Alberto Sordi, il San Raffaele di Milano (52,5%). C’è il capitolo degli abbandoni, della cosiddetta ‘morte’ universitaria, dei fuori-corso, di coloro che vengono definiti “nonni”: Gli abbandoni tra il primo e il secondo anno calano dal 17,5% al 16,7% . Ma impressionante è la percentuale di chi si attarda negli studi. Il 40% degli studenti è fuori corso e la laurea entro i termini è sempre più rara. La situazione è migliore nelle facoltà a numero chiuso. I laureati sono scesi nel 2009 sotto la soglia dei 300 mila, quelli triennali da soli sono diminuiti di 2 mila unità. In calo anche i dottori precoci, quelli che si laureano prima del previsto, ma la gran parte si concentra ancora in modo anomalo in alcune università telematiche. Esiste poi un problema del costo degli studi universitari, che stanno diventando sempre più onerosi. Nel 2010 sono stati dimezzati i fondi per le borse di studio, calati del 60%. Solo l’81% degli idonei riceve il sussidio e solo il 22% di chi ha una borsa ha accesso ad alloggi universitari. Capitolo dei docenti. Il corpo accademico invecchia. Gli ordinari con più di 60 anni sono il 50%. La loro età media è passata dai 58 anni del 1998 ai 63 del 2010. Fra gli associati solo il 5% ha meno di 41 anni. Anche i ricercatori (e questo è uno dei capitoli più dolorosi) invecchiano. Aumenta invece la quota femminile: il 20% degli ordinari e il 45% di chi fa ricerca. L’età media elevata spiega il fatto che nei prossimi 5 anni andranno in pensione oltre 14 mila docenti. Per alcune facoltà è allarme: da architettura e ingegneria civile uscirà il 32% degli Ordinari. “Vanno programmati gli accessi – sostiene Biggeri – o si rischiano emorragie di docenti in determinate aree di studio”. Caso a parte è quello dei ricercatori: tra il 2000 e il 2010 la metà di quelli che sono usciti dal sistema e sono stati dimissionati hanno scelto di fare altro, soprattutto fra i più giovani, quelli con meno di 45 anni.
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